13. PETTEGOLEZZI

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"Ho sentito che sta con un ragazzo più grande..."

"E' gay? Che palle. E' così carino."

"Quanto più grande? Non farà il mantenuto con un vecchio riccone..?"

"Oddio, vero! E se fosse tipo una prostituta?"

"Beh, in effetti se si vende agli uomini non ha neanche il rischio di avere dei figli indesiderati. Bella pensata. Fare la puttana dei gay. Che cosa assurda."

"Oddio, io l'ho baciato ad una festa. Che schifo!"

Non ne potevo più. Era il mio primo giorno di scuola ed ero all'inferno. Non avevo idea di dove fossero le aule per le mie lezioni e avevo constatato che non potevo chiederlo a nessuno. Quei bisbigli irritanti erano ovunque, insieme alle occhiate furtive che gli altri studenti mi lanciavano in mezzo al corridoio. Ero passato da giocatore di Football, sballato alle feste e amico di tutti allo sfigato senza un straccio di nessuno con cui parlare. Non avevo le palle di tornare dai miei vecchi amici. Era passata troppa acqua sotto ai ponti e comunque non mi facevo più. Senza le abitudini che avevo combattuto ad Asheville, tornare nel gruppo sarebbe stato impossibile o comunque rischioso. Mi infilai le cuffie nelle orecchie e tirai su il cappuccio della felpa di Levi, prendendo a camminare a testa bassa e alla velocità della luce verso le mie prossime lezioni. Tuttavia, non passò molto prima che una mano si piazzasse decisa sulla mia spalla, facendomi voltare.

"Niente cellulari a scuola, Jaeger. Conosci le regole." il signor. Lawrence, professore di educazione fisica, mi rimproverò. "Un'ora di punizione dopo scuola, giovanotto."

"Ah, giusto." borbottai. "Scusi." potei sentire i risolini soffocati che si trasformarono solo in ulteriori pettegolezzi sul mio passato.

"Ha saltato l'anno scorso perché era in galera."

"Non era per un grave lutto in famiglia che si era dovuto trasferire?"

"Questa è la scusa che è stata rifilata a tutti. Forse l'hanno beccato che si prostituiva e quindi l'hanno arrestato."

"Ma sua madre è ricca. Perché dovrebbe darsi via? Per pagarsi la roba?"

Tutte quelle stronzate erano decisamente troppo e la voglia di correre fuori di lì per non tornare mai più era tanta, ma presi un bel respiro e continuai per la mia strada. Dovevo diplomarmi e non solo per me, ma anche per Levi e Poppy. Spesi così le mie lezioni. L'intera mattinata fu un viaggio tra i ricordi e le fantasie sulle persone importanti della mia vita. Pensai alla mia futura figlia. I suoi dolci occhi grigi e le fossette del suo sorriso ingenuo. Non c'era un altro bambino sulla faccia della Terra con cui avrei voluto passare tutto il tempo che volevo trascorrere con Poppy. Era risaputo che non amassi i bambini, ma Poppy era diversa. Poppy Elizabeth Ackerman aveva il mio cuore stretto tra le sue manine ed io ero completamente pazzo di lei e di suo padre, tanto da essere sicuro di sopportare quell'inferno per altri nove mesi. Ciononostante, dovetti comunque fare i conti con la vergogna in cui mi sentii sprofondare quando tornai al mio armadietto, prima della pausa. Vidi di sottecchi alcuni ragazzi della squadra di Football ridere senza pudore mentre io avvampavo di fronte al post it ingombrante sul mio sportello in acciaio. Puttana. Una semplice parola che bastò a farmi rabbrividire e a buttare tutti i libri dentro alla rinfusa per poi scappare a gambe levate da quei bastardi con un pessimo senso dell'umorismo. Passai indenne la mia ora di punizione, molto più tranquillo rispetto alla mattinata che avevo trascorso a testa bassa, schivando qualsiasi sguardo maligno. Quando l'ora finii, alle sei di sera, corsi a casa come un fulmine, rifiutando l'invito di Mikasa e Sasha di andare a surfare, ma promettendo di andare il mattino successivo. Anche Petra provò a cercarmi per una maratona di C.S.I in televisione, ma buttai il telefono sotto al cuscino e mi rinchiusi in camera. Pensando a quanto mi mancasse Levi, sentii le forze abbandonarmi e il buio mi sovrastò.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora