Ero arrabbiata.
Ero arrabbiata per essere stata tradita, per i miei ricordi falsi, quei ricordi di noi sulla spiaggia, nella sua soffitta o a cena dalla mia famiglia, ricordi infangati da menzogne e nessuna vergogna.
Ero arrabbiata con Ashton, perché un giorno mi bacia in un bagno chiedendomi scusa e un altro giorno rovina la scuola e mi prende in giro con un sorriso sghembo. Forse era questo ciò che intendeva come scuse in anticipo. Forse anche Luke intendeva la medesima cosa con "il mezzo col quale ti distruggerò".
Ero arrabbiata per la mancanza di certezze, poiché non avevo ancora capito cosa significasse "Capture" e cosa c'entravo io in tutto ciò.
Ero arrabbiata per il comportamento menefreghista di Luke, dato che avevo trascorso una notte insonne ad aspettare una sua chiamata o un suo messaggio. Probabilmente non avrei risposto ma sarebbe stato pur sempre un segno a suo favore, avrei ascoltato le sue scuse e io forse lo avrei perdonato. Non accadde nulla.
Ma ero soprattutto arrabbiata con me stessa, per essermi arresa e per aver mollato ogni indizio e strada che avrebbe portato alla verità.
Era difficile da comprendere la mia rassegnazione, ma era davvero così.
Mi ero arresa.
I giorni passavano ed evitavo gli sguardi dei ragazzi, o meglio dire... li avrei evitati, se ce ne fossero stati.
Come se mi leggessero nel pensiero anche loro mi evitavano e non mi prestavano la minima attenzione, era come se per loro non fossi mai esistita.
E vorrei dire lo stesso per loro, ma so che mentirei a me stessa, perché erano entrati dentro di me e come dei parassiti mi avevano disintegrata dalle mie certezze e dei miei progetti, mi avevano abbandonata e lasciata sola con me stessa, una nuova me stessa. Era difficile ammetterlo eppure mi avevano cambiata più di ogni altra cosa al mondo, lui mi aveva cambiata, con ogni suo sguardo, ogni suo tocco, mi aveva lasciato un segno permanente che solo con la distanza sarebbe scomparso.
Ma la distanza sarebbe bastata?
Ripresi a studiare, o almeno ci provai. Dopo quella F del compito di psicologia mi domandai quale fosse il vero senso dello studio e della conoscenza. In fondo non sapevo ancora cosa desiderassi dalla vita, avevo solo la parola "università" stampata sulla fronte. E poi? Poi cosa avrei fatto? Puntavo così tanto al massimo che non capivo nemmeno cosa significasse realmente. Cosa servisse la biochimica e la matematica ad uno scrittore, cosa servisse la letteratura ad un meteorologo oppure a cosa servisse la psicologia a un pazzo.
Non sapevo nulla di tutto questo, non sapevo cosa desideravo e a cosa aspirassi veramente; la mia famiglia mi aveva sempre trasmesso la sua ambizione e io, solo in quel momento, percepii la sensazione di vuoto. Del nulla.
Avevo trascorso la mia vita a studiare, a isolarmi da tutti e da tutto. Poi però cosa avrei fatto? Gli amici non li avevo e solo in quel momento capii il mio terribile sbaglio, lo sbaglio di giudicare le persone. Avevo giudicato male o bene i ragazzi? Inizialmente li credevo dei pericoli, poi cambiai idea e mi feci sopraffare dalle nuove emozioni che suscitavano in me infine però le mie idee si risultarono esatte poiché erano davvero ciò che apparivano. Però non dovevo soffermarmi sulla prima sconfitta perché non tutti erano degli sbagli; forse avevo giudicato molte persone in modo sbagliato e solo ora percepii la grandezza dei miei errori.
I giorni passarono veloci e mi ritrovai a sabato con un mucchio di compiti da recuperare e una marea di pagine da studiare.
-SUMMER!- mi chiamò Isabelle dal salotto e sbuffai infastidita. Cosa voleva alle 20:00?
Scesi le scale di corsa e per poco non mi presi un colpo.
Che ci faceva a casa mia?
-Emh.. Ciao!- mi salutò con un sorriso.
-Chi è?- mi domandò Isabelle. -Mi ha detto che aveva un appuntamento con te- si giustificò quando le lanciai uno sguardo tagliente.
-Lasciaci soli, per favore- le dissi e lei ubbidì.
Mi avvicinai al ragazzo in vesti eleganti e con i capelli tirati all'indietro.
-Emh.. io.. vedi sto studiando e...-
-Non importa.- mi interruppe con un gesto della mano. -Lo avevo immaginato... be' allora io torno a casa..- si voltò e io lo salutai, facendo per salire le scale quando il mio subconscio mi diede uno schiaffo e mi rimproverò freddamente.
-Connor- lo fermai. Si voltò a guardarmi, gli occhi pieni di aspettativa.
-Dammi cinque minuti per vestirmi- annunciai per poi salire le scale. Scorsi sul suo viso un sorriso luminoso.---
-Sono pronta!- esclamai giungendo in corridoio e sistemandomi il colletto della camicetta color panna.
-Wow.. cioè, andiamo allora- puntualizzò lui e mi aprì la porta per lasciarmi passare. Fortunatamente Isabelle non gli aveva fatto il terzo grado sul perché un ragazzo che non fosse il mio fidanzato mi avrebbe portato a cena.
Ma tu non sei fidanzata, mi ricordai.
In effetti avevo tutta la libertà di uscire con chiunque.
-Dove andiamo?- gli domandai appena entrammo nella sua Mercedes grigia.
-In un ristorantino non troppo sfarzoso, ma nemmeno troppo sciatto.- proferì accendendo il motore. -Preferisci la via di mezzo, vero?-
Annuii, senza parole.
Come poteva un ragazzo sconosciuto conoscere tutte queste cose di me? E come poteva un altro non capirle?
Quando arrivammo a destinazione Connor mi aprì la porta da vero galantuomo.
Il ricordo di me e Luke sulla spiaggia mi attraversò la mente.
-Una prenotazione per Russel Connor, prego- disse il ragazzo al cameriere, il quale ci indicò un riservato tavolino con una tovaglia bordeaux e un piccolo focolare al suo fianco.
-Che bello!- notai con un sorriso.
-Concordo- sorrise.
Il sorriso di Luke mi sfiorò i pensieri.
Connor ordinò il piatto del giorno e ci fiondammo in una conversazione sulla letteratura francese e sulle differenze della cultura asiatica e quella africana. Quando finimmo la cena, gli occhi grigi di Connor si fecero più cupi.
-Qualcosa non va?-
Alzò lo sguardo di colpo, quasi fosse stato colto in fallo. Sorrisi per rassicurarlo.
-No.. emh.. io.. dovrei parlarti di una cosa.- si grattò il collo in segno di nervosismo.
-Dimmi.-
-Io.. ecco.. mi piace una ragazza.-
Schiusi leggermente le labbra e lui mi fermò dal dire qualunque cosa con un dito.
-Ma non sei tu.-
Okay.. ora non so davvero cosa dire.
-Oh-
-Mi spiace per aver dato la sensazione opposta ma..-
-Tranquillo- lo interruppi con un sorriso. -Sei un ragazzo stupendo, ma anche io provo solo amicizia per te. Non preoccuparti-
-Davvero?-
Annuii e la tensione parve essersi rilassata, o forse totalmente scomparsa. -Chi è la fortunata?- spezzai il silenzio.
-Si chiama Cindy. Da quanto ho sentito.. è nella tua classe.-
-Mhh.. Cindy Davis?-
-Esatto.-
-Sì la conosco. Cioè di vista dato che non ci parlo molto.-
Non parlo mai con nessuno...
Rise imbarazzato e le sue guance arrossirono teneramente. -L'ho vista in biblioteca e da quel giorno non smetto di pensare a lei. È come un pensiero fisso e se ti farebbe piacere, potremmo magari uscire un giorno. Oppure farmela incontrare se ti va di ven-
-Connor!- lo fermai trattenendo una risata. -Farò il tuo nome, ma un'uscita a tre...-
-In effetti è un'idea patetica- affermò alzando gli occhi al cielo.
-Grazie mille, Summer-
-Con piacere. Perciò.. mi avresti usata per raggiungere il tuo scopo?- chiesi in tono divertito.
-No no io..-
-Scherzavo!- dissi fra le risate. Chiacchierammo ancora per una mezz'oretta fino a quando la stanchezza si fece sentire e gli occhi mi si chiusero involontariamente.
-Scusa, è tardissimo. Avrei dovuto portarti a casa prima.- si scusò Connor. Era così tenero quando faceva così. Luke non si scusava mai per nulla.
-Sei ridicolo- lo ripresi e scoppiammo a ridere come bambini.
Proprio mentre il mio sguardo vagava per la sala mi soffermai su una cresta bionda fin troppo familiare.
-Summer?- mi richiamò Connor.
-Emh.. sì, sì ci sono..- balbettai. -Potresti chiedere un po' d'acqua? Grazie.- persi tempo ed ebbi la possibilità di accertare i miei dubbi. Era rivolto dall'altra parte, perciò non potevo vederlo in faccia e avere la certezza che fosse davvero lui. Magari ero solo paranoica. E poi c'era una bionda accanto a lui che continuava a succhiargli la pelle del collo, non poteva di certo essere Luke.
Deglutii e bevvi il bicchiere d'acqua in un sorso.
-Wow che sete!- scherzò Connor con un sorriso.
Sorrisi e ci alzammo entrambi, per poi raggiungere il bancone per pagare.
-Faccio io- si offrì e mi voltai per osservare il biondo da quella perfetta angolazione.
Oh, merda. È lui. È lui insieme a una ragazza e si stanno....
Respirai a fatica e quando Connor finì di pagare il conto, mi osservò curioso. -Summer? Cos'hai?-
-Eh? Emh.. niente- soffiai, per poi riportare lo sguardo sui due. Gli stava letteralmente facendo il lavaggio dei denti.
Riportai gli occhi sul viso di Connor e una strana vocina nella mia testa mi incoraggiava a compiere quella assurdità.
C'era un'unica possibilità che mi vedesse.
Meglio che niente, no? domandò retoricamente la vocina.
-Ho bisogno di un favore- proferii e, prima di lasciargli il tempo di rispondere, posai le mie labbra sulle sue.

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Astronomy {L.H.}
FanfictionC'era una linea sottile tra l'amore e l'odio, tra l'attrazione fisica ed emotiva, così fine che non mi ero nemmeno accorta di averla spezzata la prima volta che lo vidi.