Epilogo

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Londra – 15 Ottobre 1921


Un uomo con un lungo cappotto camminava per le strade della città, col capo coperto dal bavero e sormontato da un cappello scuro.
Le vie erano rischiarate dalla luce flebile dei lampioni i quali lasciavano intravedere, quasi con vergogna, le anime sperdute che vi dimoravano.
La pioggia scandiva il ritmo dei suoi passi e dopo pochi istanti arrivò dinanzi ad un portone che s'affacciava su una strada che in quell'ora era percorsa da poche vetture.
Guardò a sinistra e poi a destra e, dopo essersi accertato di non esser seguito, aprì il portone. Si trovò in un piccolo cortile che antecedeva la propria abitazione e, senza guardarsi più alle spalle, vi si recò con tranquillità.
Non appena fu all'interno della dimora posò gli abiti sul divano pregiato e si sedette, senza perdere altro tempo, dinanzi alla propria scrivania.
Prima di immergersi nei propri studi guardò un foglio ormai sfigurato dai segni del tempo. Si riusciva ancora ad intravedere il contorno di un ritratto di donna e sorrise appena guardandola.
Percepiva gli occhi pesanti, il sonno l'avrebbe rapito a momenti ma era ormai vicino, sempre di più e non avrebbe dovuto desistere; a breve avrebbe finalmente cambiato la propria sorte e avrebbe necessitato solo del minimo sforzo.
In quegli anni aveva sentito solo d'esser odiato, non aveva più nessuno e quello sarebbe stato finalmente il suo riscatto; un'occasione per amare ed essere amato come un tempo.
In cuor suo ben sapeva, però, che le sue scoperte non avevano, ormai, che l'unico fine di cibare il suo demone, che di giorno in giorno cresceva, ed era ciò che di lui avevano condannato in quei lunghi anni e l'unico adagiato in ogni momento in un angolo, pronto ad accudirlo.
Ciò giustifica perché egli fosse ancora lì con i libri davanti, grondanti dell'inchiostro versato per errore nei momenti in cui, a stenti, riusciva a percepire sé stesso.
Era lì che scriveva e scriveva ancora, sicuro che quella sarebbe stata la sua grande creazione e, così assorto, guardava con tenerezza una foglia posata sul tavolo e di essa rimaneva solo qualche nervatura.
Prese con cautela una fiala, contenente un liquido color zaffiro, forzandosi di non tremare e la aprì, con movimenti minimi.
Abbassò il capo, per poter avere una più accurata visuale di quell'opera, che non avrebbe ammesso nemmeno il minimo errore e lentamente versò una goccia di quel contenuto sulla foglia.
Attese con la poca speranza che in lui risiedeva, logorata dal giudizio altrui e, quando ormai credeva d'aver perso anche l'ultima goccia di fiducia nell'avvenire, vide la foglia tornar in vita, nella sua verde e acerba bellezza.

FaustusWhere stories live. Discover now