24. Lo sai? Brucerà.

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Era stato umiliante.

Ritrovarsi nuda nel corpo della sé bambina, mentre quella creatura delle tenebre rideva: Jaira ancora si scaldava, pensandoci. La magia era una cosa terrificante ed essere circondata da incantatori la faceva sentire inadeguata, fuori posto.

Una bambina, dannazione! Era stata surclassata da un'infante! Poco importava che fosse l'emissaria di uno degli spiriti più ambigui che esistessero: quella deprimente sconfitta bruciava. Eppure Jaira non poteva farci nulla, perché Eatiel era riuscita a formare la sua alleanza.

Lei, però, non si fidava. Mentre l'elfa le stava dormendo accanto in quella grotta naturale, Jaira si era assopita, ma aveva comunque sentito Allan andare a parlare con l'essere delle ombre; svegliandosi, li aveva osservati dalla distanza. Da quanto non vedeva più Allan parlare in quel modo? Non sentiva quello che si stavano dicendo, ma parevano affiatati.

Troppo affiatati.

Perché Jaira si sentiva così nervosa?

No, meglio, perché quell'idiota di un cantastorie si stava intrattenendo con l'emissaria di Varodil? Dietro a quel visetto angelico c'era un mostro ostile e pericoloso.

La guerriera aveva sterminato quattro non-morti in tempi rapidissimi, ma sapeva di non potere nulla contro di lei; anzi, era probabile fosse inferiore a chiunque in quelle miniere per il semplice fatto che con sé portava una spada, mentre loro padroneggiavano le arti arcane e spirituali. Non c'era alcuna possibilità che lei potesse eguagliarli.

Eatiel bisbigliò qualcosa, parlando nel sonno, ma lei non la capì poiché si espresse in una lingua mai sentita che di certo non era elfico. Stare seduta sulla nuda roccia era scomodo, ma il calore del fuoco e la vicinanza con l'emissaria la portarono a chiudere le palpebre, nonostante fosse preoccupata per Allan.


«Avete intenzione di dormire tutto il giorno? Muovetevi.»

Jaira si ridestò con l'acuta voce della bambina nelle orecchie. Il fuoco si era spento e la temperatura abbassata, ma lei era abituata a resistere a intemperie ben peggiori.

Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso, ma l'elfa oscura era convintissima fosse ancora pomeriggio. Jaira si mise a tracolla la borsa senza fondo di Allan, la spada nel fodero sulla schiena e si apprestò a proseguire, soffrendo già per il male alle ossa che avrebbe provato dopo altre ore di cammino in quei cunicoli stretti.

C'era più di una via ad aprirsi dalla grotta e le due emissarie andarono senza esitazioni verso quella più a sinistra. Era indubbio che fossero attratte dalla lacrima in qualche modo, ma una volta recuperata sarebbero riuscite a indicar loro la strada per tornare indietro? Quell'insieme di grotte e pertugi era un labirinto intricato e non sarebbe stato il massimo restarci in eterno.

A rendere il tutto più pesante era il silenzio: quando il gorgoglio dell'acqua cessò, tra loro rimase solo il rumore dei passi, i respiri ravvicinati. Più si addentravano e più Jaira sentiva il bisogno di ossigeno: l'aria intorno a lei era rarefatta.

Forse se Allan avesse parlato, il suo cuore si sarebbe alleggerito, ma lui proseguiva mesto e a capo chino: aveva paura. Era dal giorno della caduta che Jaira gli aveva letto in faccia un terrore crescente, ma non sapeva come aiutarlo perché, in fondo, anche lei era parecchio irrequieta.

Non passò molto prima che Eatiel si fermasse davanti a una parete e le luci magiche di Allan mostrarono quanto il suo volto fosse corrucciato. Era un punto abbastanza ampio da permettere a Jaira di stare eretta e c'era una via che proseguiva a destra e una a sinistra; anche Axsa si fermò e posò un palmo sulla roccia.

«Qui è più forte.»

Si era rimessa il cappuccio, quindi era difficile comprendere cosa stesse pensando, però il tono che aveva usato tradì parecchio fastidio. Eatiel annuì, abbassando la testa nell'esatto momento in cui lei l'aveva alzata per scambiarsi uno sguardo serio ed enigmatico.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora