36. Il canto della rosa e del drago

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La melodia che Allan aveva appena iniziato a suonare era triste e magnifica, ma già dalle prime note Eatiel percepì una stretta al petto e un dolore insopportabile alla testa.

Fuggi!

Il ringhio di Dooko le giunse perentorio e lei comprese quella parola, ma non aveva intenzione di ascoltarlo. In un istante, il muro che le aveva impedito di proseguire si frantumò e lei provò ad avanzare senza riuscirci. Si concentrò su Allan e lo chiamò nell'accorgersi che il suo corpo stava mutando, mantenendo solo la forma mentre la sostanza si trasformava in un fumo denso e scuro, cosparso di vene vermiglie.

Varodil.

Quello spirito ignobile alla fine era riuscito a impossessarsi di lui, a consumarlo attraverso il liuto arcano, e ciò che le aveva detto Zellania assunse un senso: Eatiel non le aveva creduto nei suoi deliri sul lasciare in fretta quel luogo a causa di un imminente disastro e l'aveva uccisa, corrotta dal dolore di ciò che aveva passato.

Per quel che ne sapeva, la negromante avrebbe benissimo potuto mentirle anche su Enwelion, eppure il fatto stesso che avesse escogitato una cosa del genere l'aveva resa cieca alla razionalità. In quel momento non lo era, comunque, perché Allan stava facendo qualcosa di terribile e lei sentì di dover agire per rinchiudere quel travolgente potere, per smettere di ascoltare quel... quel requiem.

Le persone sotto di lei si erano allontanate, portandosi le mani alla testa e gridando in modo silenzioso coi volti seviziati dalla sofferenza.

Eatiel doveva proteggerli.

Mantenendosi sollevata a mezz'aria grazie alle ali, allargò le braccia e richiamò il più grosso muro di vento che avesse mai creato, plasmandolo in modo che circondasse Allan, che lo contenesse. Chiese l'aiuto di Serendhien e di chiunque potesse accrescere il suo potere; assieme al vento si formò il fuoco, direttamente dall'anima.

Servì, perché la melodia cominciò a giungerle distorta e la testa smise di essere trafitta da quelle fitte lancinanti; anche i soldati e gli incantatori di Reah parevano meno disperati. Con orrore, però, Eatiel assistette impotente al lento disgregarsi del corpo di Othen, l'unico rimasto davanti al bardo oscuro, l'unico in grado di udire la pienezza del requiem e colui per il quale era cominciato.

L'emissaria sperò che, morto il principe, Allan s'interrompesse, ma così non fu e il suo potere continuò a crescere. Non sarebbe riuscita a trattenerlo a lungo e non osava pensare a ciò che sarebbe successo quando lei avrebbe ceduto.

Quando ormai sentì il limite farsi prossimo, ad Allan accadde qualcosa poiché il fumo venne assorbito da Luther e lui tornò sé stesso, gli occhi rossi e spalancati, i muscoli contratti dallo sforzo.

Con le membra tremanti, smise di suonare e la melodia continuò per qualche attimo ancora fino a quando il liuto si frantumò, polverizzandosi subito dopo. I due frammenti di anima rinchiusi nello strumento arcano sparirono, schizzando verso l'alto, ed Eatiel si accorse che erano diversi da quando li aveva visti in precedenza: erano sbiaditi, traforati da innumerevoli vuoti.

Allan si accasciò a terra, il silenzio si fece pressante e lei ci mise un po' a smettere di emanare la sua magia; si sentiva come in stasi, non del tutto consapevole di ciò che era appena successo.

Dalla sua posizione prona, Allan arrancò strisciando sui gomiti. Eatiel ebbe un singulto sonoro e abbassò le braccia, mentre infine si concedeva di cedere alle lacrime nel rendersi conto che lui stava cercando di raggiungere il corpo di Jaira.

L'elfa planò al suolo, portandosi le mani al petto col mento che tremava. Le ali si scomposero, svanendo, e lei rimase attenta al difficoltoso incedere dell'amico senza l'ardire di avvicinarsi fino a quando non lo vide poggiare il busto su quello della guerriera e stringerle una mano, togliendole il guanto d'arme per portarsela al viso.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora