38 Capitolo

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Quando la celebrazione della messa ebbe fine, incoraggiata dai suoi amici, raggiunse l'altare e si pose davanti al microfono. Con le lacrime agli occhi osservò la folla presente e del tutto inattesa. Vi erano medici, infermieri e gli anziani che abitavano nella casa di riposo, nonché gente che un tempo aveva conosciuto la donna, compreso il signor Traina seduto nel banco della terza fila. Non si chiese nemmeno cosa facesse lì.

Spostò lo sguardo sulla bara che stava ai piedi del crocefisso e si concentrò sul suo discorso.

"Perdonate la mia intrusione ma, credo opportuno versare due parole per la Signora Corlino. Negli ultimi mesi le sono stata vicina e ho conosciuto quanto meravigliosa fosse. Aveva un cuore immensamente grande, e possedeva una generosità infinità verso chiunque..."

Leon nascosto in un angolo buio della chiesa, fissava Claudia. I suoi occhi languidi non riuscivano a smentire la sofferenza che provava, tanto meno le sue parole che era certo, non tutti avrebbero compreso. Sin da bambina era stata un tipo forte, combattiva ma, quando capitavano certe disgrazie il suo carattere veniva dominato da una sensibilità eccessiva.

Ricordò in quell'istante un episodio che accade un giorno d'estate di molto anni prima.

Si trovava in veranda con i suoi genitori e Clemente era appena entrato con un vassoio contenente tre bicchieri colmi di tè fresco per rinfrescarsi dal caldo asfissiante. Nello stesso istante entrò Claudia, che allora poteva avere circa cinque anni, urlando il nome di suo padre talmente forte che il povero Clemente nello spaventarsi rovesciò il vassoio a terra.

"Dinetta! - la rimproverò sua madre spazientita - Che modi sono questi! Guarda che è successo per causa tua!"

"Mi dispiace mamma ma, era urgente"

"Ah sì? E sentiamo un po', qual è quest'urgenza?" le chiese suo padre, posizionandosi davanti a lei con braccia conserte e occhi severi.

"Guarda - aprì le manine, mostrando un piccolo uccellino con un'ala spezzata - puoi aiutarlo papà? Ti prego, sta soffrendo tanto".

"Oh Santa Rosalia! E' un'aquila! - esclamò sconcertato, alzando lo sguardo su lei che lo fissava con occhi speranzosi - Non puoi portare in casa tutti gli animali feriti che trovi, possono trasmetterti delle malattie - Continuò con severità, ma poi osservando che lo fissava insistentemente con occhi lucidi, non riuscì a dirle di no - Clemè prendi la valigetta del pronto soccorso"

"Vado subito"

"Era steso sull'erba e piangeva di dolore, poverino" diceva accarezzandogli delicatamente la testa, a modo suo per confortarlo.

"Piangeva" ripeteva dubbioso Don Salvatore, spostando lo sguardo su Donna Maria.

"Posso tenerlo con me?"

"Questa è un'aquila non un uccellino qualsiasi, potrebbe rivelarsi pericoloso. E poi hai già abbastanza animali, stai trasformando questa casa in uno zoo" rispose Don Salvatore.

"Ma sono i miei amici! E nessuno si prende cura di loro -sbottò piangendo – E' questo uccellino non ha nessuno, nemmeno la mamma!"

Nonostante la sua tenera età, ebbe la meglio su suo padre. Ma, ciò che lo sbalordì fu, che gli rimase accanto sino alla guarigione.

Crescendo quella dote non fu mai accantonata, prendersi cura dei più deboli e aiutarli sino alla fine, continuava ad essere una priorità

Tornò su lei che continuava il suo discorso.

"... Non ha mai lasciato trasparire la sua malattia, nonostante le sofferenze fisiche e morali. La sua perdita mi lascia un grande vuoto nel cuore e mi addolora molto ma, mi conforta sapere che adesso si trova accanto all'amato marito, di cui ne ricordava sempre l'amore infinito che le aveva donato""

Cuore di ghiaccio (Mafia-Love Story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora