La quiete prima della tempesta

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La quiete prima della tempesta


Dopo aver trascorso l'intera nottata a fissare il soffitto e a tormentarmi psicologicamente, alle prime luci del mattino i miei occhi si arresero all'immane stanchezza e scivolai rapidamente in un sonno profondo e senza sogni.

Un vento freddo e impetuoso muoveva energicamente i rami spogli degli alberi e la pioggia batteva con veemenza contro i vetri delle finestre, mentre il cielo diventava, col passare del tempo, sempre più grigio e cupo.

Lena inconsapevolmente mi destò alcune ore dopo, quando quel temporale improvviso ed intenso pian piano si dissolse, scomparendo in quell'infinita distesa scura e malinconica.

«Perdonami Annelies... non avrei voluto svegliarti.» Disse, con sguardo rammaricato.

Scossi la testa, tranquillizzandola. «Ti prego, non scusarti.» Scostai le coperte e mi sedetti sul bordo del letto, appoggiando i piedi sulla fredda pavimentazione. «Non ne hai motivo.» Terminai, massaggiandomi le tempie.

La mia espressione sofferente e dolorante attirò immediatamente l'attenzione della giovane infermiera polacca. «Anne, va tutto bene?» Si inginocchiò di fronte a me e mi alzò il viso con le sue mani. «Sei così pallida...» mormorò preoccupata, esaminandomi il volto con cura.

«Sono solo stanca...» le feci un breve sorriso di circostanza. «Non ho fatto altro che pensare a Padre Nikolaj per tutta la notte... sono così in pena per lui.» Quel finto sorriso scomparve con la stessa velocità con il quale era apparso e il mio sguardo tornò ad essere spento, coperto da zone d'ombra.

«Non gli succederà nulla di male, Annelies. Padre Nikolaj avrà anche una certa età, ma sa perfettamente come difendersi da quelle canaglie, devi credermi. Io lo conosco da tanti anni e ti posso assicurare che non ha mai avuto paura di fronteggiare le SS. Ha un coraggio fuori dal comune quell'uomo, lo pensano tutti in paese.» Annuì decisa, sicura di ciò che mi aveva detto.

Sospirai. «Io non dubito del coraggio di Padre Nikolaj, a me spaventano le reazioni di quei soldati...» socchiusi le palpebre. «Le SS non conoscono limiti, non hanno alcun timore di far del male alle persone. E' il loro mestiere e lo svolgono con estremo e sadico piacere.»

Lena abbassò lo sguardo, annuendo lentamente col capo. «Sì, hai ragione.» Sussurrò con un fil di voce. 

In seguito ella si alzò, dirigendosi verso la porta. «Abbiamo bisogno di mettere qualcosa nello stomaco, una buona colazione ci aiuterà a risollevare il nostro umore.»

Lena mi fece segno di avvicinarmi ed io alcuni attimi dopo la raggiunsi, poiché sarebbe stato totalmente inutile continuare a parlare della crudeltà sconfinata delle SS in quella circostanza.

Entrambe eravamo scosse ed agitate, avevamo l'assoluto ed impellente bisogno di distrarci, almeno per un po'.

Scendemmo le scale in silenzio e ben presto oltrepassammo la soglia d'entrata della cucina.

Essa era avvolta da una fitta oscurità poiché le persiane delle due finestre non erano ancora state aperte.

Lena accese l'interruttore della luce e d'improvviso l'intera stanza venne illuminata.

«Siediti pure, Annelies.» Mi disse, indicandomi una delle tante sedie presenti ed ordinatamente sistemate intorno al grande tavolo.

Accettai il suo invito e mi sedetti composta, ringraziandola per la sua infinita gentilezza. «Ti ringrazio Lena, davvero.»

Voltai il mio sguardo verso di lei e l'osservai preparare la colazione.

Riempì due bicchieri di latte e spalmò della marmellata su due fettine di pane. Si muoveva con una certa maestria, chiunque avesse notato i suoi abili movimenti si sarebbe reso conto della sua bravura ed esperienza in cucina.

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