La lettera

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La lettera


I giorni passavano inesorabilmente e con essi accresceva la mia inquietudine e la mia sofferenza. 

Eravamo nei primi giorni di Aprile e ormai il Sole aveva riscaldato la fredda rimessa, regalandoci un piacevole tepore. 

Timide margherite erano spuntate dallo scuro terreno, donando un po' di colore all'area circostante.

La natura faceva il suo corso e non le importava minimamente né della guerra né di Hitler.

A volte mi limitavo ad osservare, in silenzio, quel meraviglioso processo naturale e ne rimanevo affascinata. 

Era come trovarsi in una realtà parallela nella quale, fortunatamente, riuscivo a non pensare a cosa stesse accadendo intorno a me. Staccavo la spina per un po'.

Quella mattina del 2 Aprile del 1943, mi trovavo da sola alla rimessa ed ero intenta a sbrigare alcune faccende domestiche prima che Adam, Stefan e i bambini fossero rientrati.

Stefan si era recato in paese molto presto; era uscito quando noi stavamo ancora dormendo. 

Voleva scoprire, a tutti i costi, cosa fosse accaduto a Fabian e Pawel - i due fratelli che collaboravano con il nostro gruppo -  dopo l'agguato subito alcune settimane prima dalle SS.

Adam, invece, aveva portato con sé i bambini a raccogliere frutta fresca e non sarebbero tornati prima di mezzogiorno.

Non appena terminai di lavare il pavimento e rimettere in ordine le stoviglie, mi sedetti all'esterno della rimessa alla ricerca di qualche momento di riposo.

I raggi del Sole mi solleticarono il viso e il suo piacevole tepore mi scaldò la pelle, accentuando le numerose efelidi sulla fronte e sul naso. 

Chiusi gli occhi ed appoggiai la schiena contro il muro.

Alcuni istanti dopo, riaprii gli occhi e recuperai la lettera ricevuta da Charlotte, aprendola.

L'avevo letta e riletta sino allo sfinimento. Non mi rimaneva nient'altro da poter fare...

Fissai le sue parole con attenzione e mi domandai il perché ella non mi avesse più scritto altre missive. Anche Friedhelm si stava facendo attendere...

L'ansia mi stava distruggendo pezzo per pezzo, mi stava divorando dall'interno come un demone ingordo...

A poco a poco stavo perdendo il senno, la ragione. Non riuscivo a trovare risposte, motivazioni, spiegazioni, per nessuna delle mie domande. Tutto ciò era logorante, annichilente.

«Signore, ti prego... proteggi Friedhelm e mia sorella, non abbandonarli.» Mormorai con lo sguardo rivolto verso l'alto.

Non era più una semplice preghiera che rivolgevo a Dio, ma una vera e propria supplica.

Mi avrebbe ascoltata?

Non avevo più alcuna certezza, nessuna sicurezza. Non mi rimaneva più nulla.


Adam, Noah ed Heike fecero ritorno prima del solito, salutandomi da lontano.

Sorrisi e ricambiai il loro saluto, alzandomi.

Quando costoro mi raggiunsero, Adam sventolò davanti ai miei occhi il cesto in vivimi pieno fino all'orlo di frutti di bosco.

Un gradevolissimo odore si espanse rapidamente nell'aria, insinuandosi nelle mie narici.

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