20. ALLERGIE

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"Tutto okay?" la domanda di Levi sfrecciò dritta nel petto, letale come al solito. Da quando eravamo usciti dalle docce e camminavamo lungo il corridoio principale per andare a fare colazione non l'avevo ancora guardato in faccia. Nonostante il vincolo metallico, mi ero preoccupato di osservare il nulla davanti a me, perso nei pensieri assillanti che l'acqua calda aveva incrementato. "Sembri un po' giù." Levi rincarò la dose. La voce bassa e ferma, sicura di ciò che stava dicendo.

"Sì... Tutto a posto." tirai su col naso. Mi presi mentalmente a schiaffi per aver ceduto ad una reazione così naturale, ma non ero proprio riuscito ad evitarlo.

"E allora cos'era quello?" Levi fece cenno al mio gesto inconsulto. Gli occhi indagatori fissi sul mio viso arrossato.

"Niente... Un po' di allergia." bofonchiai. Mi sorpresi di non vedere Levi scoppiare a ridermi in faccia per l'idiozia che avevo sputato. Neanche un bambino di cinque anni ci avrebbe creduto, eppure il primo istinto fu di mentire. Se avessi davvero aperto quel rubinetto di paranoie non saremmo mai arrivati in mensa.

"Jaeger, siamo a Dicembre. E' tutto morto. Non mentire, non a me. Dimmi.Perchè.Sei.Triste." scandì ogni singola lettera, perforante tanto quanto gli occhi plumbei che stavano aprendo due grossi buchi sul mio viso sconvolto. Non che non provai a resistere a quel tono autoritario. Mi concentrai sul tintinnio metallico della nostra camminata e sui tonfi dei nostri passi pesanti, ma non potevo prendermi in giro a lungo. Levi era come una chiave. L'unica in grado di far scattare le serrature dei miei cassetti segreti. L'arma più letale e la cosa più preziosa che potessi avere, finché non l'avrei persa. Ingoiai un singhiozzo e liberai la gola dal nodo opprimente.

"Quando te ne andrai ti dimenticherai di questo posto e un giorno incontrerai una bellissima ragazza. Ti sposerai e... avrai dei bambini e... ti scorderai di me. Alta, bionda, perfetta in tutto. Non voglio essere il bambino egoista che ti tiene incastrato, ma... non voglio che tu vada avanti. Non voglio che mi lasci. Non voglio che mi dimentichi." Ogni parola fu una coltellata allo stomaco. Una tortura per i polmoni che incameravano aria per non farmi scoppiare in un pianto. La gola doleva per la forza con cui aveva sostenuto la voce flebile, per non farla spezzare. Accanto a me Levi si impalò sul posto. Il polso strusciò contro alla manetta tirata dalla sua frenata. La catena risuonò quando il corvino mi aggirò. Il suo viso mi invase. Si piazzò dritto davanti a me. La faccia furente e la piega imbronciata delle sopracciglia accentuata mentre le mani si serravano sul colletto della mia camicia.

"Jaeger, che cazzo stai blaterando?" disse tra i denti. Gli occhi ridotti a due fessure argentee nei miei, sgranati e ipnotizzati da tanta stupefacente rabbia. "Dove sta scritto che io debba andare avanti? Che io debba dimenticarti, huh?" giurai di aver visto un lampo di dolore nel viso teso quando ripeté le mie profezie. "I miei diciotto anni sono forse un punto di rottura? Tu ne hai sedici. La legge di Romeo e Giulietta cade a pennello. Il fatto che me ne andrò significa la fine per noi? Col cazzo! Ti scriverò delle lettere se devo. Io starò in contatto. Non ho mai provato una cosa a distanza, ma posso farlo funzionare. Possiamo farlo funzionare. Se troverai qualcun altro quando tornerai a casa allora mi farò da parte, ma per il resto io ti aspetterò. Non guarderò mai più un'altra persona a meno che non sia tu a non volermi più." fece una breve pausa per un respiro profondo. Il mio morto a metà strada nella laringe. "Sono serio su questa relazione. Te lo giuro, Eren: tornerò per te e non ti lascerò finché non vorrai... Dio, quanto pensi che sia patetico?" il cipiglio furente si ammorbidì mentre gli occhi restarono sui miei. Le ultime parole furono quasi un sussurro. Entrambi eravamo spaventati da tanta determinazione, ma allo stesso tempo non potei non sentirmi incredibilmente felice. Anche in balia della sua presa ancora d'acciaio mi sentii caldo, rassicurato. Non mi ero mai sentito così con nessuno. Non avevo mai avuto bisogno di qualcuno come ne avevo di Levi. Ogni fibra del mio animo era irrimediabilmente connessa a lui. Sorrisi, riscaldando le guance arrossate. "Dì qualcosa, Eren." ispezionò la mia espressione in una calma attesa. Afferrai i suoi polsi, beandomi del contatto con la pelle fredda.

"Ti amo." sussurrai contro alle sue labbra. Paura e sicurezza miste in quell'alito di sentimento che investì Levi come un uragano. Il corvino fu preso del tutto in contropiede. Le mani si slacciarono dalla camicia, finendo tra le mie. Sembrava che avesse appena preso un pugno nello stomaco. Non vedevo neanche più il petto sollevarsi nell'automatico gesto della respirazione. La sua espressione restò indecifrabile finché una nuova luce balzò negli occhi che scattarono sui miei. Afferrò la mia testa ai lati. Le mani ben salde tra i capelli e la fronte premuta contro alla mia.

"Eren." pronunciò il mio nome con intensità, rafforzando la presa delle dita gelide. "Eren ho un sacco di problemi relazionali, ma te lo dirò. E' uno schifo che non riesca a dirlo ad alta voce, ma non perché non lo provi. Risolverò queste seghe mentali e te lo dirò anche io. Fosse l'ultima cosa che faccio, Jaeger." suonò minaccioso. Una frustrazione pesante contro se stesso e ciò che l'aveva reso così, di cui non potevo sapere nulla, ma non era importante. Restai fermo tra le sue mani.

"Va tutto bene. Non mi aspettavo una risposta. E' tutto un po' di corsa." ammisi, sinceramente e a cuor leggero, ma il corvino dissentì all'istante.

"Non mi sembra proprio viste le circostanze." si spostò dalla mia fronte solo perché potessimo guardarci in volto. Nei miei occhi cercò un barlume di ragionevolezza. "Ci conosciamo dall'anno scorso e non ci siamo sempre odiati. Eravamo piuttosto uniti quando siamo arrivati, non ti ricordi? Poi qualcosa è cambiato. Non so bene cosa, ma abbiamo iniziato ad odia-" Levi si bloccò, colpito da un fulmine a ciel sereno. "Ah sì, mi ricordo! Era Marzo. Mi resi conto che volevo venire a letto con te, ma non volevo rovinare quello che avevamo così dissi qualcosa di stupido su tua madre. E poi, essendo lo stronzo che sono, non mi sono più scusato." scosse la testa, svergognato.

"Ah hai ragione! Dio avevo persino dimenticato perché ti odiassi. Insomma, sapevo di odiarti, ma non ricordavo il motivo. Ma ora che ci penso non credo neanche che fosse odio, Levi. Ero arrabbiato perché da un giorno all'altro avevi preso a fare lo stronzo. Credo di essere stato anche contento però che ti fossi allontanato. Ero sempre così preoccupato di fare qualcosa di stupido o imbarazzante davanti a te... ma non riuscivo davvero ad ignorarti." risi debolmente, rassegnato ai strani metodi operativi del destino. "Sei come una droga, Levi. Dai dipendenza. Pensa a dove saremmo ora se non ci fossimo tirati indietro a Marzo." fantasticai, suscitando la risposta pronta del corvino.

"Dio, a quest'ora saremmo sposati." Levi sorrise, facendo stendere anche le mie labbra in una smorfia tanto dolce da essere quasi imbarazzante, ma era impossibile restare neutri davanti al suo volto intenerito.

"Oh forse è meglio che sia andata così." cercai un motivo valido per allontanare la sensazione corroborante di aver perso un sacco di tempo con lui. "se ci fossimo messi subito insieme, magari a quest'ora ci saremmo già lasciati. Coltivare una relazione qui dentro è dura. Forse avevamo bisogno di vedere cosa significa essere nemici prima di lasciarci andare in un rapporto." feci spallucce.

"Sì, forse hai ragione. L'unica cosa che conta ora è che sono con te e sono felice."

"Anche io, Levi."

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora