Non c'è tempo da perdere

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Non c'è tempo da perdere


(13 Dicembre 1943)

(Lena POV - Oswiecim, Polonia, orfanotrofio)

La pioggia cadeva dal cielo grigio piombo con incredibile velocità, battendo rumorosamente contro i vetri delle finestre.

Il rombo dei tuoni faceva vibrare spaventosamente l'aria e il vento percuoteva energicamente i rami spogli degli alberi, fischiando tetramente all'interno di essi.

L'orizzonte, nero come l'inchiostro, si contorceva convulsamente sotto le saette, che illuminavano il mio volto ad intermittenza.

Erano solamente le cinque del pomeriggio, ma sembrava che fosse notte fonda.

Mi avvicinai cautamente alla finestra ed afferrai il tessuto della tenda, spostandola leggermente affinché avessi potuto vedere ciò che stava succedendo all'esterno.

La pioggia era talmente fitta e scrosciante che quasi non si riusciva a tenere gli occhi aperti.

Un fulmine squarciò e incendiò il cielo, facendomi accapponare la pelle.

Indietreggiai, intimorita, e il suono che ne conseguì fu così forte da far tremare pericolosamente persino le pareti.

«Lena, Lena, ho tanta paura!» Marta mi corse in contro, abbracciandomi le gambe e nascondendo il suo viso contro le mie cosce.

Le accarezzai teneramente la schiena, tranquillizzandola. «Non aver paura, piccola mia! Ci sono io qui con te. E' un temporale di passaggio, fra qualche minuto quei nuvoloni grossi e cattivi andranno via.»

«Non mi piacciono i temporali...» sussurrò impaurita, tirando su col naso.

Mi abbassai sulle ginocchia e le sfiorai dolcemente la guancia. «Non piacciono a nessuno, tesoro. Ma non possono farci nulla di male, siamo al sicuro qui dentro. E poi ci sono io a proteggerla, principessina!» Le feci un piccolo inchino con aria solenne e Marta rise candidamente.

«Lena, potresti aiutarmi a pelare le patate? Io mi sto occupando di bollire lo stufato per questa sera, non cuocerà mai se non vieni ad aiutarmi!» Mi richiamò Daria dalla cucina, esortandomi a raggiungerla.

«Arrivo!» Le dissi, alzando leggermente la voce.

«Adesso devo andare, Marta. Altrimenti questa sera andrete a letto senza cena!» Mi rialzai e le feci un occhiolino scherzoso.

«Ti va se dopo giochiamo un po' insieme?» Mi chiese, facendomi gli occhi dolci ed assumendo quella sua espressione convincente a cui era difficilissimo resistere.

Marta aveva degli occhi dolcissimi ed irresistibili.

«Sì, ma certo tesoro.» Annuii, sorridendole.

«Sì, che bello! Grazie Lena!» Mi abbracciò ancora, stringendomi forte.

«Gli altri si staranno annoiando terribilmente senza la loro regina dei giochi! Va' da loro, forza!» Le indicai le scale con lo sguardo, suggerendole di ascoltare il mio consiglio.

Marta annuì diligentemente e salì di corsa le scale, scomparendo dalla mia visuale di lì a poco.

Dopodiché mi recai in cucina e spalancai la porta, avanzando all'interno della stanza.

Daria era impegnata a girare la minestra sul fuoco, assicurandosi che non si bruciasse o non si attaccasse sul fondo della pentola.

Sul tavolo c'era, invece, un sacco di patate e un coltello che mi sarebbe servito per pelarle.

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