7. LUI NON TI ODIA

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Tornammo al tavolo e ci sedemmo mentre gli altri erano tutti impegnati a svuotare i loro vassoi. Levi aveva ancora l'aria di essere sul punto di scoppiare nonostante riuscisse ad ingannare la maggior parte dei presenti. La conversazione con suo zio era inceppata in un replay continuo nella mia testa affollata. Era stato tutto così naturale per loro... come se avessero fatto una chiacchierata qualunque sulle condizioni meteo. Quello più di tutto mi disturbava profondamente. Il fatto che Levi avesse a che fare con quel tipo di scambi nel suo quotidiano. Un pensiero squarciò le mie paranoie. Prima che potessi contare fino a dieci per provare a bloccarmi, la domanda ruzzolò fuori dalle mie labbra. "Non parlavi sul serio, vero?"

"Riguardo a cosa?" Levi chiese, impegnando tutte le sue energie per mantenere quella calma artificiale che teneva in piedi con tanta fatica. Le sue mani erano un cumulo di tremiti impazziti che tradivano i suoi sforzi. Ciononostante l'aggancio sul mio polso non accennava ad allentarsi. Non era arrabbiato, tuttavia. Avevo ben presente la versione iraconda di Levi e ne ero più che certo: ciò che avevo davanti era qualcos'altro.

"Riguardo a quello che hai detto a Kenny prima che io riattaccassi." Guardai in basso, improvvisamente interessato alle righe sottili sul dorso delle mie mani e a quelle microscopiche dei polpastrelli. Le punte delle orecchie si scaldarono al pari di una distesa di lava. Evitai di dire quella parola, ma ogni singola lettera esplose nella mia mente. Ogni nervo era saturo del suo significato. Suicidio.

"Perché dovrebbe interessarti, moccioso?" sputò. Le labbra sollevate in una smorfia come se avesse appena ingoiato un boccone di cibo avariato. "Tanto non te ne fregherebbe niente."

"Non so..." fu tutto ciò che riuscii a farfugliare.  Levi assottigliò gli occhi in tempesta, aggrottando le sopracciglia come se fosse immerso in qualche profondo, dilaniante tormento. Reagan si avvicinò a noi, sistemando una mano sulla spalla del corvino. Levi sussultò e tentennò, lasciando finalmente la presa sul mio polso. Ruotai subito la mano, sperando che la sensibilità alla dita tornasse il più in fretta possibile. Quel ragazzo aveva una presa mortale. Si irrigidì come un cobra pronto ad attaccare, stringendo le spalle finché arrivarono a sfiorargli le orecchie.

"Come sono andate le chiamate, ragazzi? Avete imparato qualcosa l'uno dell'altro?" Reagan chiese calmo, lasciando scivolare via la mano dalla spalla del mio compagno. Levi si rilassò visibilmente alla fine di quel contatto chiaramente non voluto, tornando quasi ad una postura normale.

"Io ho imparato che Jaeger è la piccola puttanella della sua mammina, ma non è esattamente una novità," Levi sibilò. "Chi sta di turno stanotte?"

"Hanji ed Erwin. E , Levi, il linguaggio."

"Non credi che avrei già dato un taglio alle parolacce se me ne fregasse un cazzo di qualcosa delle tue costanti osservazioni?" In quel momento ne fui sicuro. Levi era arrivato al limite. Non era mai sbottato così con Reagan. Lui e Hanji erano i suoi preferiti.

"Whoa, Levi. Ti servono cinque minuti?" Reagan chiese, restando il più calmo possibile. Per tutta risposta Levi strinse i denti, scoprendoli dalla bocca accartocciata come un vero e proprio animale selvatico. Che poi, per molti versi era esattamente ciò che era.

"Lontano da lui." ringhiò un inquietante, basso gorgoglio che risuonò dal profondo della gola tesa mentre mi puntava deciso con il dito. Io avvampai, non tanto per l'imbarazzo quanto per un dolore sconosciuto che pungolò ogni millimetro del mio corpo. Non capii perché ci rimasi così male.

"Okay, ti lascio libero per cinque minuti, ma solo per questa volta e solo perché non voglio che tu faccia fuori il povero Eren." Reagan liberò il polso di Levi e lui si catapultò fuori dalla mensa, sbattendo la porta dietro di lui tanto forte da fare a gara con il tuono che aveva ruggito nel cielo nero fuori dalla finestra. Non furono in pochi a girarsi per controllare che l'ingresso della mensa fosse ancora tutto intero. Anche io rimasi incollato a quella porta salva per miracolo, tanto che Reagan fu costretto a schioccare le dita per ottenere la mia attenzione. "Cos'è successo? Non è da lui fare così. Sì insomma, è un po' stronzo, ma non in questo modo." Sgranai gli occhi.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora