45. DIPLOMA

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Spesi gli ultimi quattro giorni precedenti al diploma cercando di non pensare a Levi. Mi buttai a capofitto sulla tesina, finendola velocemente, ma con una chiusura di ottima qualità. Mi ero anche impegnato più del dovuto per il mio discorso e dovevo ammettere di esserne piuttosto soddisfatto. Restai chino su quei documenti per tutto il tempo, evitando praticamente tutti e richiudendomi in camera con l'eccezione dei pasti obbligatori. Sicuramente dall'esterno davo l'impressione di stare alla grande. Uno studente modello, volenteroso di chiudere in bellezza il suo percorso all'Istituto, ma dentro tutto era in pezzi. Ero sicuro al cento per cento che tutta la terapia, le sessioni di gruppo e le varie cure fisiche che mi avevano somministrato avessero curato i sintomi, ma non il problema. Potevo vantare un sangue pulito da tutte le sostanze di cui avevo abusato a casa, ma la mente era un'altra cosa. All'Istituto non avevo mai dovuto affrontare il problema dell'alcool perché chiaramente non ve n'era traccia. Il percorso rieducativo si basava sulla privazione assoluta di tutte le tentazioni che spedivano i ragazzi come me in queste mura nascoste sui monti. Una volta tornato in California, sapevo che mi sarei trovato di fronte ad un bivio. Avrei dovuto trovare la forza di fare la scelta giusta e dire di no. E non ero certo di riuscirci, specie se Levi non mi era accanto. Il terrore di cadere rovinosamente nel mio passato e deluderlo senza possibilità di ammenda mi dilaniavano, ma ero disposto a tenere per me tutto quel tormento. Volevo che tutti mi vedessero felice e contento. Ero determinato a riempirli di stronzate. D'altronde l'avevo fatto per tutto il tempo del mio Rehab. Cosa mi sarebbe costato tenere in piedi quella farsa per qualche ora in più? Avevo già preparato tutto. Le mie cose erano impacchettate sul letto rifatto. Qualche altro sorriso falso e poi sarei stato fuori da lì. Di nuovo buttato in mezzo al mondo reale. Di nuovo solo. Senza due braccia fredde e forti a stringermi nelle notti afose che mi attendevano a casa.

Presi un bel respiro, cercando di stare comodo sulla sedia della camera, mentre ripassavo mentalmente tutta la procedura del diploma. Levi aveva fatto bene a prendere le sue cose e a sparire in fretta e furia. Avrei tanto voluto sottrarmi anche io al programma organizzato per quel giorno. Mi sarei dovuto riunire agli altri diplomandi. Mi sarei dovuto sorbire i discorsi dello Staff, dei terapisti e di tutti gli studenti coinvolti. Avrei dovuto leggere il mio e infine stare a guardare le slide con le nostre foto. Immagini atte a dimostrare il nostro cambiamento fisico ed emotivo dal nostro arrivo nella scuola. Ci avevano persino fatto selezionare alcune canzoni da suonare durante la presentazione. Cercai di non pensare all'eccitazione generale degli altri ragazzi per tutte le decorazioni e il buffet prepararti per il nostro grande giorno. Sinceramente volevo solo che finisse tutto in un baleno.

Mi ero comunque agghindato con un classico completo composto da camicia bianca e pantaloni neri per l'occasione. Sapevo che mia madre avrebbe voluto vedermi così se fosse potuta venire. Mi alzai per darmi un'ultima sistemata allo specchio, sorridendo compiaciuto del mio aspetto niente male. Diedi anche un'altra controllata ai bagagli che avevo organizzato in un modo che Levi avrebbe sicuramente approvato. Mi scappò un sorriso triste a quella strana considerazione, ma non feci in tempo al lasciarmi andare che la voce di Reagan annunciò la sua presenza nella stanza. Scattai verso di lui, guardandolo distrattamente. Ci misi qualche secondo a realizzare che era ora di iniziare. Quando feci per prendere le valigie, il suo tono tranquillo mi fermò.

"No, quelli passiamo a recuperarli dopo mentre tu sarai nell'auditorium."

Mi fece un cenno con la testa, intimandomi di seguirlo. Risposi mestamente al suo sorriso raggiante e mi lasciai guidare nella grande stanza adornata con striscioni e scritte di ogni sorta. Non avevo fame, ma volendo evitare discussioni con lo Staff, non rifiutai quando CJ mi offrì una fetta di torta e un bicchiere di punch, rigorosamente analcolico.

"Stai proprio bene vestito così, Eren." la voce di Sunni mi fece rizzare i capelli mentre ero ancora rivolto verso CJ. Mi girai verso di lei. Il suo sorriso caldo e gli occhi carichi di entusiasmo mi chiusero ancora di più lo stomaco. Non avevo certo dimenticato la fermezza con cui aveva spifferato a Trevor di aver beccato me e Levi. Non avevo dimenticato che non ci aveva neanche dato la possibilità di spiegare. Non avevo dimenticato tutti le occhiatacce che aveva rivolto al mio ragazzo. Sapevo che Levi non aveva fatto proprio il massimo per farsi accettare, ma un suo nemico era anche il mio. Questa era una certezza che fu chiara anche a Sunni, quando non mi degnai neanche di risponderle. Mantenni uno sguardo freddo, da far invidia a quello di Levi e la oltrepassai per scandagliare i posti liberi in sala. Ero deciso a mantenere la mia politica di asocialità e sedermi lontano dagli altri presenti. Scorsi velocemente le disposizioni dei posti, optando per una poltrona in fondo alla stanza. Mi sedetti, abbandonando nella sedia di fronte gli spuntini che non avevo voglia di mandare giù e mi appoggiai al muro. Adoravo stare attaccato alla parete. Mi davano sempre quel falso senso di sicurezza di cui sentivo intensamente la mancanza. Neanche a dirlo, quella solitudine forzata mi riportò al vuoto che Levi mi aveva lasciato dentro. Sentii la familiare sensazione dello stomaco dolorante e della gola che si stringeva per bloccare le lacrime. Come avrei potuto mai farcela senza di lui? L'aria iniziò a mancare e sapevo che sarei durato ancora poco. Alla fine, tutta quella repressione forzata stava tornando con gli interessi. Valutai di lasciarmi andare ad un pianto silenzioso, pregando che gli altri studenti lontani da me non si fossero girati nella mia direzione. E proprio quando fui abbastanza certo di poter sfuggire agli sguardi indiscreti, sentii qualcuno accomodarsi vicino a me. Lo schienale della sedia di fronte venne invaso da due scarpe lucide. Maledissi la mia sfortuna cronica e mi costrinsi a ricacciare giù il groppo di lacrime, attento a tenere lo sguardo basso per non farmi vedere da quel vicino indesiderato. Strinsi i pugni e presi un respiro profondo per farmi forza, quando una voce che avrei riconosciuto tra mille mi trafisse le orecchie, annullando qualsiasi suono intorno.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora