E' tempo di agire

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E' tempo di agire


Dopo aver salito le scale, mi inoltrai nel lungo corridoio privo di qualsiasi fonte luminosa, raggiungendo, a tentoni, la mia camera. Sbloccai la serratura il più silenziosamente possibile, trattenendo, addirittura, il respiro.

Abbassai la maniglia - accompagnandola delicatamente con la mano - e spinsi leggermente la porta, sgusciandovi al suo interno come una saetta.

Cautamente rilasciai l'aria incamerata in precedenza ed accostai la schiena a ridosso della parete, fermandomi ad osservare l'intera stanza avvolta in una strana penombra inquietante. 

I raggi lunari, provenienti dalle fessure delle persiane, rischiaravano, pallidamente, soltanto la scrivania e una piccola parte dell'armadio di un argento tenue, perlaceo.

Azionai l'interruttore della luce e dal lampadario si sprigionò un'illuminazione accecante, la quale coprì completamente l'oscurità che, pochi attimi prima, predominava, assoluta.

«Ben tornata» Pronunciò una voce che io conoscevo molto bene, la quale mi fece sobbalzare ed infossare maggiormente la schiena contro la parete. Emisi un gemito spaventato, portandomi entrambe le mani sopra il cuore per regolarizzare i suoi battiti impazziti e frenetici.

Friedhelm sedeva sul bordo del mio letto, impostato e rigido come un blocco di marmo. Le sue spalle erano tese e contratte, le sue braccia due tronconi inflessibili poggiate sulle ginocchia. L'espressione indecifrabile e seriosa disegnata malamente sul suo volto armonioso, privo di imperfezioni, mi gelò il sangue nelle vene.

Sospettavo che Friedhelm non avesse creduto alla patetica menzogna che gli avevo rifilato ben due ore prima. Nascondergli qualcosa era praticamente impossibile... mi conosceva meglio delle sue stesse tasche.

Mi presi alcuni momenti per scrutare con attenzione il suo sguardo risentito, offeso, soffermandomi, in seguito, sulle sue iridi turchesi, profonde, le quali seguitavano a fissarmi con freddezza, ad alimentare il mio palese imbarazzo.

Ero riuscita a tradire e a deludere anche Friedhelm... incredibile. Il mio inaccettabile comportamento non aveva scusanti, giustificazioni. 

Ero una bugiarda patologica, una persona inaffidabile, scorretta, disonesta...

L'ultima briciola di felicità avvertita poche ore prima svanì brutalmente, si dissolse nel nulla, lasciandomi un senso di inadeguatezza sulla pelle, un vuoto spettrale nel petto.

«Dove sei stata?» Domandò con voce granitica, stringendo le labbra in una linea dura.

Sebbene avessi avuto le gambe tremendamente mollicce come gelatina, mi mossi impacciatamente verso di lui, raggiungendolo. «Che ci fai qui a quest'ora?» Sibilai timidamente, guadagnando tempo. 

Costui sbuffò rumorosamente in un moto d'impazienza, passandosi una mano tra i capelli, scompigliandoli. «Rispondi prima alla mia domanda, Annelies!» Gracchiò, fulminandomi con le sue iridi glaciali.

Sospirai lentamente ed annuii, rivolgendo uno sguardo al pavimento per una frazione di secondo. 

Mi sedetti accanto a lui sul letto, portando i miei occhi nei suoi. 

Era inutile continuare a mentire; Friedhelm prima o poi avrebbe scoperto tutto, non avrei potuto tenerglielo nascosto per sempre. Se avesse appreso la verità da altre persone, non mi avrebbe mai più rivolto la parola.

«Sono andata dalla Resistenza, Fried. Ho saputo...» non ebbi neppure il tempo di terminare la frase poiché Friedhelm interruppe il mio banalissimo tentativo di introdurre l'argomento, stringendomi il polso con una forza tale da strapparmi un secondo gemito, stavolta più acuto ed intenso, un vero e proprio lamento di dolore.

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