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Quando arrivai alla sede de "L'Adige" era ormai chiusa ma speravo comunque ci fosse una buca per le lettere dove la gente potesse mettere le proprie soffiate anonime. E già che c'ero, potevo avere la fortuna di trovare una cabina telefonica nei paraggi? Ma Staff aveva ragione, non avrei saputo usarla. Non avevo neanche spiccioli con me.

Deglutii.

No. Non pensare a lui. Non ora. Ci farai i conti più tardi.

Ma l'altra parte del mio cervello, quella emotiva, piagnucolava: perché? Che ragione aveva per rivolgermi quella minaccia?

E poi il Dubbio: era stato lui a spingermi giù dalle cascate?

Non adesso. Dai a qualche giornalista questa dannata lettera, poi trova un telefono con cui chiamare la polizia. E poi... poi affrontalo. Dovrà dirti la verità.

Dovevo denunciarlo? No, non lo avrei mai fatto, prima dovevo sapere...

E se fosse diventato pericoloso?

È stato lui a spingermi giù dalle cascate?

Devo dargli la possibilità di spiegare...

Ma è davvero lui nel video? Possibile che sia qualche altro ragazzo? Qualcuno che non conosco, assoldato dal dentista per fare il lavoro sporco?

Qualcuno che, guarda caso, quella notte aveva soggiornato nel mio stesso hotel con gli stessi vestiti di Staff?

Poggiai la fronte sul volante, respirando a fatica. Era un incubo. Mi ero fidata...

Flash mi saettarono nella testa. Due ragazzi col senso di colpa dipinto in faccia, che pronunciavano parole che faticavo a capire. Due ragazzi avvinghiati nell'ombra intenti a succhiarsi la faccia, mentre il mio cuore si spaccava e grondava coriandoli di sangue.

Un altro tradimento.

Dio, cos'ho che non va?

Serrai i pugni.

Non ora.

Fai quello che devi.

Risolvi una situazione alla volta.

Aprii la portiera, stringendo la lettera di Mosi.

Non potei fare altro.

Una stretta d'acciaio mi inchiodò la nuca al sedile, schiacciandomi il naso così forte da temere che me lo frantumasse. Il guanto nero stringeva un fazzoletto bianco e umido: un odore intenso mi penetrò le narici, facendomi girare la testa.

Scalciai, allungai le braccia verso il clacson, ma mi ritrovai bloccata da un peso umano, schiacciata contro il sedile. Cercai di non respirare, ma era già tardi. La bocca aperta in un urlo, lasciai che il cloroformio penetrasse il mio organismo, percorresse i miei nervi sovreccitati, rilassasse i miei muscoli.

E poi fu il buio.

Mistero in riva al lagoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora