Capitale 47

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Perrie - ore 10.15am
Giorno del processo

"D'accordo avvocato, è stato piuttosto esaustivo.."
È da più di un'ora che resto qui seduta in silenzio, mentre l'avvocato degli affari interni Rupert Dallaway elenca tutte le prove a favore dell'accusa.
".. facciamo una pausa e riprendiamo tra 45 minuti"
"Si signor giudice"
Adrien si appoggia allo schienale della sedia, mentre il flash delle macchinette fotografiche ricomincia ad echeggiare nella stanza, tra il brusio dei giornalisti e di tutti i civili voluti essere oggi presenti.
"Il detective Benson ancora è deciso ad astenersi dal testimoniare.. non lo farà a favore nostro ma almeno neanche al loro"
"Non credo serva comunque a molto"
"Come?"
Assottiglio le labbra, voltandomi verso il suo viso.
"Quante possibilità ho? Hanno milioni di prove e ancora non hanno mostrato le firme.. le mie firme Adrien.. firme che non ho mai fatto"
"Esatto, sono tutte prove facilmente manipolabili, dobbiamo solo convincere la giuria della tua innocenza"
"Adrien.. neanche io lascerei andare una persona con tutte queste prove a carico"
"Neanche se la conoscessi meglio?"
"Non ho il tempo di andare a cena con ogni giurato per farmi conoscere meglio"
"Perrie.."
Si sistema sulla sedia, prestandomi più attenzione.
"Troveremo un modo, sei innocente e lo capiranno"
"Temo non ci sia più tempo"
Qualche attimo di silenzio.
"Dai.. andiamo che ti prendo un caffè"

Jade

"Non appena riprenderà il processo, torneremo in diretta dall'aula di tribunale ma per il momento è tutto, restitituiamo la linea allo studio"
Porto la tazza bollente alle labbra, avvertendo il calore scaldarmi il viso, mentre i miei occhi fissano lo schermo della televisione, osservando le immagini e il suo volto venir inquadrato di tanto in tanto.
Ha quello sguardo freddo e distaccato, ferma immobile sulla sua sedia, forse iniziando a immaginare l'epilogo di tutta questa faccenda.
"Tesoro.. hai visite"
Roger mi raggiunge in soggiorno e messi gli occhi sull'uomo dietro di lui, resto qualche istante sconcertata.
"Salve Jade"
"Che ci fa lei qui?"
Torno immediatamente composta, muscoli tesi per la visita inaspettata.
Sposta lo sguardo sullo schermo della televisione, per poi indicarlo, mentre si siede sul divanetto.
"Vedo che sta seguendo"
Mi guarda ma non riceve risposta, così sistemandosi comodamente incrocia le dita delle mani sull'addome.
"Stanno per mostrare le registrazioni e immagino anche le firme.. sa.. non credo andrà molto per le lunghe"
I miei occhi non si scollano da lui.
"Anzi.. credo proprio la condanneranno.."
"Io non posso aiutarla.."
Le parole escono dalle mie labbra, arrivando dritte al punto della questione.
Quasi stento ad averle sentite, come se avessi ammesso un segreto che conservavo da tanto.
Il silenzio che segue non ingombra quanto ingombrano i pensieri dentro la mia mente.
Lo vedo annuire.
"La guardi.."
Indica lo schermo ancora una volta e così lentamente mi volto, trovandola lì, col suo sguardo assente, i capelli tirati in una coda alta e pulita.
".. tu sei l'unica che può aiutarla"
Scuoto il viso, fissando un punto avanti a me.
"Non posso.."
"Trevor quella sera non credo le abbia detto che non poteva o sbaglio?"
"Era diverso.."
Lo vedo alzarsi e velocemente raggiungermi.
"Tu quella sera hai ucciso mio fratello e.. e per quanto io ne capisca le ragioni, ti ricordo che l'ho perso.. l'ho perso per sempre.."
I suoi capelli disordinati coprono gli occhi lucidi, mentre si sforza di non lasciarsi prendere dalle emozioni ed io resto qui pietrificata, con la coscienza di una che non si è mai posta il problema di chiedere scusa.
"Io non posso lasciare che tu manda a puttane il suo sacrificio.."
La sua voce si addolcisce.
"Non sono qui per costringerti e sono consapevole di quello che sono capaci di fare.."
Si getta sulle ginocchia, avanti a me, cercando poi le mie mani.
"Non sarà facile ma vorrei tu andassi là e rendessi giustizia a questa storia, come mi hai promesso quella volta"
Prendo un bel respiro.
"Paul.. non posso"
Mi guarda, scuotendo poi il capo.
"Non lo devi dire a me.."
Si alza in piedi.
".. ma sappi che tutte le persone a te, a me care, sono morte invano e continueranno a morirne altre.. solo perché a una poliziotta un po' spaventata è mancato il coraggio di porre fine a tutto questo"
"Perché devo avere io questa responsabilità?"
"E perché non dovresti averla te?"
Sospiro, spostando poi lo sguardo altrove.
Si alza per poi portare una mano dietro la mia nuca e chinandosi, lascia un bacio tra i miei capelli.
"Abbi cura di te"
Lascia la stanza, raggiungendo il portone e quindi uscendo.
Fisso il pavimento, sentendo il corpo tremare.
Per i nervi, l'ansia, il senso di colpa e chissà per cos'altro ma ho paura, ho paura..
Credo sia normale averne.
"Roger!"
Lo vedo uscire di fretta dalla cucina, guardandomi con occhi attenti.
"Si tesoro?"
"Cambiati, mi dovresti accompagnare in un posto"
"Andiamo al tribunale?"
"No.. su.. vai a cambiarti"
Lentamente cerco di alzarmi, mentre lui guardandosi addosso nota i vestiti sporchi di cucinato, andando quindi verso il portone, per raggiungere il suo appartamento.

Is it me? - Jerrie ThirlwardsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora