26. Instabile e pericoloso

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Allan riprese coscienza in tempo per vedere la negromante sparire; il drago, però, c'era ancora.

Rannicchiato in posizione fetale contro alla parete rocciosa, ogni osso gli doleva, i muscoli gridavano e lo stomaco... oh, quello era partito per andare chissà dove.

Fu lottando contro ai conati di vomito che Allan seguì i movimenti del singolare scontro davanti a lui. La razionalità era tornata ed era conscio del terrificante comportamento che aveva tenuto, di ciò che aveva detto. Se il drago non lo avesse sbattuto contro alla parete, forse Allan si sarebbe perso nell'ombra di sé stesso.

Possibile che la parte di anima che aveva abbandonato dentro a Luther contenesse tanta oscurità? In quei momenti era come se esplodesse, offuscandogli la mente.

No, lui non poteva credere di essere tanto orribile. Era il caos, sì: doveva per forza trattarsi del caos, della follia generata da tutto quel potere. La bile e il sangue tra le labbra, il respiro affannoso e la totale incapacità di muoversi lo fecero sentire una creatura inetta, immeritevole della vita.

I suoi compagni stavano affrontando un drago, per le dannatissime stelle di Meg'golun! C'era persino Othen e Allan se ne stava lì, strisciante come un verme, inutile come l'ultimo dei popolani ignoranti.

Non ci era voluto un genio a capire che l'enorme bestia fosse controllata da Zellania, quindi perché era ancora lì a scontrarsi contro i suoi amici? Forse era arrabbiato, forse li riteneva in qualche modo responsabili o forse la negromante era un'ammaliatrice così potente da mantenere quella presa mentale persino dalla distanza.

Jaira urlava mentre lo punzecchiava da sotto, mirando alle zampe, ma il drago pareva più preoccupato di ciò che stavano facendo gli altri due sulla schiena: Eatiel fece scaturire una grande quantità di fulmini diretti al muso, mentre Othen richiamò il suo potere e la spada che teneva in mano cambiò colore, diventando traslucida e brillando di riflessi azzurri sotto alla luce solare.

Certo, il principe non era affatto stupido: quello era un drago, sputava fuoco, cosa c'era meglio del ghiaccio, per ferirlo? Tuttavia Allan gioì per poco, perché Othen prese a concentrare i fendenti sul collo: colpi inutili, poiché le scaglie in quei punti erano pressoché impenetrabili.

Eatiel sembrava volersi avvicinare per toccarlo, ma il drago si dimenò, alzandosi sulle zampe posteriori e sputando un altro sbuffo di fiamme verso l'elfa, che riuscì a schivarlo all'ultimo, volando di lato; Othen, invece, perse l'equilibrio e cadde a terra, atterrando agile sulle gambe.

Pagherete questa umiliazione, insetti. Brucerete nel panico, affogherete nella disperazione.

Come un tuono prorompente, una voce bassa e roca invase il cervello del bardo e doveva essere successo anche ai compagni, perché si bloccarono tutti, impietriti.

Era lui, era il drago che stava in qualche modo parlando, ma lo stava facendo nella sua lingua e Allan dovette concentrare i pensieri su quelle parole gutturali per riuscire a tradurle. Era una lingua antica, difficilissima da memorizzare per gli umani, e non c'era una contrapposizione scritta.

Ma i canti, oh, i canti in draconico erano meravigliosi.

Jaira gridò, portandosi una mano alla testa e anche le espressioni di Othen ed Eatiel lasciarono trasparire l'angoscia. Non lo avevano capito, era evidente, ma il drago era riuscito a terrorizzarli semplicemente entrando loro in testa.

Allan doveva fare qualcosa.

Provò almeno a mettersi seduto e quegli sforzi gli mozzarono il fiato, facendolo rantolare. Doveva avere parecchie costole rotte, forse anche un braccio. Suonare era impossibile e comunque aveva usato troppo potere, esaurendo ogni energia. Luther giaceva accanto a lui, ma era freddo, freddo come il vuoto che sentiva nelle viscere e l'unica cosa che Allan potesse fare era parlare.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora