19. Mi fido di te

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La nave dei cultisti avrebbe dovuto attraccare a Lebrook, ma loro non potevano presentarsi così nella capitale, non tutti e quattro, per lo meno.

Dopo sei giorni trascorsi nella stiva, avevano atteso la notte ed erano sgusciati fuori dalla loro prigione senza alcuna fatica. Allan si era risvegliato dopo tre giorni e l'atmosfera per i restanti tre era stata davvero tesa.

Grazie allo zaino senza fondo non avevano dovuto portarsi dietro nessun altro bagaglio e, incredibile, persino l'armatura di Jaira era entrata nell'oggetto magico. Lei aveva tenuto la spada bastarda nel fodero sulla schiena e si era rimessa gli abiti bianchi che, però, sembravano in condizioni migliori rispetto all'ultima volta che Eatiel glieli aveva visti addosso.

Quando uscirono, il sommo Kenner li stava già aspettando al fianco di Olfir e fu strano vedere il saluto formale di Allan al suo vecchio maestro. Il capo dell'ordine di Ilimroth, invece, prese l'elfa in disparte.

«Il caos s'insinua tra i vostri compagni, emissaria. Non sono certo che voi siate al sicuro: c'è oscurità nei loro cuori. Prestate attenzione al cammino che la Dama dell'Equilibrio ha tracciato per voi e siate forte, impavida davanti alle scelte che dovrete compiere.»

A volte quell'uomo metteva paura, però Eatiel era certa si sbagliasse: assieme a Othen, Allan e Jaira, sentiva che non le sarebbe accaduto nulla di male.

La costa di Rosendale era a qualche chilometro, ma visibile, e attesero di essere il più vicini possibile a un piccolo villaggio di pescatori prima di far compiere a Othen il suo straordinario incantesimo di teletrasporto. Entrarono nella fenditura uno dopo l'altro e si ritrovarono sull'unico molo del villaggio; la locanda era poco distante.


Othen aprì la porta della camera ed Eatiel lo anticipò all'interno, osservandone il semplice mobilio. Il colore predominante era il marrone scuro e l'ambiente era occupato da un grosso letto con lenzuola vecchie ma pulite e un baule nell'angolo, accanto alla finestra senza tende. Le pareti che la componevano, separandola dal corridoio e dalle stanze attigue, erano tanto sottili che i topi avevano rosicchiato dei passaggi, creando fessure nel legno dove luce e polvere transitavano indisturbate.

«Dovremo dormire nello stesso letto?»

Jaira da sola occupava buona parte della minuscola stanza e il suo dubbio risultò legittimo, poiché Othen aveva insistito per pagarne solo una. Lui attese che anche Allan entrasse e spostasse le sue luci arcane non più fuorilegge, poi si chiuse la porta alle spalle.

«Abbiamo condiviso una stiva per cavalli, per voi ragazze non sarà un problema dormire assieme.»

La guerriera divenne bordeaux, lasciò a terra lo zaino e si precipitò verso il baule, aprendolo e guardando al suo interno. Eatiel sospirò e Allan inclinò la testa.

«Cosa intendi?»

Othen andò alla finestra e guardò fuori, come se avesse potuto scorgere qualcosa di utile nella notte.

«Beh, Jaira non può venire a Lebrook e credo sia più saggio non lasciarla da sola, dopo quello che è successo con la negromante. Non possiamo essere certi che non ci abbia seguiti fin qui, quindi propongo di dividerci a due a due.»

Allan emise un verso nasale, sedendosi sul sottile materasso con ancora Luther sulla schiena.

«Vorresti che Eatiel stesse con Jaira e che io venissi con te?»

Othen incrociò le braccia al petto.

«Esatto. Se dovessimo essere in pericolo, io potrei usare le fenditure per fuggire, mentre Eatiel può chiedere al vento di chiamarci in qualsiasi momento e noi potremmo accorrere.»

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora