2. Hey, stranger

1.7K 69 18
                                        

Non potevo davvero crederci.

Avevo seriamente trascorso mezz'ora in bagno per truccarmi alla perfezione, e la cosa più buffa e ridicola allo stesso tempo era che tutto ciò era stato fatto per apparire più presentabile possibile. Ai professori, cosa avete capito. Non di certo per quei quattro sbruffoni fotogenici.

Legai i capelli in uno chignon perfetto e delineai gli occhi con uno strato di eyeliner nero. Non mi misi il mascara, dato che possedevo già delle ciglia molto lunghe e folte, ma optai comunque per uno strato di fondotinta e blush. Come vestiario invece avevo deciso per un paio di jeans chiari non troppo attillati, una maglia rosa carne e gli anfibi neri; indossai l'orologio, non riuscivo davvero a vivere senza, e una leggera collana con il ciondolo di un'ancora.

Semplicità era la mia parola chiave.

Semplicità era perfezione.

Sentii vibrare il cellulare sopra il mio letto disfatto e con assoluta calma mi diressi verso l'aggeggio elettronico, sbloccando la schermata e trovando un messaggio da parte di Lily.
"Summy dove sei???? SEI IN RITARDO!!"

Spalancai gli occhi e cercai con lo sguardo l'orario sul telefono.
Sono in ritardo! Mancano solo 5 minuti!

Scesi di corsa le scale e cercai di fretta le chiavi del lucchetto della bicicletta.

-Tesoro, cosa cerchi? - domandò mia madre impegnata a leggere quei libri infruttuosi di cucina.

-Le chiavi della bici- soffiai impaziente e mia madre si alzò dal divano in pelle per recuperarle dentro un cassetto.

-Che ci facevano lì? - chiesi afferrandole.

-Colpa mia- si intromise mio padre in giacca e cravatta. -Buongiorno, papà- lo salutai.

-Come mai ancora qui? - mi domandò sorseggiando il caffè caldo.

-La sveglia- mi giustificai mortificata e lasciai loro un bacio prima di uscire di casa.

-Buona scuola- urlò mia madre prima che io mi chiudessi la porta alle spalle. Scesi gli scalini che portavano al marciapiede e sbloccai il lucchetto della mia bicicletta paleolitica. Il rosso scrostato mi sporcò gli anfibi e sospirai indignata.
Ma perché proprio ieri sera la mia auto doveva guastarsi obbligandomi ad uscire con questo affare di metallo arrugginito?

Dopo varie peripezie riuscii a raggiungere la Collingwood College indenne, gettai la bicicletta al lato del cortile e mi diressi verso l'entrata. Controllai l'orologio: un minuto esatto. A causa della mia concentrazione prelezione non mi accorsi della folla che sostava di fronte all'entrata della scuola e sbuffai infastidita.

-Cosa c'è ora...- borbottai. Senza farmene accorgere svoltai alla mia destra e salii la rampa di scale di ferro che portava direttamente alla mia classe. Una scorciatoia proibita. L'unica eccezione alla regola.

Il silenzio si impossessò nuovamente dell'aria circostante e sospirai sollevata.

Avevo sempre odiato il rumore, il fragore. Infatti ero nata fra libri e quaderni in assoluto silenzio e questo mi avevo sempre aiutata a non riempirmi la testa di distrazioni inutili: la musica, ad esempio.
"Ascolto musica per non pensare."

Quante frasi avevo sentito nella mia vita come queste. Che senso ha possedere un cervello e non pensare? Il pensiero è l'arte dell'anima e dei gesti, è frutto di uno sviluppo umano. Il pensiero è la vita quotidiana che accompagna gli individui come noi nelle fasi difficili e negli ostacoli dei vari avvenimenti. Nonostante questo, tenevo sempre un paio di cuffie nella mia borsa. Mi isolavano ancora di più nel mio mondo silenzioso.

Astronomy {L.H.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora