L'interrogatorio (Prima parte)
I soldati ci trascinarono malamente giù per le scale, stringendoci gli avambracci con una forza bruta e feroce.
I loro sguardi erano incomprensibilmente imperturbabili ed indifferenti.
Sembrava che tutto quel dolore che li circondasse non sortisse alcun effetto su di loro.
Non vi era nessuna traccia d'umanità nei loro occhi gelidi e cinici.
Alesky era molto provato e riusciva a stento a camminare e a tenere il passo cadenzato dei soldati.
Aveva gli occhi chiazzati di rosso e un viso preoccupantemente pallido.
Respirava a fatica e il suo sguardo pareva perso nel nulla, esattamente come il mio.
Quando arrivammo davanti alla porta che conduceva alla prigione sotterranea, entrambi rabbrividimmo istantaneamente come foglie.
I soldati ci diedero l'ordine di fermarci e con un brusco strattone interruppero quella camminata forzata.
Uno di loro, quello con i capelli neri, infilò la mano nella tasca della giacca militare ed afferrò un mazzo di chiavi.
Scelse quella che avrebbe aperto la porta e subito dopo la inserì nella serratura, sbloccandola con dei semplici movimenti.
La porta si aprì con un'inquietante cigolio e un'oscurità tenebrosa ci avvolse interamente.
I soldati ci spinsero all'interno di essa senza troppi complimenti e quello più grasso accese una piccola lampadina mal funzionante appesa al soffitto umido e malmesso.
Quella debole illuminazione ci permise, perlomeno, di capire in che razza di posto eravamo finiti.
Dinnanzi a noi c'era una scala, anch'essa vecchia ed antiquata, che portava ancora più in basso, direttamente nelle profondità dell'inferno.
Le urla della gente rinchiusa lì dentro erano incessanti e ti laceravano le pelle e l'anima.
Si udivano lamenti, rantoli e gemiti di puro tormento e sofferenza.
Molti di loro invocavano pietà a gran voce, molti altri, quelli ormai sfiniti e ad un passo dalla morte, chiedevano solo che quel supplizio indicibile terminasse il prima possibile.
Avrei voluto tapparmi le orecchie, lo desiderai fortemente negli istanti a seguire, ma i miei arti superiori erano bloccati.
Le prigioni erano situate da ambo i lati del lungo corridoio sotterraneo.
C'erano parecchie celle, ma non fui in grado di contarle poiché il mio cervello si rifiutava categoricamente di ragionare lucidamente.
Tra l'altro, lì sotto, era anche buio pesto e le urla della gente ti confondevano maggiormente.
Era una tortura psicologica devastante.
«Tacete, bestie immonde!» Sbraitò all'improvviso il soldato dai capelli neri, schioccando la frusta da cavallerizzo sul logoro pavimento per due volte di fila, amplificandone il rumore fragoroso e molesto.
Sobbalzai a causa della sua brusca ed immotivata reazione e soffocai un urlo di terrore appena in tempo.
I prigionieri più adulti tacquero immediatamente, ma i bambini scoppiarono in un pianto disperato.
Le madri tentarono con ogni mezzo di quietarli, ma non c'era verso per farli smettere.
Quelle creature erano spaventate e l'unico modo che conoscevano per trasmetterlo agli adulti era attraverso il pianto.
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Intertwined destinies
Historical FictionBerlino 1942; Annelies Von Falk è una giovane ragazza figlia del Colonnello delle SS Wilhelm Von Falk. Ella è costretta a vivere parte della sua infanzia e adolescenza con un padre dispotico, rigido e scostante che le porterà via le cose a cui tiene...