20 Gennaio 1831
Adélaïde rimaneva sempre in quella misera condizione; era ancora in vita ma non parlava più e mangiava appena e pure il suo amato iniziò a perdere ogni speranza. Fu visto molte notti camminare barcollante per i sentieri, con una bottiglia tenuta avidamente nella mano.
In una di queste sere passate in ebbrezza il dottore notò, una volta giunto a casa, che tutte le candele erano spente, nonostante le avesse lasciate accese. Probabilmente era stato il vento, ma ogni finestra era chiusa.
Entrò, facendo poco rumore, e si trovò nell'atrio desolato, quando, all'improvviso, il cielo divenne fosco ed un lampo illuminò la casa e la luce dei fulmini, filtrata dalle finestre, disegnò i contorni di una figura, che lo osservava dal parapetto del balcone.
Il dottore vide, dal portone ancora spalancato, un nero cavallo che batteva gli zoccoli sull'erba secca del giardino ed era come se si fosse materializzato in quei brevi attimi di terrore.
Il dottore sentì il gelo scorrere nelle proprie vene ed ogni speranza, che era già morente, andò via, mossa dall'incombenza di quel presagio.
"Chi è lei? Come mai è in casa mia?" gli chiese il dottore furioso ma tremante allo stesso tempo.
"Sono qui per aiutarla in realtà." gli rispose una presenza ancora velata dal buio.
"Nessuno può...avanti si faccia vedere almeno!"
La figura avanzò lentamente come richiesto, scendendo le scale e, rischiarata dalla flebile luce della luna, il dottore ebbe dinanzi ciò che fino a pochi attimi fu la sorgente del proprio terrore.
Indossava una tonaca scura, come se fosse un monaco. La pelle del suo viso pareva un velluto marmoreo; una di quelle opere realizzate con dedizione e talento magistrale. Gli occhi erano di un colore insolito e fu sicuro che mai ne avesse visti intrisi di quella lucente ambra.
Non riuscì a dir nulla poiché nulla mancava in quel volto, nessun accenno di imperfezione, e questa bellezza quasi divina gli destò non poco turbamento.
L'uomo dall'ignota bellezza gli sorrise. "Adélaïde non guarirà con le sue cure. Lei è il miglior medico che il mondo abbia mai visto, nessuno conosce l'uomo meglio di lei, forse solo il suo creatore."
"Non ho bisogno d'alcuna preghiera, ora vada via!" rispose smettendo di tremare, ormai solo colmo d'ira.
"Io posso curarla." ed un lampò illuminò i loro volti.
"Sveli il suo nome o sarò costretto a cacciarla dalla mia casa, che lo voglia o meno!" urlò il dottore.
"Io sono la Morte e so bene cosa accadrà a Adélaïde se lei continuerà a non ascoltarmi."
A quel punto il medico lo prese, sbattendolo contro il muro e iniziò a fissarlo negli occhi. Quelle gemme ambrate iniziarono a cambiare colore e persino forma; si colorarono in un modo insolito ed infine il dottore riuscì a scorgervi un'immagine: vedeva sé stesso davanti ad una lapide e raggelò alla vista dell'epitaffio che riportava le fredde parole Qui giace Adélaïde e sempre sarà amata.
Gettò l'uomo per terra e si mise le mani nei capelli urlando dalla disperazione e, non riuscendo più a ragionare, si sedette sul pavimento, di fronte al proprio ospite.
"Mi ascolti adesso." disse la Morte "Io posso salvare l'anima di quella ragazza ma ho bisogno di un sacrificio, per non destare il sacro equilibrio di ogni cosa."
Il dottore a quel puntò si calmò, asciugando le proprie lacrime ed annuì, ancora titubante e la Morte proseguì.
"So bene che lei ha provato a ingannarmi, tentando di riportare in vita Claire. Io posso ristabilire il sacro equilibrio, se lei vorrà rinunciare al suo sapiente dono e lascerò Adélaïde ancor a vagare per questa terra."
Nella mente del dottore si accese nuovamente la speranza di poter ancora condividere la vita con Adélaïde, ma ebbe un sussulto inaspettato; era sicuro d'essersi affezionato a quella dolce creatura e di provare qualcosa che andasse oltre l'affetto. Non era però certo allo stesso modo di amarla e avrebbe dovuto quindi rinunciare al suo dono per qualcosa di così incerto. Ben sapeva che, nonostante tutto, lui amava ancora Claire ed era per lei che era giunto al tal punto. Se avesse avuto altro tempo magari l'avrebbe riportata in vita e quel pensiero non riuscì più ad andare via, seppur avesse già fallito. Alla sola idea di dover rinunciare al proprio dono si sentì furioso e dalla sua bocca uscì un urlo. "No!"
La Morte gli si avvicinò. Non vi era più nulla da dire e lo guardò soltanto, quasi con disapprovazione.
Si diresse verso il proprio cavallo e, con la velocità che nessuna bestia avrebbe potuto avere, in pochi attimi si perse nel buio, per adempiere al proprio compito.
![](https://img.wattpad.com/cover/283033660-288-k28584.jpg)
YOU ARE READING
Faustus
HorrorFrancia, 1821. Il dottor Tanato trova il modo per recidere per sempre il filo che lega l'uomo, sin dal principio, alla sua più grande paura, la Morte.