40. CROLLO

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Eravamo in classe per la nostra ultima lezione prima della pausa natalizia, quando un membro dello Staff entrò per interrompere la noiosa spiegazione del professor. Shadis. Cercai di imitare le espressioni curiose e stupite dei miei compagni quando ci fu comunicato che Trevor era apparentemente scappato e aveva lasciato lo Stato durante la notte. Fortunatamente lo Staff era stato istruito a comunicazioni perentorie senza dare corda alle varie domande invadenti degli studenti, per cui ci volle poco prima che potessi tornare a rilassarmi parzialmente. Mi misi in testa che nessuno poteva sapere cosa fosse successo realmente, compreso il sottoscritto. Istintivamente lanciai un'occhiata a Levi, accanto a me. Chissà perché rimasi sorpreso nel vederlo con la solita espressione scocciata che non tradiva nulla del suo coinvolgimento in quella faccenda. Ancora con l'agitazione addosso che mi faceva sudare freddo sentii la sua mano strusciare sul mio banco, accompagnata da un pezzettino di carta striminzita.

"Aprilo dopo." bisbigliò, guardandomi di sottecchi prima di risistemarsi composto contro alla sedia. Annuii debolmente, riportando lo sguardo alla lavagna. Dopo tutto quello che era successo, Trevor o non Trevor, lo Staff aveva imparato a tenerci d'occhio e sicuramente anche i professori erano stati informati del nostro rapporto. Sia io che Levi non volevamo destare ulteriori sospetti per cui avevamo deciso di agire in silenzio. Inutile dire che avevo discusso parecchio con lui a riguardo, ma Levi era riuscito ad essere persuasivo come al solito. Mi aveva fatto riflettere sul fatto che se quella mattina Reagan non gli avesse fatto chiamare CJ con il suo telefono e CJ non fosse stata già vicino all'Istituto per sue questioni personali, le cose sarebbero potuto finire male per me. A quel punto mi era stato impossibile non cedere alle sue direttive e stare al suo piano. In pratica ci eravamo ridotti a passarci bigliettini come due ragazzine, ma se era quello l'unico modo per parlare con lui, allora era un'umiliazione che ero disposto a correre. Sapevo che se Jean fosse stato lì avrebbe inarcato un sopracciglio per poi prendermi in giro fino a beccarsi un pugno in faccia. Forse era l'atmosfera natalizia in arrivo, ma realizzai quanto mi mancassero sia lui che Marco. Non ero particolarmente religioso, ma mi piaceva pensare che il Gesù lentigginoso fosse lassù da qualche parte a vegliare su di noi. Gli mandai una preghiera silenziosa, trascorrendo il resto della lezione in quello stato meditativo finché la campanella non decretò ufficialmente l'inizio delle vacanze. Ero così sollevato dall'ultimo giorno di lezione in quell'Istituto di psicopatici. Non stavo più nella pelle per il mio diploma, soprattutto ora che Levi stava per andarsene sul serio. Non ero per niente sicuro di come sarei riuscito a gestirla. Presi il mio zaino e lo trascinai per tutto il corridoio fino alla mensa. Levi di fronte a me che camminava a falcate innaturalmente lente per permettermi di seguirlo da lontano. Non che fosse stato stabilito dal suo piano diabolico, ma non potevo evitare di pensare che si muovesse abbastanza piano da avermi sempre a qualche passo di distanza da lui. Mi sedetti al tavolo che scelse accanto a Connie, stando proprio davanti a lui per godere del suo viso neutro anche se non potevamo parlare. Lasciai che i nostri compagni si perdessero in chiacchiere su quella settimana di pausa che li attendeva, nascondendo a malapena la frenesia con cui frugai nella tasca dei jeans per tirare fuori il messaggio che Levi mi aveva passato prima.

Hanji ed Erwin stasera sono di turno. Dormiamo nella nostra vecchia stanza. Esci quando finisce l'ultimo turno dello Staff diurno.

Persi un battito e scattai negli occhi di Levi, annuendo impercettibilmente quando avrei solo voluto saltargli al collo e soffocarlo in un abbraccio. Ripiegai tutto e lo nascosi nei pantaloni per poi prendere un bel respiro e cercare di rilassarmi. Tirai la schiena e stirai le gambe per scacciare la tensione, finendo inevitabilmente ad urtare le gambe di Levi. Feci per ritrarmi, ma lo sentii afferrare la mia caviglia tra le sue, tenendomi lì. Non potevo credere che stessimo veramente giocando a farci piedino sotto al tavolo. Lo scrutai, imbarazzato. Un barlume di malizia gli illuminò gli occhi inchiodati nei miei, mentre con il piede risaliva la mia gamba. Avvertii i familiari brividi al basso ventre, ma insieme ad essi un'onda di agitazione si irradiò dal petto fino a coinvolgere anche le dita che ora tremavano sul tavolo della mensa. Scacciai il suo piede e mi alzai con troppa fretta.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora