21. QUALCHE TIMORE?

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Uscimmo per constatare che era un'altra giornata piovosa. Nulla a che vedere con i temporali precedenti, ma c'era ancora abbastanza pioggia perché le scarpe affondassero nel fango con somma gioia di Levi. Dopo una mattinata tranquilla, spesa a guardarci negli occhi con espressione trasognata, Trevor ci aveva ricordato l'appuntamento con lui. Così avevamo percorso di nuovo la stradina adibita per gli uffici dei consulenti. Bussammo all'unisono con la mano libera, mai più contenti di entrare in un posto asciutto. Mentre sprofondammo sul divano, Trevo si apprestò a digitare la password del suo computer.

"Pronto per la chiamata, Eren?" la domanda attutita dalle dita zampettanti sulla tastiera. Annuii al ritmo di un click del mouse. Non appena lo schermo lampeggiò con il simbolo della chiamata in entrata mi raddrizzai con la schiena. Al mio fianco avvertii Levi muoversi impercettibilmente, influenzato dai miei gesti. Inalai una boccata del suo profumo come palliativo alla voglia che avevo di stringerlo. Tornai concentrato al viso di mia madre intervallato dai pixel. Il suo largo sorriso invase lo schermo mentre agitava la mano in un saluto silenzioso.

"Ciao mamma." sorrisi di rimando. "Questo è Levi. Il ragazzo a cui sono incatenato." Indicai il mio vicino con un gesto rapido del pollice. Levi premette le labbra in un sorriso educato e composto e alzò la mano in un saluto rapido. Era decisamente più bravo di me a dissimulare l'imbarazzo. Sapevo che non erano presentazioni ufficiali, ma non potei trattenere il cuore dall'andare a mille.

"Ciao Levi! Io sono Carla. Che bello. Finalmente riesco a dare un volto ad un nome." Respirai rilassato. Ero felice che mia madre fosse carina con lui. I suoi dolci occhi ambrati riuscirono a strappare un altro sorriso al corvino. Certo, era una debole smorfia di cortesia, ma per Levi era già un traguardo che in pochi riuscivano a fargli tagliare.

"Allora, iniziamo. Cosa dite?" solo in quel momento ci ricordammo di Trevor, in attesa davanti allo schermo. Annuimmo all'unisono. "Come state Carla? Tutto bene?" chiese il terapista con la solita formula cortese.

"Tutto bene, Trevor. Tu?" mia madre mantenne un tono più informale.

"Tutto benissimo. Okay, ti ricordi cos'avevamo progettato per oggi?" Trevor guardò mia madre, comunicando qualcosa con gli occhi che a quanto pare le accesero una lampadina.

"Oh, giusto. Solo un attimo!" senza che nessuno potesse rispondere sparì dall'inquadratura. Non ebbi neanche il tempo di ragionarci su che tornò in postazione. Tra le braccia la mia sorellina adottiva, Mikasa.

"Ciao Mika!" esclamai. "Come stai?" chiesi a voce alta, sporgendomi verso il computer e trascinando Levi con me.

"Oh Eren! E' così bello vederti!" i capelli neri si agitarono in preda ai movimenti eccitati della testa, arrivando a toccare solo fino al mento.

"Ti sei tagliata i capelli?" Mikasa sorrise, lusingata e si portò una ciocca dietro all'orecchio.

"Sì! Ti piacciono?"

"Ti stanno benissimo Mika." non riuscivo a smettere di sorridere. Era da un anno che non la vedevo. Le altre chiamate erano solo per mia madre, parte del piano terapeutico. "Questo è Trevor, il mio terapeuta e questo è Levi. Siamo ammanettati per un'azione correttiva." Levi accanto a me aggrottò le sopracciglia.

"Che cos'è un'azione correttiva?" chiese Mikasa curiosa.

"E' una specie di punizione per quando si fa qualcosa di sbagliato. Ci siamo presi a pugni e Trevor ora vuole che impariamo ad andare d'accordo quindi siamo legati per un po'." spiegai senza un briciolo di irritazione. Il che, mi dissi, avrebbe potuto essere sospetto, ma da quando ero giunto ad un quadro completo dei miei sentimenti per Levi quella mattina, non mi andava proprio di fingermi arrabbiato con lui.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora