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trigger warning!! // suicidio

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Armin si è sempre ritenuto fortunato:è nato in una famiglia amorevole e supportiva, con un dono unico, ha conosciuto persone straordinarie che sono diventati subito i suoi migliori amici.

Amava la sua vita, era grato di ciò che aveva. Ma ahimè, non tutto dura per sempre come nelle favole.

Il primo colpo avvenne con la malattia della madre quando aveva 15 anni. Le loro giornate iniziarono ad essere ripetitive e pesanti:controlli in ospedale, ricoveri in ospedale, visite in ospedale, solo ospedale per un intero anno.

Quelle pareti bianche, l'odore di pulito, le urla strazianti di pazienti malati divennero un incubo per Armin e sua madre.

Un infinito e soffocante loop.

L'unico che riusciva ad essere sereno era il padre, rassicurato dalle parole dei dottori che parlavano di un miglioramento nella donna e un rientro a casa. Ma più passavano i giorni, più l'opzione casa si allontanava.

Continuò ad aggrapparsi ad una speranza invana, ai finti sorrisi degli infermieri, alla preghiera, a qualsiasi cosa. Ne diventò ossessionato e Armin non riconosceva più il suo eroe.

Gli occhi del ragazzino guardavano con pietà, un uomo graffiarsi l'anima piena di disperazione all'idea di perdere la donna amata.

Armin tentava di parlarci, di rassicurarlo, di distrarlo. Ma l'uomo lo allontanava con violenza, lasciando l'ombra del suo dolore prendere il sopravvento.

La piccola testolina di Armin si riempì di dubbi e incertezze sul rapporto paterno:"e se non fossi abbastanza come figlio?", "perché si tormenta così tanto?", "perché non si fa aiutare?", "perché beve così tanto?"

L'odore di alcol del padre si sentiva ogni dannata volta che rientrava a casa, trovandola sempre in disordine e piena di bottiglie vuote sparse sul pavimento.

Ogni giorno trovava il padre dormire sul pavimento, dopo una sbronza. Ogni giorno lo guardava sperando si alzasse per mettere in ordine. Ogni giorno si chiedeva che fine avesse fatto il suo eroe. Ogni giorno, fino alla morte della madre.

La malattia la portò via, come Armin aveva previsto. Fu un duro colpo, ma ne era già al corrente. Inoltre era felice che sua madre non fosse più in quel luogo stretto e chiuso che era l'ospedale, finalmente libera dalla prigione del suo dolore.

Tuttavia non finì lì:il padre crollò definitivamente nella disperazione. Si chiuse in casa, perse il lavoro e bevve fino allo svenimento. Raramente toccava cibo e dimagrì pericolosamente in un batter d'occhio. E fu sempre Armin a dover sistemare il disordine in casa, a mettergli una coperta sulle spalle per non fargli prendere freddo, a chiedere un prestito agli zii.

Crebbe troppo velocemente per essere un ragazzino che aveva perso da poco la figura materna.

Si trovò un lavoro part-time per non pesare agli zii e permettere ad entrambi di avere ancora un tetto sulla casa. Tentò di parlargli, ma non volle mai ascoltarlo. Ci provava in continuazione, insisteva affinché lasciasse il passato alle spalle e tornasse alla sua vita. Tratteneva le lacrime dalla frustrazione e stringeva i denti, quando lo liquidava in maniera brusca.

Era stanco di provare, ma continuò lo stesso:sua madre avrebbe voluto che non si arrendesse. Pensò che se avesse continuato, il brutto periodo del padre sarebbe terminato e sarebbero tornati alla normalità.

Si aggrappò a quella sfuggente speranza, per dare sollievo alla propria anima mentre guardava quell'uomo scolarsi l'ennesima bottiglia di birra e spaccarla a terra. Sobbalzava ogni volta che sentiva il rumore dei vetri rotti.

the band//ereminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora