Ti vedo, Othen.
Mi siedo di soprassalto, facendo forza sugli addominali e portandomi le dita alle tempie. Quella voce... Zellania è tornata a tormentarmi.
Non le è bastato ingannarmi? Non le è bastato farmi rinchiudere in cella, portarmi via ogni cosa? È tutta colpa sua, colpa sua!
Sto ansimando e la cosa mi distrugge. Non ho più certezze, non so cosa devo fare della mia vita e sto trascinando Eatiel in una probabile rovina. Il mio piano fa acqua da tutte le parti: non riotterrò mai il trono e la magia arcana resterà bandita da Reah per sempre.
Mi sento così inutile, così stupido e inetto che mi viene da vomitare.
Certo, ora ho il cristallo del controllo assoluto, ma sento che non basterà: l'ho preso come arma contro Allan e Zellania e mi servirà davvero poco nel mio regno, dove la magia è quasi assente. Inoltre, Sylas ha l'intera regione dalla sua parte e, se anche dovessi riuscire a sconfiggerlo, ad assoggettarlo, il popolo non accetterà mai un incantatore come sovrano.
Othen, esci. Devo parlarti.
Ancora quella voce insopportabile, vagamente divertita.
La piccola stanza che abbiamo preso per riposare a Beofild è avvolta dalle tenebre: intravedo la sagoma di Eatiel accanto a me, sdraiata su un fianco, con le leggere lenzuola a coprirle giusto le gambe. È bellissima e io so di non meritare il suo amore.
Othen.
Quella negromante maledetta non mi lascerà in pace finché non la incontrerò.
Scendo dal letto, mi metto i pantaloni larghi da viaggio, la cintura con la sacca che contiene la gemma e afferro la spada. Esco dalla stanza con l'arma in pugno e le dita a stringere il ciondolo d'ametista che mi svetta sul torace nudo. Voglio che lei lo veda, voglio che sappia che non può controllarmi.
Ho voluto quell'oggetto magico per rendere Allan inoffensivo, ma devo ammettere di aver avuto davvero un colpo di fortuna visto che si sta rivelando più utile del previsto. Una magra consolazione, nell'oceano di turpitudine in cui continuo a nuotare.
Il corridoio della locanda è deserto e scendo le scale per raggiungere il piano inferiore con lenta circospezione. Non ho idea di dove andare, per trovarla.
Sul retro.
Un brivido mi percorre la schiena ed eseguo; prima di uscire dalla struttura per girarle intorno, afferro una torcia spenta dalla parete e invoco una piccola fiammella per attizzarla e farmi luce.
Siamo in un quartiere molto tranquillo e lo spicchio di luna che scorgo tra gli edifici squadrati di legno è a tratti coperto da nubi sparse, coi morbidi contorni resi lattei dal suo chiarore.
Mi infilo nella via strettissima che separa la locanda dalla struttura attigua e quasi inciampo in un vecchio cencioso, rannicchiato in una coperta. Mi guarda male e ride, indicandomi con uno scheletrico braccio tremante.
Sì, in effetti avrei potuto vestirmi un po' di più prima di uscire, ma ho la testa annebbiata, i nervi tanto tesi che per poco non gli tiro un calcio per farlo tacere in eterno. Lo supero, aumentando il passo e svoltando per raggiungere la stradina sul retro, come indicato da Zellania.
Infatti la trovo lì, da sola, col mantello nero aperto sul davanti, seduta su uno sgangherato barile di birra vuoto in mezzo ad altri rifiuti. L'olezzo di decomposizione che la circonda mi riempie le narici, ottenebrando i miei pensieri. Sta tamburellando con le dita sul legno marcescente che la sorregge e punta il moncherino verso di me, quando mi avvicino.
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Il Canto della Rosa e del Drago
Fantasy♪♫ Leggende ormai son perdute, ma, ditemi, cosa sapete? Del drago, tremenda creatura, del drago che soffia paura. Lui verrà, sì, verrà per riunire le...