Una nuova amica

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Una nuova amica


Il medicinale somministratomi da Marek ben presto cominciò a sortire gli effetti desiderati.

Le palpebre divennero pesanti come macigni e si arresero, finalmente, ad un sonno sereno e ristoratore.

Attraverso l'unica finestra presente nella stanza, soffiava un venticello fresco e piacevole che cullava dolcemente il mio corpo, rilassandolo e rigenerandolo.

Il cielo si era annuvolato, minacciando una pioggia estiva torrenziale all'orizzonte. Il sole scomparve definitivamente alcune ore più tardi e il paesino polacco si lasciò immergere nella pace dell'imbrunire.

Padre Nikolaj, vedendomi dormire beatamente, sistemò accuratamente sul mio corpo un lenzuolo e chiuse silenziosamente la finestra col chiavistello. 

Controllò attentamente che non si aggirasse nessuno di sospetto nei dintorni e tirò le tende scure, avviandosi verso la navata principale.

Il parroco avrebbe dovuto lavorare duramente fino a tarda notte per riordinare il caos generato intenzionalmente dallo spietato Sergente Maggiore. 

Padre Nikolaj non aveva nessuna intenzione di lasciarsi prendere dallo sconforto. 

Non si sarebbe mai arreso né tantomeno sottomesso ai nazisti, nonostante quest'ultimi avessero provato con qualunque mezzo a far prevalere la loro cattiveria pur di vederlo inginocchiarsi ai loro piedi.

Il suo unico servitore era Dio e la fede ben radicata che egli costituiva in Lui, gli avrebbe donato sempre la forza necessaria per superare le feroci angherie delle SS.


Friedhelm apparve improvvisamente nei miei sogni, occupando gran parte delle ore che trascorsi a letto.

Ci trovavamo nel nostro posto segreto, a Berlino. Eravamo seduti sulla panchina in ferro battuto, quella rivolta verso il laghetto cristallino.

Le anatre e i cigni nuotavano liberamente, fermandosi di tanto in tanto a mangiare molliche di pane lanciate da Friedhelm. 

Gli alberi in fiore e il prato falciato e sottile ci circondavano amabilmente, mentre i mille profumi delicati che quel parco emanava, mi solleticava le narici e scaldava il mio cuore.

Il cielo sembrava un'enorme distesa di glassa turchese, arricchita da soffici spumini bianchi, che assumevano le forme più buffe e disparate.

Non c'erano aerei militari che sorvolavano e squarciavano quella momentanea calma che aveva rasserenato i nostri animi. Non si udiva neppure il suono stridulo e assordante delle sirene che segnalavano i bombardamenti.

La guerra era lontana, forse non era mai arrivata a separarci.

I suoi occhi incredibilmente azzurri e rassicuranti osservavano il laghetto, intensamente, quasi avesse voluto tuffarcisi dentro.

Aveva uno sguardo malinconicamente triste e il suo corpo pareva aver subìto un drastico cambiamento.

Era notevolmente dimagrito; gli zigomi del viso e le clavicole erano paurosamente visibili e sporgenti.

I capelli biondi e lisci li ricoprivano la fronte chiara, donandogli un'aria assorta e pensierosa.

Aveva le gambe accavallate ed il braccio destro appoggiato sopra il ginocchio, mentre si sorreggeva il mento con il palmo della mano.

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