La nuova casa

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La nuova casa


Mentre papà, Hanna e Friedhelm conversavano con le quattro SS del Führer e di politica, io e Charlotte ci allontanammo silenziosamente di qualche passo per ispezionare dall'esterno la nuova casa. 

Nonostante fosse stato di già buio pesto, riuscimmo a notare le prime differenze che rendevano quest'abitazione completamente diversa da quella a Berlino

Vi era un grande giardino che circondava la casa, ma sembrava che nessuno se ne prendesse più cura da tempo. Era incolto ed abbandonato a se stesso. La neve ricopriva gran parte dei rami degli alberi resi spogli e privi di vita a causa delle temperature rigide ed inospitali. Il terreno era impregnato di una fanghiglia putrida ed appiccicosa. Fortunatamente il viale che conduceva sino alla grande entrata principale era costituito da ciottoli più o meno grandi che ti permettevano di non toccare direttamente il terreno con le suole delle scarpe.

Nella nostra casa a Berlino il giardino e le piante che esso conteneva, veniva curato giornalmente e il prato inglese falciato ogni settimana. Il giardiniere, Alfred, si occupava personalmente di annaffiare i fiori più belli ed esotici che coloravano l'intero ambiente e lo profumavano di tante fragranze diverse.

Charlie storse il naso e fissò l'esterno della casa con un'espressione che denotava estremo disgusto. Non le piaceva per niente.

L'abitazione era piuttosto grande ed imponente. Possedeva due grandi balconate e numerose finestre che si affacciavano da ambo i lati della casa. 

Mi domandai, negli attimi a seguire, che fine avessero fatto i vecchi proprietari della casa. Solo una famiglia benestante si sarebbe potuta permettere tanto lusso...

L'oscurità della sera la rendeva tetra e sinistra. Era completamente scura vista dall'esterno.

Charlotte si avvicinò alla mia figura, affiancandomi. «Fa proprio schifo! Non c'è assolutamente niente qui! Voglio tornare a Berlino...» disse, alternando il suo tono di voce dall'arrabbiato al triste.

«Troveremo un modo per colorarla Charlie, sta' tranquilla. Non ci rimarremo per sempre.» Risposi, accennando un sorriso.

«Questa è la mia unica consolazione.» Aggiunse, guardandosi intorno.

Papà qualche minuto dopo ci richiamò con un brusco cenno della mano. Io e Charlie ci scambiammo uno sguardo d'intesa e in fretta raggiungemmo tutti gli altri.

«E' da maleducati allontanarsi quando la conversazione non è terminata. Non vi ho insegnato proprio nulla?» Ci sgridò con voce perentoria e autoritaria.

«Scusateci, stavamo solo dando un'occhiata in giro.» Risposi anche per Charlotte, smorzando l'aria severa di papà.

«Oh, tranquillo Wilhelm. Sono sicuro che le ragazze non avevano intenzione di essere scortesi.» Pronunciò un uomo alto e robusto alla sua destra.

Costui guardò il soldato, annuendo di poco col capo.

«Wilhelm, dovremmo entrare. Qui fuori si gela...» i denti di Hanna tremavano impercettibilmente per il freddo. Si sfregava le mani in continuazione, nonostante avesse avuto i guanti. 

La neve non smetteva di cadere neanche per un istante. 

In effetti trasferirsi in Polonia, in pieno inverno, non era stata un'idea così brillante ed intelligente...

«Sì... si è fatto tardi e dobbiamo ancora sistemare tutto.» Mio padre annuì, rivolgendo la sua attenzione ad Hanna.

«Allora a domani Herr  Von Falk! Gute nacht.*» I soldati strinsero la mano a lui e a Friedhelm ed eseguirono nuovamente il baciamano alle donne. 

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