Famiglia Von Falk

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Famiglia Von Falk


Una domenica mattina di inizio Dicembre, venni svegliata da un continuo e fastidioso bussare alla porta.

Mi sedetti sul letto, provando a stropicciarmi gli occhi con le mani.

I raggi del sole filtravano timidamente attraverso le tende, creando giochi di luce sul pavimento. Sul davanzale del balcone della mia finestra vi si erano appollaiati dei teneri passerotti, che con il loro cinguettio melodioso allietarono immediatamente quella fredda mattinata invernale.

«Chi è?» Risposi assonnata al continuo bussare alla porta.

«Signorina Anne, sono le otto e trenta. E' pronta la colazione.» Disse Claudia, una delle domestiche di questa casa.

Sbuffai, mordendomi un labbro.

Lasciare un letto caldo d'inverno era davvero faticoso...
Sapevo, però, che se avessi fatto ritardo, sarebbe salito mio padre ed avrebbe scatenato un putiferio senza precedenti.

Un classico.

«Sì, grazie Claudia. Ora scendo.»

Abbandonai il comodo ed accogliente giaciglio contro la mia volontà. Entrai nel mio bagno personale e ritrovai un po' di calore con l'acqua calda. Mi lavai e mi vestii abbastanza velocemente. Scelsi un vestito a caso: bianco con dei ricami floreali azzurri.

Acconciai i capelli in una semplice treccia e scesi controvoglia al piano inferiore della casa.

Non avevo voglia di vedere nessuno. Il solito incubo aveva infestato il mio sonno tormentato sino alle prime luci del mattino ed aveva notevolmente peggiorato il mio umore.

I componenti della mia famiglia erano già tutti seduti al tavolo intenti a fare colazione. Friedhelm fu l'unico ad alzare la testa, lanciandomi un'occhiata. In segno di saluto mi fece l'occhiolino.

Ricambiai il suo silenzioso saluto, accennandogli un timido sorriso.

Hanna e Charlotte, nel frattempo, imburravano le loro preziose fette biscottate, degustandole con aria altera e vanesia. La sala da pranzo era interamente avvolta da un imbarazzante e snervante silenzio. Si percepiva esclusivamente il rumore delle posate che urtavano contro il servizio di porcellana.

Mio padre non perse tempo a rivolgermi lo sguardo non appena mi vide prendere posto educatamente alla tavolata. Pronunciò, impassibile e freddo come di suo solito: «Alla buon'ora.»

Ignorai volutamente il suo sarcasmo pungente e indirizzai il mio viso in direzione della caraffa che conteneva il latte. La presi e cominciai a versarlo nella tazza, riempiendola per metà.

«Non hai niente da dire?» Urlò improvvisamente, rabbioso.

«Lasciala stare, Wilhelm. Tua figlia fa il voto del silenzio anche oggi.» Ridacchiò boriosa Hanna, rivolgendosi a mio padre.

«Hai ragione Hanna, come al solito hai compreso tutto. I miei complimenti davvero.» Risposi immediatamente, guardandola gelidamente negli occhi.

Friedhelm, seduto accanto ad Hanna, scosse la testa adirato. Odiava quando sua madre mi parlava così. E questo succedeva ogni giorno.

Charlotte poggiò sul piatto la fetta biscottata, portando la sua attenzione alla discussione appena iniziata.

«Adesso basta!» Mio padre sbatté un pugno contro il tavolo, il quale tremò spaventosamente e con esso tutta l'argenteria presente. I nostri corpi sobbalzarono come delle molle impazzite.

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