Destino beffardo

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Destino beffardo




(25 Dicembre 1943)


Poco dopo esser uscita dall'ufficio di Hoffmann, mi ritrovai nel lungo ed angusto corridoio, scarsamente illuminato.

Alcuni soldati erano ancora svegli, sentii distintamente diverse voci e rumori vari che provenivano da differenti angolazioni.

Con il cuore gonfio e scalpitante di terrore lo attraversai, pregando il Signore che nessuno si accorgesse della mia presenza, altrimenti sarebbe stata la fine.

In punta di piedi e con la febbre che mi sfocava la vista, provocandomi bruschi capogiri, riuscii ad arrivare alla prima rampa di scale che mi avrebbe condotta al piano inferiore.

La mia mano toccò la fredda ringhiera, scivolando ogni qual volta discendessi la scalinata.

"Resisti, non mollare..." una voce, sempre la stessa, mi spronava, mi incoraggiava, mi donava la giusta quantità di energia per compiere un passo in più, un respiro in più.

Il soldato posto di guardia all'entrata delle celle era inaspettatamente assente ed approfittai di quella fortuita circostanza per varcare la soglia ed entrare all'interno di esse.

Scesi quei dieci scalini logori e impregnati d'umidità e, stando bene attenta a non destare la gente che sonnecchiava malamente, feci ritorno nella mia cella, lasciata socchiusa da Zimmermann la mattina precedente.

Mi rannicchiai in un angolo, con la schiena poggiata contro la fredda parete, ed aspettai.

Aspettai che l'alba rischiarasse il cielo, che il mio destino si compisse.

Fui svegliata di soprassalto, poco più tardi, da un gran frastuono di rumori ed imprecazioni che si diffusero rapidamente all'interno delle prigioni.

Due SS, alle prime luci del mattino, batterono con forza le loro mani contro le sbarre di metallo, intimandoci di alzarci con epiteti non propriamente educati e gentili.

«Prepararsi a partire! Avanti, tutti in piedi e in fila per cinque! Non ve lo ripeteremo una seconda volta! Schnell!» Urlavano in una maniera disumana, creando confusione e malumore fra la folla di gente ormai sveglia e terrorizzata.

Alcuni bambini cominciarono a piangere e a lamentarsi, scontenti di esser stati destati tanto bruscamente.

Gli adulti erano visibilmente agitati ed inquieti; si alzarono all'unisono come dei fantasmi, trascinandosi appresso i loro figli e i loro parenti più anziani, che faticavano a capire cosa stesse accadendo in quei concitati momenti.

«Radunatevi ordinatamente nel corridoio, in questo modo eseguiremo l'appello più velocemente! Vi sarà concesso portare solo una piccola valigia, che dovrà contenere alcuni indumenti di prima necessità. Se qualcuno di voi possiede ancora dell'oro o del contante, dovrete consegnarlo immediatamente a noi! Non vi servirà a niente nel posto in cui siete diretti.» Disse il soldato più giovane, con un'espressione accigliata e intransigente.

Era come se avesse imparato quel copione a memoria.

Chissà quante altre volte lo aveva ripetuto...

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