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SABATO 21 AGOSTO

<<È trascorsa una settimana da quando hanno rilasciato Noemi. La sua storia regge e la sua presenza sulla scena del crimine ha una spiegazione perfettamente plausibile. Le indagini della polizia si sono fatte capillari. Alice è su tutti i giornali e tutte le trasmissioni televisive. I suoi genitori questa sera saranno su 'Chi l'ha visto?' per sensibilizzare l'opinione pubblica. La stanno cercando ovunque, ma il mondo è posto formidabile dove nascondersi. I sommozzatori stanno scandagliando il fondo del lago di Caldonazzo alla ricerca di Mosi. Finora non ci sono novità.>>

Spensi la videocamera e postai il video sui social. In quella settimana le indagini si erano arenate. Ero tornata alla mia solita vita, fatta di presentazioni dei miei romanzi e tour in giro per il Trentino. Avevo dedicato più tempo a Staff e avevamo trascorso qualche notte insieme. Eravamo tornati al delizioso lago di Tenno, eravamo andati al cinema e ci eravamo scambiati i piatti al ristorante. Proprio come una coppia, anche se ancora non avevamo definito ciò che eravamo. Non ero pronta alle etichette, e credo nemmeno lui.

Avevo anche avuto un colloquio in videochat con la mia editrice e le avevo parlato del romanzo che stavo scrivendo - o che lei credeva stessi scrivendo. Le avevo parlato un po' della trama e le avevo confessato che era ispirato a quel fatto di cronaca di cui tutti parlavano e sul quale io per prima avevo investigato.

Lei si era dichiarata entusiasta, ma aveva preteso di ricevere il primo capitolo entro il giorno dopo. Così avevo trascorso la notte a ingollare tazze di caffè e a scrivere le prime cento pagine di quello che sarebbe diventato il mio romanzo. Mi ero lasciata trasportare dall'euforia e, quando ero tornata la realtà, fuori dalla mia finestra albeggiava.

Cinzia aveva annullato tutti i suoi appuntamenti per la mattinata e l'aveva trascorsa a divorare il mio manoscritto con le gambe sulla scrivania e i denti che masticavano nervosamente le unghie, come sempre faceva quando era concentrata. Quindi mi aveva scritto una lunga mail complimentosa, dicendo che non vedeva l'ora di pubblicare quella mia nuova creatura e che, ora che aveva visto che non stavo dormendo sul lavoro, potevo anche prendermela comoda e scrivere con più calma, perché aveva notato talmente tanti errori grammaticali e refusi da far impallidire qualsiasi insegnante di italiano.

Rassicurata da quel punto di vista, avevo ripreso la mia vita social. Avevo dedicato due ore a una live in cui raccontavo ciò che stavo facendo e riassumevo il mio ruolo nelle indagini sulla scomparsa di Alice Paccagnella. Era stato un successo clamoroso. Ero stata bersagliata di lodi eccitate, di faccine incredule, di suggerimenti e consigli non richiesti. Da allora ogni giorno pubblicavo storie in cui riferivo aggiornamenti sul caso o - il che accadeva molto più spesso - la mancanza di novità al riguardo.

Le indagini sembravano ferme. Nessuna traccia di Alice o Mosi. E io non sapevo più che piste battere.

Così quel sabato uscii dall'hotel con l'ombrello, per proteggermi dalla leggera pioggia che aveva iniziato a cadere, e mi diressi verso il borgo medievale. C'era una cosa che non avevo ancora fatto, e non solo perché era molto penosa. Devo confessare che tra il romanzo, Staff e i social me ne ero completamente dimenticata.

Bussai alla casa di Teresa e poco dopo la vecchia venne ad aprirmi. La sua faccetta raggrinzita si illuminò nel vedermi. <<Ciao, cara, che piacere! Vieni dentro, vieni, che fuori tempesta.>>

<<È solo un po' di pioggia fastidiosa>> sorrisi varcando la soglia e chiudendo l'ombrello fradicio.

<<Non mi piace la pioggia. Né i temporali, soprattutto di notte, quando il vento sbatte contro le tapparelle e sembra che voglia buttare giù la casa.>>

Mi asciugai le mani sui pantaloni, poi la guardai dispiaciuta. <<Sono passata per porgerle le mie condoglianze.>>

<<Condoglianze? E chi è morto?>>

Aggrottai la fronte. <<Mosi.>>

<<Oh!>> Si batté una mano sulla fronte rugosa. <<Oh, sei molto gentile, cara. Nessuno è venuto, a parte te.>>

<<Dev'essere molto doloroso.>>

<<Oh, sì. Molto, sì. Era un così bravo ragazzo.>> Mi scostò la sedia dal tavolo. <<Posso offrirti una cioccolata calda? Con questo tempo fa venire voglia, eh? Anche se hai il diabete e non potresti.>> Ridacchiò come una ragazzina, poi parve rendersi conto quanto fosse inappropriata e piegò le labbra secche all'ingiù.

<<L'accetto volentieri.>>

<<Accomodati pure.>>

Mi sedetti al tavolo e, mentre Teresa trafficava in cucina, diedi un'occhiata alle riviste di gossip e alle parole crociate disposte in una pila sul tavolo. C'era anche una penna a sfera. Probabilmente l'avevo interrotta mentre cercava di capire quale fosse il "sistema montuoso del Nordamerica".

Diedi un'occhiata alle copertine lucide, scorrendo i titoli scandalistici e scoprendo quale vip aveva tradito il marito con chi e chi era rimasta incinta di quale politico.

Sollevata l'ultima rivista, però, vidi il foglio scritto a mano, pieno di cancellature e di righe tirate sopra intere frasi.

Non avrei dovuto, lo so, ma cosa avreste fatto voi se, proprio nella prima riga del testo, aveste letto il nome di un uomo morto?

Mi chiamo Mosi Kanumba e sono vivo.

Non sono stato ucciso dalla mia fidanzata, Alice Paccagnella. Vi allego la foto della mia patente e anche qualche altro documento con cui potrete confrontare la mia scrittura. Ho deciso di consegnare questa confessione ai giornali e non alla polizia perché...

Quest'ultima frase era stata cancellata, ma era ancora leggibile.

Vi racconterò tutta la verità. La lettera che Alice ha scritto è vera solo in parte. Sì, ha tentato di uccidermi, ma la seconda volta ma non per davvero ma non voleva farmi del male, faceva solo finta. E prima di andarsene mi ha messo in mano questo biglietto, che vi allego, in cui dice...

<<Non dovresti curiosare tra le cose altrui.>>

Sobbalzai, rossa in viso, ma non lasciai che il senso di colpa per essere stata sorpresa a spiare gli effetti personali di un'anziana signora mi distogliesse dal mio Sacro Graal. <<Mosi è qui?>> domandai, la gola secca.

Teresa era scura in volto, sembrava davvero infuriata. <<Dovresti andartene.>>

La sua rabbia alimentò la mia. <<Me lo faccia vedere o chiamo la polizia.>>

Lei mi fissò con occhi duri come onice e capitolò solo quando afferrai il cellulare.

<<Mosi!>> gridò, con voce rauca. <<Puoi venire giù?>>

Fissai le scale e sentii subito il rumore di passi pesanti sopra la mia testa, una porta che si apriva e poi qualcuno che scendeva i gradini di legno.

A ogni passo il mio cuore aumentava le pulsazioni.

Vidi emergere delle scarpe nere, pantaloni della tuta, una t-shirt nera, braccia scure come ebano, spalle larghe e forti, un collo taurino e infine un volto attraente, labbra carnose, naso camuso e liquidi occhi neri che si appuntarono come spilli sui miei.

Era lui, signore e signori. Era Mosi Kanumba.

Mistero in riva al lagoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora