Capitolo 15

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La morte è considerata la fine della vita. Il terminare dei binari del treno. Ma forse, invece, la morte è il treno stesso. Non sai dove ti condurrà, lungo l'avanzare dei binari.

Quella sera Eizan inspirava il fumo che gli amici gli passavano, poco gli importava di cosa contenesse realmente quel fumo, né tantomeno di cosa contenesse quel drink di troppo dal sapore insolito. Passava spesso le serate a fumare o a bere, spesso non rientrava a casa. Era il suo inferno personale da quando il padre, dopo aver perso il lavoro, cadde nel giro dell'alcolismo. Quella sera decise di tornare a casa con l'auto rubata alla madre, poco gli importava di essere ubriaco fradicio e, molto probabilmente, anche sotto effetto di droghe leggere. Mise una mano sul volante e l'altra la passò tra i capelli corvini. Poi, entrambe sul volante. La vista era sfocata, gocce di sudore gli bagnavano il collo, appiccicando i capelli scuri alla pelle. Stava pensando di tagliarli, domani. La vita gli passava davanti agli occhi. Ricordò da quando la madre gli regalò un alligatore di peluche per il suo settimo compleanno a quando il padre gli spaccò un braccio per colpa di una bevuta di troppo. Senza accorgersene l'auto perse il controllo e tale distrazione gli costò la vita.

Quella sera Jackie e Fumiko erano insieme, mamma e papà li avevano cacciati di casa dopo aver visto la figlia con i capelli rosa e il figlio a letto con quello che loro credevano fosse il suo migliore amico. Jackie chiamò Eizan, il suo ragazzo, ma per qualche motivo a lui sconosciuto, non rispondeva. Prese per mano la sorella-gemella e si recarono alla polizia. I poliziotti borbottavano tra di loro sulle morti avvenute nell'ultimo periodo. I poliziotti di paese pensavano a casi più grandi di ragazzini senza casa. I due gemelli camminarono senza meta, fino a quando, Jackie riconobbe Eizan sull'auto della madre, pensò bene di seguirlo, senza sapere dello stato di ebrezza del fidanzato. L'auto perse la rotta andando a finire addosso a Fumiko e Jackie, schiacciandoli e privandoli della vita.

Quella sera Felix stava parlando con il suo creatore, lamentandosi del fatto che quel giorno così tante persone dovessero morire. Sarebbe stata la sua ultima missione, dopodiché lui sarebbe finito nel nulla.

Quella sera Haiky era chiuso in casa come al solito, stava osservando la situazione nel regno dei morti, grazie al legame che aveva con esso. Sarebbe stato l'ultimo incarico di Felix e lui lo sapeva. Non poteva assolutamente perdere l'occasione di conoscerlo. Doveva dirgli quando lui lo amasse prima di farlo finire nel nulla. Per tale motivo scelse la morte. Lasciò un biglietto sul davanzale della cucina "Sto andando a trovare Felix"

Lessay assumeva un atteggiamento di spocchia nei confronti dei genitori. Si ritrovava nel bel mezzo di un alterco con suo padre, a causa dei loro continui contrasti familiari. Si era rasata a zero i capelli, la nuca completamente calva. Portò la mano destra sulla cute pelata, poi, la rimise lungo il fianco. Il padre gliene diceva di tutti i colori. Sulla guancia della più giovane si potevano ancora intravedere i segni lasciati dalle cinque dita dell'uomo adulto. La madre era atterra, una mano sul labbro che perdeva ancora sangue, mentre l'altra, posata con forza sulla sua stessa bocca, per non emettere alcun rumore. Questo era ciò che accadeva a mettersi contro il marito. Lessay corse il più veloce possibile da quella che oramai non poteva più chiamare casa. L'occhio viola, la guancia arrossata e la nuca calva. Sentiva l'aria gelida sfiorargli il volto, i suoi lunghi capelli dorati ondeggerebbero seguendo la corrente, se solo li avesse ancora. I ricordi le rimbombavano in testa, come una martellata nelle prime ore del giorno. Doveva guardare avanti, pensava. Aveva udito il tonfo provocato dalla porta, aperta e poi richiusa, con violenza, subito dopo la sua uscita. Probabilmente il padre era già sulle sue tracce. Quel vecchio odioso con il volto corrugato di rughe. Si ferma, sputa il sangue che le colava dalla bocca sul terreno, e poi riprende a correre. Ma ogni sua corsa risultò invana. Suo padre la raggiunse, picchiandola a morte. Sputava sangue sul terreno, mentre la vita abbandonava il suo corpo.

Hally era stufa della sua vita. Per questo motivo si ritrovò appesa per la gola ad una corda legata, quasi con prepotenza, al soffitto. La cantina puzzava di marcio. Sentiva il respiro abbandonarla, il volto le diventava sempre più bordò, quasi come se i colori stessero giocando a rincorrersi sul suo giovane viso. La sua mente tornò per un secondo a quel ricordo d'infanzia a cui tanto era legata, lei e sua sorella che giocavano ad acchiapparella, poco prima che le piantarono un proiettile sulla nuca, a soli sei anni. Sorrise. Se ci fosse stata vita dopo la morte, magari le loro anime si sarebbero ricongiunte in un gelido abbraccio inesistente. Magari le loro due anime avrebbero formato una nuova stella, o due stelle vicine. Così che i vivi guardandole potessero pensare a quanto si fossero amate le due fanciulle. La ragazza emise il suo ultimo respiro, per poi morire impiccata.

I morti non sanno di essere morti, non si ha mai la certezza di ciò che si troverà dopo. I morti sono morti, non hanno vita, non possono camminare, non possono respirare. Ma siamo sicuri questa sia la verità? O forse è solo ciò a cui siamo abituati a credere per non cedere alla paura del buio?

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