33 Capitolo

662 32 9
                                    

Era le dieci di sera quando Claudia, da dietro le tendine della finestra osservò Leon rientrare, sotto un terribile temporale. Osservò Angelo raggiungerlo con un ombrello e rapidi avviarsi verso casa.

Velocemente si gettò sulla poltrona assumendo una posa al quanto sensuale. Finse di leggere, sicura che il suo primo pensiero fosse spiarla dalla finestra dello studio. Attese un po' ma, non vedendo lo studio illuminarsi, fu certa che avesse ceduto alla stanchezza.

Strano comportamento, pensò. Era suo solito accertarsi che stesse bene prima di salire nella camera padronale a maggior ragione, con un temporale violento come quello che stava capitando.

L'aveva atteso tutto il tempo con l'intenzione di ringraziarlo per esser stato clemente per l'ennesima volta, e lui, andava a letto.

Non vuoi ringraziarlo perché ti ha fatto uscire dalle segrete ma, per quello che ha detto, e non vuoi nemmeno ringraziarlo con un semplice "Grazie" ma bensì adoperando altri metodi!

"Ah, chiudi il becco" disse alzando lo sguardo verso le finestre e osservando con amarezza, le luci accese della sua camera.

Posso rinunciare ai miei programmi notturni. Accidenti!

Lanciò il libro sul divano ormai rassegnata e amareggiata dal fatto che non era corso da lei, pur sapendo la paura che provasse.

Osservò l'orologio, erano le ventitré e non aveva nemmeno sonno.

Il suo sguardo puntò ancora sulla finestra. Le luci della camera padronale si spensero e quella piccola speranza che albergava in lei scomparve del tutto. Era andato a letto.

"Accidente! Ho indossato la mia camicia da notte in seta e quello se ne va a dormire alle ventitré. Si può essere più sfigate?"

In quello stesso attimo, un boato assordante fece tremare i vetri dell'intera casa, un frastuono che le accapponò la pelle giungere dal cortile.

Atterrita fissava la porta, certa che la causa fosse stata l'esplosione di un'auto esattamente come quella che uccise i suoi genitori, e ipotizzò che qualcuno, avesse appena attentato alla vita di Leon.

Nel sentire gli uomini di guardia gridare ordini a destra e a sinistra, scattò verso di essa, con il cuore in gola, mentre la sua mente e il suo cuore gridavano il nome dell'amato. Uscì nel porticato e osservò allibita un grande albero che prendeva fuoco. Le fiamme erano così alte che tutto gli uomini erano accorsi nel tentativo di spegnerlo, compreso lo stesso Leon. Cercò di calmarsi, Leon ringraziando il cielo stava bene. Il boato era stato causato da un fulmine che si era scagliato contro un albero squarciandolo in due e le fiamme si erano propagate su una parte del giardino, coinvolgendo alcuni alberi a causa del vento.

"Presto con quell'acqua! – gridava Franco – più veloci, più veloci!"

Un altro fulmine illuminò il cielo e il tuono cadde poco dopo verso la collina opposta, creando un altro boato.

Claudia era talmente irrigidita dal terrore, che non riusciva a muovere un muscolo.

"Sbrigatevi, prima che un fulmine ci colpisca!" gridava ancora Franco.

Iniziò a piovere a dirotto, le raffiche di vento soffiavano forti e loro lì, a combattere tra le intemperie un fuoco che non smetteva di ardere.

"Claudia!" Urlò Leon nel vederla fuori il porticato. Il cuore prese a battergli con forza mentre si rendeva conto che la paura la bloccava e che un fulmine avrebbe potuto colpirla da un momento all'altro. Affidò la pompa dell'acqua a Franco e corse verso di lei.

La raggiunse e afferrandola a un braccio la trascinò al riparo in casa.

"Stai bene?"

Claudia annuì, mentre lui rapido, la percorreva da capo a piedi per accettarsi che fosse vero. Ricordava che da piccola aveva subito un trauma a causa di un fulmine e temendo che quel trauma s'accentuasse, tentò di farla riprendere nell'unico modo che conosceva. Infuriandola.

Cuore di ghiaccio (Mafia-Love Story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora