-Per domani ce la fai?- mi riprese mentre cercavo di far entrare la chiave nella toppa, ma le mani mi tremavano terribilmente.
-Fatto- esclamai aprendo la porta.
-Era ora-
Se non fosse stato ridotto così male lo avrei mandato a stendere in meno di un secondo.
-C'è qualcuno in casa?- chiese mentre richiudevo la porta.
-No, i miei lavorano e Isabelle è da un amic.. NO!- strillai quando lo vidi seduto sul divano bianco. -Sei sporco di sangue, alzati subito- lo rimproverai e quando si alzò non notai alcun tipo di macchia rossa.
-Ti avrei ammazzato se lo avessi sporcato- mormorai prendendogli il polso e indirizzandomi verso le scale.
-Non dobbiamo andare in bagno?- domandò fermandosi.
-È al piano di sopra-
Sbuffò e gemette quando dovette salire i gradini.
Entrammo in bagno e gli indicai di sedersi sul piccolo sgabello bianco accanto al rubinetto.
Aprii qualche armadietto per cercare l'occorrente per medicarlo e quando mi voltai per osservarlo, lo trovai intento a sfilarsi la maglietta, rimanendo a torso nudo. Il battito accelerò percettibilmente e boccheggiai cercando aria.
Com'è sexy. Sembra un dio greco.
Sorrise quando si accorse del mio atteggiamento e distolsi lo sguardo per prendere in mano un oggetto a caso. Lo posai subito quando lessi "crema vaginale".
-Hai ferite o solo lividi?- domandai fissando l'armadietto.
-Una ferita al braccio e un'altra sul petto-
Annuii e afferrai l'acqua ossigenata e un pezzo di cotone per disinfettare. Il braccio non sarebbe stato un problema, ma il petto...
-Ci sei?- chiese risvegliandomi dai miei pensieri.
-S-sì- pensai alla posizione in cui mettermi per medicarlo, quando Luke notò la mia indecisione e si indicò le gambe.
-Eh? No no, resto in piedi- balbettai bagnando il cotone con l'acqua ossigenata.
Per risposta mi afferrò bruscamente il polso e mi trascinò sopra di lui. Mi scappò un breve urlo per la sorpresa.
-Comoda?- soffiò sulla mia pelle.
-Sì.. cioè no, be'...-
-Shh- posò un dito sulle mie labbra. -L'acqua ossigenata evapora- disse, porgendomi il braccio e notai un lunga ferita verso il gomito. -Brucerà un po'- lo avvertii prima di posare il cotone e sentirlo gemere.
-Scusa- mormorai tamponando la ferita. Mi faceva male vederlo così.
Quando finii con il braccio tornai a fissarlo e lui mi indicò il cuore; corrugai le sopracciglia, non notando alcuna ferita. Ci fissammo per qualche minuto, le sue dita che sfioravano la pelle del mio braccio e i suoi occhi che scrutavano attentamente i miei.
-Mi sarò sbagliato- affermò sporgendosi per darmi un bacio sulla fronte, dove vi lasciò le labbra più del necessario.
-Devo mettere la pomata sui lividi- dissi rialzandomi e prendendo il tubetto grigio. Questa volta gli girai intorno per fermarmi dietro di lui; sulla sua schiena vi erano parecchi lividi blu, alcuni verdi con sfumature viola, come se non fossero del tutto recenti.
Schiacciai il tubetto sulle dita per poi posare la crema sulla sua pelle e vederla rilassarsi al mio tocco. Stesi il palmo per spargere la pomata, formando cerchi e linee e seguendo i suoi infiniti lividi.
Chi è stato a fargli questo?
-Vuoi parlare?- domandai per rompere il silenzio.
-No-
Schiusi le labbra per la sua risposta secca. Nonostante la quantità di volte in cui mi aveva risposto in quel modo, mi stupivo a ogni occasione.
Rimasi in silenzio, passandogli la crema sulle spalle.
-Parla tu- mi pregò, al ché mi fermai.
-Di cosa?-
-Di questa settimana-
Cosa avrei dovuto dirgli? Che dopo l'uscita con Ashton avevo cominciato a deprimermi perché mi mancava terribilmente Luke? Che passavo nottate insonni sui libri per non pensare a lui? Che quando lo vedevo baciarsi con una ragazza diversa ogni giorno affogavo nei miei singhiozzi silenziosi?
-È andata bene- dissi soltanto.
-Anche a me- rispose.
Quando finii con le spalle, sfiorai il suo collo solo per accarezzargli i capelli. Presa da un innato desiderio presi fra le dita una ciocca e mi sporsi per annusare il suo familiare profumo di tabacco e agrumi. Lui non mi fermò, lo sentii solo sospirare.
-Come mai ci ritroviamo sempre insieme, noi due?- diedi voce ai miei pensieri.
-Il destino ha voluto farci rincontrare- disse mentre mi mettevo di fronte a lui per passare la crema sul suo torace.
-Il destino non esiste. Esistono soltanto le probabilità e le coincidenze- puntualizzai osservando il suo corpo perfetto e massaggiandolo delicatamente.
-No, bambina, tu sei il mio destino e io sono il tuo.-
Nonostante il tono giocoso, ebbi un tuffo al cuore. Capriole e giravolte comprese.
Distolsi lo sguardo e toccai i suoi pettorali scolpiti, respirando a fatica.
-Ti sto mettendo in soggezione?- chiese col sorriso sulle labbra.
-Cosa? No, figurati.. perché dovresti, scusa?-
-Perché sono mezzo nud-
-Okay, okay, ho capito!- alzai le mani in segno di resa e risciacquai le mani con l'acqua del rubinetto. Presi una garza e l'avvolsi attorno al braccio di Luke, intento a fissarmi curioso.
-Perché lo stai facendo?- proruppe scuotendo lievemente la testa.
-Facendo cosa?-
-Sopportare tutto i miei casini, i miei guai e i miei problemi. Fare finta di niente quando ti tratto da schifo, oppure quando sorridi per le cose che dico o che faccio. Perché mi doni il tuo tempo mentre dovresti stare con qualcuno che ti meriti davvero e che ti possa rendere felice, togliere quella maschera da studentessa perfetta e renderti libera di ridere e divertirti, sentirti a tuo agio col tuo corpo e con la tua mente, provare emozioni così forti da far male fisicamente. Perché mi perdoni dopo le mie mille stronzate e mi curi le ferite che io stesso mi sono procurato, a causa del mio passato e delle mie fottute abitudini. Perché mi guardi con quei occhi maledettamente innocenti e mi mandi fuori di testa.- erano tutte delle domande, ma parevano delle assolute affermazioni.
Prese un lungo respiro e si morse il labbro. Abbassai lo sguardo, incapace di replicare.
-Non lo so perché lo faccio.. voglio solo dare una mano-
-Non ho bisogno di te, Summer King-
-Io sì, Luke Hemmings- dissi prima di uscire dal bagno e appoggiarmi al muro, scivolando a terra e prendendomi la testa fra le mani.
Avevo davvero bisogno di lui, delle sue risate, della sua passione, dei suoi tocchi, dei suoi abbracci e sì, anche dei suoi guai, dei suoi sguardi persi e della sua perenne maschera. Ma avevo anche bisogno di distanza, di spazio, perché non dovevo dipendere da qualcuno. Non lo avrei mai accettato.
Mi era mancato in quei giorni, ma cosa avrei potuto fare? Ordinargli di cambiare e buttare tutto all'aria per il mio egoismo?
No, non lo avrei fatto. L'unica cosa da fare era incoraggiarlo ad allontanarsi da me.
Mi rialzai e fiondai tesa in cucina, appoggiando le mani al davanzale di mogano.
-Summer- la sua voce spezzò il silenzio e presi un respiro profondo.
Dovevo farlo. Per lui. Per me.
Mi voltai e affrontai il suo sguardo dolce e curioso.
Era stupendo.
-Credo dovresti andartene- dissi d'un fiato, pronunciando le parole con l'amaro in bocca.
Parve stupito, ma annuì confuso e si lisciò una piega invisibile della sua maglietta.
Mi fissò per qualche secondo, prima di allontanarsi verso l'entrata e uscire di casa. Rilasciai l'aria che avevo trattenuto nei polmoni e gli occhi cominciarono a bruciare.Scoppiai a piangere, crollando in ginocchio sul pavimento e gridando il suo nome alla stanza vuota.
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Astronomy {L.H.}
FanfictionC'era una linea sottile tra l'amore e l'odio, tra l'attrazione fisica ed emotiva, così fine che non mi ero nemmeno accorta di averla spezzata la prima volta che lo vidi.