"Operazione Overlord"

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"Operazione Overlord"


(Manhattan, New York, 6 Giugno 1944)

Il mese di Giugno fu soprannominato e ricordato dalla gente come il "mese in cui tutto cambiò"; venne associato alla Liberazione, alla speranza, alla fine imminente di quel tragico conflitto durato quasi sei anni.

Nell'aria vi era il sentore che sarebbe accaduto qualcosa di positivo, qualcosa per cui ne fosse valsa la pena di aspettare.

La stagione estiva cominciava a benedirci gli occhi con la sua spettacolare bellezza, con la sua magica essenza.

Le giornate si erano allungate, il Sole ci scaldava la pelle, l'odore del mare ci inebriava i sensi e gli aromi decisi della città si intersecavano con il delicato profumo delle rose che crescevano, rigogliose, nei giardini delle case; abbellendoli di un tripudio di nuance vivide e brillanti.

Mi piaceva osservare come Manhattan si stesse preparando ad accogliere l'estate dalla finestra della mia camera - il mio piccolo angolo di paradiso - dalla quale vi si poteva scorgere un maestoso Hotel, interamente tinteggiato di un bianco candido, splendente, riflettente.

Tutto intorno, stretti in un caloroso abbraccio, vi erano palazzi in costruzione, imponenti condomini e molteplici attività commerciali.

I tramonti che vi si potevano ammirare erano incantevoli, ammalianti, suggestivi. I più mozzafiato che avessi mai visto.

Il riverbero rossastro del Sole veniva filtrato dal tessuto leggero delle tende, indorando le pareti della stanza.

Essa veniva avvolta da una favolosa atmosfera azzurrina, immergendola in un sogno meraviglioso.


«Tenga il resto e le auguro una buona giornata, signorina.» 

Il signor Fournier - il proprietario della caffetteria "Tisserie" nei pressi del mio appartamento - recuperò le monete dalla cassa, porgendomele con gentilezza e galanteria.

Dopo aver degustato un delizioso croissant al cioccolato appena sfornato, pagai il mio caffellatte da portar via, dirigendomi, placidamente, verso il General Hospital. La città era ancora addormentata, racchiusa in un silenzio rasserenante.

Le strade semi-deserte, poco trafficate, parevano molto più grandi e dispersive a quell'ora del mattino.

Era piacevole raggiungere l'ospedale a piedi e godersi a pieno quella quiete momentanea che aleggiava in ogni quartiere, in ogni anfratto e angolo più nascosto della metropoli.

Sorseggiai il cappuccino contenuto nel bicchiere e proseguii, arrivando, ben presto, a destinazione.

«Buongiorno, Anne!» Ella apparì improvvisamente alle mie spalle, provocandomi un sobbalzo istintivo.

Poggiai la mano sul cuore, voltandomi verso di lei. «Mio Dio...» farfugliai, scuotendo la testa e assumendo un'espressione fintamente contrariata.

«Se il tuo intento era quello di causarmi un attacco cardiaco, beh... ti comunico che ci sei andata molto vicina questa volta.» Sollevai giocosamente gli occhi al cielo ed Ella scoppiò a ridere, coinvolgendo anche me.

«Ti chiedo scusa, Anne! Dovrei fare al più presto un corso accelerato di buone maniere... forse quell'antipatica di Natalie non aveva tutti i torti!»

«Sono certa che a lei non sarebbe dispiaciuto se avessi avuto un infarto! Prova a pensarci... Se fosse andata diversamente, si sarebbe sbarazzata di noi due in un colpo solo.»

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