38. ME NE OCCUPO IO

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Il mattino dopo fu decisamente difficile. Non avevo chiuso occhio per cui non sarebbe stato appropriato dire che mi ero svegliato di soprassalto. Più semplicemente avevo passato una dolce eternità in compagnia di Levi, a riversare lacrime amare e dichiarazioni d'amore tra le sue braccia strette al mio corpo tremante. Una volta che entrambi avevamo trovato la forza di separarci me ne ero tornato in camera e, in mezzo ai compagni persi in un sonno tranquillo, avevo iniziato a scendere a patti con tutto quello che ero venuto a sapere. Le ultime ore prima della sveglia le avevo passate in preda ad una frenesia delirante. Mi ero crogiolato in una crudele soddisfazione nel sentire la viscida pelle di Trevor sui polpastrelli mentre lo strangolavo con tutta lo forza dei muscoli tesi da quelle fantasie sanguinarie. Né la doccia né il vispo sorriso di Armin avevano intaccato la stretta della mascella, tanto serrata che potevo quasi sentire i denti sbriciolarsi sotto a quella pressione furente.

Non so come le chiacchiere insensate del biondo riuscirono a trascinarmi in mensa per la colazione con la fedina penale ancora immacolata. Appena entrati vidi proprio Trevor e non mi vergognai di sentire un piacere perverso agitarmi le viscere nel fantasticare sul suo coltello da pane ficcato dritto in mezzo al suo petto. Lo guardai torvo. Se ne stava lì a trangugiare la sua colazione senza neanche una stupida riga di preoccupazione su quella faccia del cazzo.

"Guarda, c'è ancora posto al tavolo di Levi." la voce ignara e rilassata di Armin mi riscosse. Un tipo diverso di brividi mi solleticò la nuca quando individuai il corvino seduto da solo al tavolo del nostro dormitorio. Non feci fatica a seguire Armin e prendere posto accanto a lui, proprio di fronte a Levi. Le ciocche scure ricoprivano quasi per intero il viso riverso sulla tazza povera di cereali, ma il dolore dell'essere ignorato non era poi così intenso. O meglio, sapere che mi amava come prima mi riscaldava abbastanza da non soffrire a causa sua. Tuttavia non potevo escludere la stretta acida allo stomaco nel conoscere il vero motivo della sua finta indifferenza. Non mi preoccupai di mangiare, torturando i fiocchi galleggianti con il cucchiaio. Li spingevo quanto bastava per farli affondare nel latte e una volta tornati a galla mi ripetevo, sotto allo sguardo stranito e curioso di Armin. Levi, silenzioso come un fantasma di fronte a me, era l'unica cosa che mi teneva ancorato al buon senso. Per la prima volta lo ringraziai silenziosamente per assopire la mia nuova vocazione di serial killer. Ciononostante mi sentivo a un passo dall' esplodere. Decisi, preda della furia silente, che non avrei mai più lasciato il mio ragazzo da solo con quello stronzo, in nessuna dannata circostanza.

"Eren, sicuro che vada tutto bene?" sobbalzai al terzo grado poco discreto di Armin. Gli occhioni celesti già convinti di aver visto abbastanza sul mio volto teso. Non ebbi neanche il tempo di elaborare la risposta che la voce di Trevor si materializzò con lui al nostro tavolo. Potei chiaramente sentire lo stomaco capovolgersi dal disgusto. "Devo rubarvi Levi per un po'. Abbiamo in programma una lunga sessione." Trevor annunciò con il solito tono calmo e trasparente. Rivolse a Reagan un sorriso cordiale, attivando ogni mio istinto omicida mentre Levi stampava le mani sul tavolo per aiutarsi ad alzarsi. Reagan annuì e con Levi in piedi accanto a Trevor un sacco di cose successero alla rinfusa. Mi buttai sul tavolo, travolgendo il povero Armin che si sporse indietro per non farsi sommergere. Non appena avvertii la pelle fredda del polso del corvino tra le dita questi scosse il braccio fulmineo, sciogliendosi dalla mia presa. La mossa però gli costò caro. La sua scodella finì vittima dello scatto, rovesciandosi sul tavolo in mezzo a noi. Non fu un rumore assordante, ma fu abbastanza per far voltare Reagan e Trevor all' unisono per sentire cosa avevo da dire. "Non se ne parla!" sibilai tra i denti quasi inconsciamente. Neanche di fronte ad un sordo avrei potuto rimangiarmi quell'errore fatale. Levi sbuffò. Un misto di preoccupazione e frustrazione sul volto algido. Rendendomi conto della situazione, tentai inutilmente di rimediare. "I-Io..." balbettai. Gli occhi sgranati inchiodati da quelli vagamente incuriositi di Trevor. "Ecco anche io volevo parlarti e voglio farlo per primo." nascosi il più possibile il tremore nella voce. Una fredda consapevolezza iniziò ad affondare nello stomaco chiuso davanti al sorriso del terapista.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora