15. Prigioniero (parte 1)

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Eatiel aveva trascorso il pomeriggio coricata su un fianco accanto al principe, ascoltando il suo respiro lento e regolare, parlando con lui del passato, degli spettri, dei sogni per un futuro senza dolore.

Othen l'aveva ascoltata con attenzione, prima di lasciarsi andare. La vita di corte, i problemi nel nascondere la magia e poi l'omicidio perpetrato dal fratello.

Tra tutti e due avevano un bel po' di problemi da risolvere, ma l'idea di poter combattere assieme faceva sentire Eatiel più leggera. Era bello anche stare nudi, abbracciati così vicini da potersi scambiare il calore. Ogni parola era più intima, sussurrata tra quelle braccia protettive.

Da ragazzina aveva creduto che non si sarebbe mai unita con un uomo a causa della sua maledizione, ma fu immensamente felice di essersi sbagliata. Gli spettri non avevano smesso un istante di ululare ed esprimersi in versi grotteschi; Eatiel ci era tanto abituata che riuscì a ignorarli, concentrandosi solo su quelle nuove sensazioni travolgenti.

Si rivestirono per la cena e riuscirono a godersi un magnifico tramonto sul mare. L'assenza di nubi rese il cielo un'infinita tela limpida e lo spettacolo fu struggente; pareva fosse Alanmaeth in persona a tingere l'immensità col calore degli ultimi raggi, prima di lasciar spazio all'oscurità, rischiarata dalle sue stelle.

Eatiel si strinse di più al braccio di Othen, sorridendo senza timori. Quella era stata la giornata più bella della sua vita.

Quando entrarono nel refettorio, le torce alle pareti erano già accese e donavano all'ambiente un'aria più accogliente. L'odore di verdure e carne stufate provenienti dalla cucina era invitante, forse anche perché lei aveva saltato il pranzo.

Trovarono Allan e Jaira già seduti nel loro angolo abituale sulla destra, lontani dagli altri presenti sull'imbarcazione. Lei stava martoriando del pane, strappandone piccoli pezzi e rigirandoseli tra le dita, mentre Allan pareva concentrato a fissare l'interno del piatto con la forchetta in mano, senza mangiare nulla. Aveva addosso degli abiti stropicciati e Luther ben ancorato alla schiena grazie alla tracolla; la cosa era strana, perché durante i pasti sulla nave lo aveva sempre poggiato a terra. Lui e Jaira non si guardavano, sebbene fossero l'uno davanti all'altra.

Eatiel ancora faticava a capire gli umani e quei due in special modo. Era raro che Jaira si confidasse su ciò che provava, mentre il bardo sembrava essere diventato un'altra persona da quando erano saliti su quel veliero. Certo, se interpellato sorrideva e faceva qualche battuta, ma non apriva mai nessun discorso e se ne stava per conto suo.

Chissà come avevano trascorso quelle ore.

Si mossero tra i tavoli e Othen l'anticipò, mettendosi accanto a Jaira e abbassando la testa per provare a incrociare lo sguardo di Allan, ma lui pareva in un piano a parte.

«Buonasera, eh!»

Il principe li salutò, cantilenante, ricevendo un cenno da Jaira, mentre il bardo alzò la testa, sobbalzando.

«Maledetto Meg— Perdonatemi. Othen, per la grazia di Galadar, mi avete fatto prendere un colpo!»

Eatiel girò intorno al tavolo e si accomodò accanto a lui, fissandolo accigliata.

«Eravate sovrappensiero? Non ci siamo visti per tutto il giorno. Che avete fatto?»

Allan infilzò un pezzo di carne e lo infilò in bocca, alzando le spalle, mentre Jaira scosse la testa fissando il pane.

«Non lo ricordo. Credo di aver dormito parecchie ore.»

Othen aprì bocca per parlare, ma si zittì subito, poiché in quel momento il sommo cultista varcò la soglia con indosso il mantello del culto e in mano il bastone. Era la prima volta che Eatiel lo vedeva in possesso di quell'oggetto da quand'erano partiti. Dietro di lui c'era il timoniere del veliero, un uomo magro piuttosto avanti con gli anni, glabro, senza capelli e con la pelle segnata da parecchi tatuaggi sbiaditi.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora