Io che non rileggo e mi fido del mio italiano perché ho da studiare 🤡
Per tua fortuna, la macchina (o per meglio dire, limousine) che usava l'autista dei tuoi genitori non era nel vialetto, segno che non erano ancora tornati. Siccome la finestra di camera tua era aperta, decidesti di non disturbare tuo fratello (soprattutto perché non volevi subire un interrogatorio) e attivasti la tua unicità. Creasti il solito cerchio, ci salisti sopra e ascensore DIY da fare invidia a 5minutecraft.
DIY= do it yourself, tipo il fai da te per chi non lo sapesse.
Saltasti all'interno della stanza riparandoti il braccio. Ormai avevi sfortunatamente appreso che riportando il braccio allo stato dell'ora prima, la pelle non si adattava al dolore.
Ci fu un periodo in cui avevi deciso di compensare con gli analgesici, ma scopristi che più ne prendevi, meno avevano effetto, in più ti rendevano meno lucida. Se non altro, mentalmente ti abituavi a reggere carichi di dolore sempre più forti.
Guardasti l'orologio. Era ancora presto e i tuoi sarebbero tornati fra circa mezz'ora, così decidesti di metterti a studiare. Sul gruppo WhatsApp a cui ti avevano aggiunta contro la tua volontà alcune ragazze, avevano già condiviso i compiti di inglese e matematica.
Ringraziasti mentalmente le ragazze, ma poi ti accorgesti che il mittente era Mina, e che quindi non c'era da fidarsi. Provasti a leggere qualcosa, ma fra la sua pessima grafia e gli errori grammaticali, non c'era modo. Scrivesti a t/nf di essere tornata, e spengesti il cellulare. Sbuffasti lanciando il telefono sul letto e rilassando i muscoli sulla sedia, accasciandoti sgraziatamente.
"Puoi farcela t/n!"
Esclamasti tirando un pugno in aria con falso entusiasmo, dopodiché, ti dedicasti allo studio e all'autocommiserazione, lamentandoti mentre compilavi schede su schede. L'unico momento piacevole fu quando tuo fratello ti venne a portare della frutta, ma poi finì per rimproverarti a causa della tua scrittura diversamente perfetta.
Dopo quella che ti sembrò un'eternità (circa venti minuti), il familiare tintinnio delle chiavi ti riportò alla realtà, risvegliandoti dallo stato di full-immersion.
Ti alzasti dalla scrivania, stirasti i vestiti con le mani e controllasti che in camera tutto fosse apposto. Per tua fortuna, t/nf aveva un problema serio con il disordine, così si era autoproclamato come pulitore della camera.
Lo sbacchiare del portone ti fece salire un groppo alla gola, che ingoiasti forzatamente. Accendesti una candela fortunata che avevi sul tuo comodino (uno dei super utili regali che si ricevono a Natale) e ti spazzolasti i capelli. La voce di Moira, la cuoca che si occupava dei vostri pasti, riecheggiò per la casa spingendoti a uscire di stanza.
Da bambina quando ti dissero che avrebbero assunto una cuoca eri al settimo cielo, finché non scopristi che il suo compito era di prepararti pranzi salutari. Non una torta, non un'infornata di biscotti né un qualsiasi altro tipo di dolce era mai stato cucinato dalla donna. C'è però da dire che a volte ti portava di nascosto della cioccolata comprata al mercato, quindi non ti lamentavi più di tanto.
Scendesti saltellando le scale, finendo per inciampare e cadere rovinosamente, provocandoti una fitta di dolore alla schiena e, soprattutto, al deretano.
"Entrata d'effetto."
Disse trattenendo le risate la donna porgendoti una mano.
"Grazie Moira."
Dicesti sollevandoti e massaggiandoti la schiena, che curasti prontamente.
"I tuoi genitori sono in sala da pranzo."
Annuisti dirigendoti verso il pasto, nonostante più che appetito provavi un senso di nausea.
"Ah, t/n..."
Ti richiamò la donna.
"Vedi di mangiare tutte le verdure, altrimenti..."
Disse battendosi il mattarello sul palmo della mano con fare minaccioso.
Alzasti le mani in senso di resa e ti dirigesti verso la sala da pranzo. Come ti aspettavi, t/nf non era presente. I suoi pasti si tenevano con il personale della casa: Moira la cuoca, Lana l'assistente personale di tua madre, Penelope la cameriera, e Bartholomé il maggiordomo.
A dire la verità non si chiamava Bartholomé, ma Steve, solo che tua madre non l'aveva definito un nome degno del suo titolo e l'aveva cambiato. Non ci avevi mai veramente avuto una conversazione, lo stesso con Lana.
Con Penelope avevi provato a essere più amichevole, ma da quando facesti l'errore di provare ad abbreviare il suo nome eri finita sulla sua lista nera.
"Siediti, sei in ritardo."
Disse fredda la donna. Non eri sicura di come tu potessi essere riuscita ad arrivare in ritardo, siccome erano appena tornati, ma ti sedesti senza protestare. Il clima non era terribile. C'era un silenzio che in altre situazioni sarebbe stato imbarazzante, ma in quel momento eri grata per quel silenzio, interrotto solo dai due adulti che si scambiavano opinioni e pareri sul lavoro.
Quando eri con loro era sempre così. Ti sentivi la bambina al tavolo dei grandi, troppo piccola per partecipare ai loro discorsi e troppo poco istruita per anche solo capire di cosa stessero parlando. Ironicamente, nonostante conoscessi bene l'argomento (frequentando una scuola che avrebbe dovuto prepararti all'ambiente era il minimo), non eri capace di spiccicare parola, ascoltandoli a metà, sperando solo che il tempo passasse abbastanza in fretta da permetterti di uscire dalla cena indenne.
C'era stato un periodo in cui volevi disperatamente essere parte delle loro conversazioni, in cui ti impegnavi al massimo e facevi di tutto per essere anche solo notata; ma quei giorni erano ormai lontani, e l'unica cosa che avevano contribuito a formare era il retrogusto amaro che accompagnava quelle conversazioni.
In ogni caso, preferivi essere la bambina al tavolo dei grandi, piuttosto che l'imputata a processo.
Ti trovasti presto a invidiare tuo fratello, seduto a tavola e circondato da persone amichevoli, probabilmente parlando con leggerà del più e del meno. Ti sentisti subito in colpa, sapendo che l'unico motivo per il quale il ragazzo non si trovasse a tavola era perché non era ritenuto all'altezza, a causa di una stupidità come l'assenza di quirk.
Il resto della cena passò senza intoppi, e soprattutto senza che tu abbia dovuto aprire bocca, il che era positivo visto che avevi passato il pasto a sognare a occhi aperti e a isolarti nel tuo mondo, senza seguire un discorso. L'unica volta in cui ti interpellarono fu quando ti avvisarono che non sarebbero stati in casa per il resto della settimana. Lo sapevi già, ma avevi ipotizzato che sarebbero tornati almeno per dormire.
Per tua fortuna, essendo cresciuta nel sud Giappone, tua madre lavorava principalmente come Hero lì, e a causa di ciò tuo padre aveva preferito accettare lavori nella parte meridionale del paese. Alla fine per mantenere il posto di numero tre l'importante era la quantità di casi risolti all'interno del Giappone, non necessariamente all'interno della vostra città.
Ognuno si congedò e ti dirigesti velocemente verso la tua camera. Non eri più abituata a passare del tempo con loro, soprattutto perché erano via spesso, anche prima che ci fossero i dormitori alla UA.
Probabilmente l'unico motivo per il quale non vi eravate trasferiti in una super villa o qualcosa del genere era perché i tuoi paradossalmente passavano più tempo nelle loro case al sud, dove lavorava tuo padre. Non che ti lamentassi dello spazio, la casa era anche troppo grande, considerato che il palazzo accanto era interamente di vostra proprietà, così che il personale della casa potesse abitare nei pressi dell'abitazione ed essere sempre disponibile, anche se Lana e Bartholomé viaggiavano spesso con tua madre.
Spazio autrice
Ho preferito prendermi un capitolo per approfondire la vita di t/n al di fuori della UA, chiedo venia per non aver nemmeno nominato Bakugo TwT
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Bora~bakugokatsukixreader
FanfictionBakugoxreader. È la mia prima storia, spero vi piaccia🌸🌸 [Presenza di linguaggio forte (in realtà ci sono due parolacce messe in croce, ma voglio essere family friendly e vi avviso).] [Commenti di carattere omofobo, razzista e incitazione al danno...