Eatiel non capiva se a gridare di più, in quel momento, fossero lei o gli spettri.
Era successo tutto in modo troppo rapido e il vento si era ribellato a lei, spingendola a una fuga che non voleva compiere. Le grotte stavano collassando e i suoi compagni erano ancora dentro; ce li aveva portati lei a morire in quella montagna.
Il cunicolo creato dalla scia di distruzione del passaggio della lacrima era buio e non c'era già più traccia di Shi'nnyl, ma a Eatiel non importava. Smise di provare a controllare il vento e allungò le braccia e le gambe, cercando qualcosa da afferrare. Le pareti erano lisce e il passaggio stretto, quindi si mosse nel buio e riuscì a incastrarsi con le mani e i piedi, aggrappandosi con la forza per restare ferma. L'aria la spingeva, tiranna, e lei si ritrovò a resistere con le lacrime che si asciugavano prima di scendere dalle ciglia.
«Non li lascerò qui! Smettila!»
Il gelo s'impadronì delle sue membra e lei scosse la testa, gridando, consapevole che qualcuno la stava chiamando e lei non voleva rispondere.
Era così agitata che cadde nello stagno, scoprendo che il fondo era vicino e bagnandosi solo dalla vita in giù. L'acqua era calda. Le lucciole illuminavano quel tremendo paesaggio boschivo che ormai Eatiel odiava con tutta sé stessa e Serendhien era lì, davanti a lei, a giudicarla col suo volto inespressivo.
«Perché mi combatti?»
L'emissaria non udiva più i pianti degli spettri, ma il dolore nell'anima c'era ancora e singhiozzò, inerme, battendo un pungo nell'acqua senza troppa convinzione. Quel movimento non produsse suoni, né schizzi.
«Fammi tornare indietro, devo salvarli!»
Serendhien abbassò il capo e fece qualche passo sulla superficie dello stagno; le increspature vibrarono serene, disperdendosi poco prima di arrivare ad Eatiel. I veli che coprivano lo spirito del cielo e del mare erano immoti e la cosa era strana, poiché di solito lei era sempre circondata dalla brezza.
«L'emissaria di Varodil ha preso la lacrima, ma non è ascesa. Perché?»
Eatiel allargò le narici e strinse i denti.
Possibile che Serendhien fosse sorda a ciò che stava sentendo? Possibile che non le importasse il suo dolore? Certo che lo era: dopotutto, era stata lei a condannarla alla nascita, così come gli altri spiriti avevano maledetto Shi'nnyl, Uril e Zellania perché compissero i loro affari.
«Davvero non lo capite? Chi vorrebbe diventare come voi, dopo quello che ci avete fatto passare? Ci maledite, ci obbligate a farci del male a vicenda... a che scopo? Per rimediare a errori compiuti da voi stessi?» Si alzò, avanzando verso Serendhien coi pugni chiusi. «Perché tutto questo? Perché non avete impedito ad Alanmaeth di far piombare quella cosa sul nostro mondo, eh? È stato lui a creare il caos. Quel caos che tanto disdegnate è nato da lui!»
«Non bestemmiare il signore tra gli spiriti.»
Una voce femminile la congelò sul posto, ma non proveniva da Serendhien.
Eatiel si voltò e vide che Ilimroth era al limitare dello stagno e la guardava. I brandelli rossi, neri e bianchi che componevano i suoi poveri abiti parevano più lacerati rispetto all'ultima volta che l'aveva vista e la falce fluttuava nell'aria, inclinata dietro di lei. Stava eretta coi piedi nudi tra i ciuffi d'erba verde e i lisci capelli color del fuoco ricadevano sulla pelle chiara fino a coprirle i seni, incorniciandole il volto tirato, stanco.
La sua voce era forte ma al contempo materna, segnata da una nota di dolce comprensione. Eatiel non ebbe il coraggio di rispondere a quell'ammonimento e lo spirito della morte continuò, allungando un braccio magro verso di lei.
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Il Canto della Rosa e del Drago
Fantasy♪♫ Leggende ormai son perdute, ma, ditemi, cosa sapete? Del drago, tremenda creatura, del drago che soffia paura. Lui verrà, sì, verrà per riunire le...