16. ARMIN

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"Ora devi solo chiedere scusa ad Armin." cinguettai, sorbendomi in risposta un grugnito animalesco da parte di Levi, che non mancò di darmi una gomitata al braccio prima di trafiggermi con i suoi occhi tormentati. Mi guardai in giro per sfuggire alle ire del corvino e cercare il mio migliore amico che però non si vedeva da nessuna parte. "Andiamo a lavarci le mani." annunciai contento al corvino che mi rifilò un debole cenno e si alzò.

Arrivati in bagno le mie aspettative non furono deluse e ci imbattemmo proprio in Armin, tutto impegnato a lavarsi le mani e fischiettare sottovoce. La nostra improvvisata lo spiazzò al punto da farlo sobbalzare. Scattò impaurito verso di me per poi spostarsi su Levi. Puro terrore negli occhi celestiali. Il caschetto biondo ondeggiò quando si fece piccolo piccolo contro alla parete. Le mani alzate in segno di resa. Mi girai e vidi le occhiate minacciose di Levi che avevano inchiodato Armin in uno stato di panico perenne. Lo strappai da quello stato di trance omicida con una spinta poco delicata. Il corvino sbuffò, roteando gli occhi plumbei. "Hey Armin, come va?" dissi la cosa più semplice che mi passò per la testa per alleggerire l'atmosfera.

"Ci- ciao, Eren."

"Armin, Levi ha una cosa da dirti." Levi al mio fianco sospirò pesantemente, distorcendo la bocca in una smorfia di disgusto.

"Sta a sentire." si fermò, pensieroso. "Sono stato uno stronzo." espirò sonoramente, terrorizzato e stizzito da ciò che stava per dire. "Mi dispiace. Dovrei essere più, uh, educato. Sei l'amico del moccioso. Non voglio ucciderti. Jaeger dice che sei preoccupato che voglia farti fuori, ma non è così. Non farò del male né a lui né a te, quindi non preoccuparti. Ecco, direi che è tutto."

"Perché sei stato cattivo con lui, Levi?" infierii, approfittando dello stordimento in cui le scuse forzate l'avevano gettato. Usai il tono condiscendete che entrambi ci sorbivamo alle sedute di terapia e incrociai le braccia, dandomi un'aria adulta e professionale, ma anche autorevole. Levi mi fulminò con uno sguardo omicida prima di voltarsi lentamente verso Armin, la cui espressione era un mix poco amalgamato di confusone e paura.

"Io, uh, ero geloso, okay? Temevo che, finita la storia delle manette, Jaeger mi avrebbe piantato e non volevo. Quindi scusa. Prometto di essere gentile con entrambi, sfigati." Levi fece del suo meglio per mantenere la postura rigida e la maschera di fredda indifferenza con cui assoggettava l'intero dormitorio, ma ormai lo conoscevo abbastanza da captare i fremiti di imbarazzo nelle pause tattiche e i movimenti incontrollati delle labbra solitamente ferme. Trattenni un sorriso compiaciuto e per fortuna Armin parlò, rendendomi le cose più facili.

"Okay evi, ma avrei una domanda." Armin sorrise, lanciandomi uno sguardo implorante di rassicurazione. Annuii convinto, dandogli la spinta giusta per continuare.

"Cosa siete voi due, esattamente?"

"Armin." presi parola, già pronto ad affrontare quella parte del discorso. "Levi è il mio ragazzo." Gli occhi chiari si sgranarono in sospesa. Cercò di riprendersi, annuendo deciso. Le ciocche bionde si sparsero sul viso infantile.

"Okay." fece una pausa, cedendo all'impulso di guardare le punte delle sue carpe. "Buona a sapersi." Gli avvolsi le spalle con il braccio sinistro, stringendolo in un abbraccio veloce prima di lasciarlo andare con un sorriso.

"Okay, bella chiacchierata." Levi si intromise, chiaramente determinato a porre fine a quell'incontro non voluto. "Siamo a posto?"

"A posto. Prenditi cura di lui e se fai lo stronzo con il mio amico ti giuro che i rituali che praticherò non saranno per niente piacevoli." Armin stava studiando la stregoneria Wiccan e ormai era diventato un vizio minacciare la gente con riti magici, anche se la sua religione era contraria alla vedetta.

"Piccolo bastardo schifoso." Levi mormorò sottovoce, uscendo dal bagno. Quando tornammo al tavolo gli strinsi la mano stando attento a non farmi vedere e gli sorrisi.

"Grazie, Levi." continuai a sorridergli, sicuro che il volto serio si sarebbe limitato a rispondermi con un'alzata di sopracciglio. Non potei non rimanere sorpreso quando le labbra si piegarono in un sorriso. Fu un gesto così inaspettato. Gli angoli della sua bocca si abbassarono alla velocità della luce, ma ero sicuro di quello che avevo visto. Quella fu al prima volta che lo vidi sorridere veramente, con i denti scoperti e tutto il resto. "Hai sorriso." mormorai, quasi tra me e me come a volermi convincere che fosse tutto vero. Levi Ackerman mi aveva sorriso.

"Per te vale la pena sorridere." si bloccò, gestendo alla bene e meglio il rossore che minacciava di salirgli in viso. "E chiedere scusa ad Armin.". Rise. Forse un po' per la vergogna del momento, ma Levi scoppiò in una risata. Non in un risolino sarcastico o strafottente. Il mio cuore era sul punto di esplodere, disintegrandosi in un miliardo di pezzi. Quei lineamenti perfetti si erano stravolti per ridere, per me. Sapevo di essere nei guai mentre scendevo a patti con la consapevolezza di essermi innamorato.

JUST FIVE DAYS (TRADUZIONE ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora