26. VECCHI AMICI

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LEVI'S POV

La notte passò troppo in fretta e intorno alle cinque Morrie, lo staff di turno, venne a scuotermi una spalla per svegliarmi. Era stata la prima notte sul mio letto, lontano da Eren. Dopo essere stati slegati non avremmo potuto farci sorprendere a dormire insieme o a quel punto neanche le mie risposte evasive ci avrebbero salvato. Inutile dire che lontano dal suo corpo caldo le ore di sonno si erano ridotte a due. Per questo scostai irritato la mano di Morrie. Anche un cieco si sarebbe accorto che ero già sveglio. Impiegai comunque qualche minuto per muovermi. La verità era che non volevo lasciare Eren. Il suo flebile russare dalla branda di sotto era così rassicurante.

"Levi, coraggio è ora di andare." Morrie bisbigliò. La fulminai con un'occhiata scocciata e le intimai di lasciare la stanza. Strisciai sul materasso e con cautela mi stirai fino a toccare il pavimento e atterrarvi in punta di piedi. Stavo mettendo tutto me stesso per non svegliare il mio ragazzo, sapendo che se l'avessi fatto sarebbe stato ancora più difficile andare via. Afferrai lo zaino e sgattaiolai fino alla porta. Con la mano a mezz'aria sulla maniglia però mi bloccai. La sensazione di aver dimenticato qualcosa mi colpì in pieno petto. D'improvviso mi sentii vuoto. Troppo leggero, come se non avessi più un piacevole peso addosso. Sospirai affranto. Era troppo strano e sbagliato non essere più attaccato ad Eren. Girai sui talloni e attivando ogni muscolo per non emettere alcun rumore tornai da lui, avventurandomi sul suo letto. Mi godetti il calore del suo corpo sotto al mio, sospeso su mani e ginocchia per non toccarlo. Mi piegai e lo baciai in fronte. La pelle olivastra mi scaldò le labbra che continuarono a bruciare anche quando mi staccai. Anche se era decisamente nel mondo dei sogni un sorriso trasognato si fece largo sul viso del moccioso e non mancò neanche un mormorio di apprezzamento. Risi attraverso il naso e imprimendo quella meraviglia nella memoria, a malincuore me ne andai. Una volta fuori rabbrividii per l'aria gelida del mattino. Fortunatamente il viaggio in aeroporto fu tranquillo. Morrie sapeva bene che era meglio non parlarmi appena sveglio. Mi lasciò il mio cellulare quando scesi dall'auto con lo zaino e i biglietti in mano. Gli feci un cenno in saluto e mi preparai al primo dei due viaggi. Mi toccava volare a Charlotte e da lì prendere il diretto per New York. Il primo volo durò una trentina di minuti scarsi. Non ebbi molto tempo per pensare e in men che non si dica ero già nel minuscolo aeroporto con davanti due ore di attesa prima del volo più lungo per casa. Approfittai della restituzione del cellulare per dare un'occhiata ai vari social. Erano passati sei mesi dall'ultima volta che avevo avuto accesso al mio telefono. Sulle prime, guardai qualche foto per ricostruire le vite dei miei amici nell'ultimo periodo, ma c'era semplicemente troppo che mi ero perso e in ogni caso mi resi conto che l'attenzione era pari a zero. Ricordavo si e no due delle seicento immagini e post che avevo visto. Eren era costantemente in sovraimpressione, occultando tutto ciò che mi passava davanti agli occhi. Serrai le palpebre e il suo adorabile, irresistibile rossore si impossessò di me. Agguantai un libro per distrarmi, ma dopo qualche pagina scorsa frettolosamente rinunciai. L'aspetto del protagonista continuava a mischiarsi con le caratteristiche di Eren e fu così che finii per infilarmi un paio di cuffie nelle orecchie e violentarle con un po' di musica rap. L'unica cosa concreta che riuscii a fare fu scrivere ad una mia vecchia amica, Petra. Impiegò solo qualche secondo prima di rispondermi.

Petra:
Oh mio Dio, Levi! Come stai?

Torno a casa questo weekend. Usciamo?

Petra:

Certo. A che ora sarai qui?

Tra circa quattro, cinque ore.

Petra:

Ottimo. Ora devo tagliare che sono a scuola, ma fammi sapere quando arrivi.

Alzai gli occhi a quella scusa cretina. Da quando Petra era una studentessa modello? Lasciai perdere, concentrando le mie attenzioni e le mie risorse finanziarie sul costoso caffè dell'aeroporto. Una volta finita quella brodaglia andai al mio Gate. Strano a dirsi la fortuna fu dalla mia parte. L'aereo arrivò prima e con un'ora di anticipo eravamo tutti seduti ai nostri posti e pronti al decollo. Dovetti ricredermi quasi subito comunque. Vicino a me finì una ragazzina con dei codini da minorata mentale e un orrido vestito rosa. Tenni lo sguardo fisso al finestrino, ma i suoi occhi ossessionati dal sottoscritto erano ben riflessi nel vetro e fui tutto tranne che sorpreso quando si decise a parlarmi.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora