Capitolo 23

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La cella puzzava di marcio. Fuori da essa, erano presenti diversi contenitori, al cui interno si presentava una sostanza dalle sembianze simili al catrame. La situazione era estremamente astrusa. Erano chiusi in quelle celle da un periodo di tempo indeterminato, eppure, nessuno gli aveva fatto niente e neppure un'anima oscura si era fatta vedere.

«Alan, sei sveglio?»

Sussurrò Felix, picchiettando leggermente con l'indice su una delle sbarre di ferro. Le sbarre erano color argento, ricoperte da una sostanza oleosa che non permetteva alle creature soprannaturali di utilizzare al pieno la loro forza; motivo per cui Felix, Alan e Marck non erano riusciti ad uscire.

«Sì, sono sveglio. Si può sapere cosa vuoi?»

Rispose bruscamente Alan, per poi sedersi accanto al fratello. I principi della morte non dormivano, mai. Spesso ci provavano, invano. Facevano solo finta di dormire.

«In realtà, niente. Volevo scusarmi con te.»

«Scusarti?»

«Sì. Io ed Axel ti abbiamo escluso e probabilmente continueremo a farlo. Quindi mi scuso per i miei errori passati, per i miei errori presenti e per quelli futuri»

«Ma che scuse sono, queste!?»

Urlò Alan.

«Calmati, fratellino. Sono le mie scuse, fattele andare bene!»

«No!»

«Si!»

«No!»

«Si!»

«Basta! Voi non dormite ma io sì. Giuro se continuate vi faccio fuori entrambi.»

Prese parola Marck, liberando le enormi ali bianche, che poco prima erano chiuse sulla schiena.

Eizan non poteva fare a meno di pensare che il piano ideato dai suoi compagni fosse un salto nel vuoto.

«Questo piano non funziona, per un'enormità di motivi. Non sappiamo quante guardie ci sono, anzi, non sappiamo neppure se ci sono guardie. Non sappiamo dove si trova la cella, non sappiamo neanche se c'è una chiave. Supponendo che li troviamo, poi che si fa? Balliamo un valzer con le anime oscure, perché io non ci tengo. Quindi, rivediamo il piano, perché così ci faremo catturare anche noi.»

Disse Eizan, cercando di convincere gli altri a riguardare il piano. Non poteva neppure definirsi un piano; il "piano" era composto da tre fasi.

Fase uno: andare lì grazie ad Elian -solo se un demone era con te potevi avere accesso a quella zona ed ora lui era in parte demone-

Fase due: trovare Felix, Marck ed Alan. (Nessun approfondimento sulla fase due)

Fase tre: tornare a casa tutti insieme

Il piano faceva acqua da tutti i pori.

«Okay, allora faremo così. La cella dove si trovano loro è detta "Prigione mentale", in quel luogo tutti possono leggere i pensieri di tutti, le tue paranoie ti perseguitano, i tuoi problemi si raddoppiano. Se Felix è lì, non corre rischi di questo genere, non ha scheletri nell'armadio. Se c'è anche Alan lì con lui allora potrebbe essere un problema, su questo aspetto: è sempre stato paranoico. E, forse, con loro c'è anche Marck. Il creatore aveva detto che si sarebbero ricongiunti. Cosa vogliono le anime oscure? Le anime oscure vogliono la stessa cosa da anni e anni, ovvero, cancellare le creature soprannaturali da questa dimensione. Chi sono le anime oscure? Le anime oscure sono tutte le persone che nella Foresta Nera, nel limbo, non si ricordano di essere morte. Jackie, potremmo incontrare tua sorella, mi dispiace, ma in quel caso ci toccherà eliminarla.»

Spiegò Axel.

«Non c'è un modo per far tornare le anime oscure com'erano prima?»

Chiese Jackie.

«No, non c'è. Servirebbe un viaggio temporale, inutile dire sia abbastanza impossibile. Le anime oscure non hanno il controllo di sé stessi. Sono dei burattini comandati da qualcuno di superiore a loro. Noi dobbiamo mirare al capo. Forse eliminando lui liberi le anime.»

«C'è qualche avvertimento da sapere prima di recarci lì?»

Chiese Elide, prendendo Dipsy in braccio.

«Ah, sì. Le anime oscure possono rubarti l'anima. Tu spariresti e basta; fine delle parole, fine dei pensieri, fine di tutto. Corriamo tutti questo rischio, tranne Elian, perché lui ha già dato la sua anima al demone.»

Domani sarebbero andati nella Prigione Mentale. Domani. Ancora non lo sapevano. Ancora non sapevano che domani sarebbe iniziata la guerra e, per qualcuno, sarebbe stata la propria fine.

*

Un cuore di latta avrà sempre qualche problema nel funzionare come un cuore umano, composto di sangue e pelle. Il suo cuore era come cemento. Ogni sua ferita le riempiva il cuore di cemento, costruiva un muro impenetrabile tra il mondo e lei. Tra il mondo ed i suoi sentimenti. Quando si guardava allo specchio osservava un'altra ragazza che non era lei. Aveva tante amiche dall'altra parte dello specchio, tutte le sue personalità. Tutti i suoi colori. Rosso, bianco, verde, viola e blu. Sto parlando di Hally. Rosso passione, bianco indifferenza, verde gelosia, viola stranezza e blu profondità. Profondità dell'animo umano.

Osservava gli altri, perché era troppo doloroso osservare sé stessa. Guardava il modo di comportarsi altrui. Cosa facevano le sue coetanee? C'era chi si truccava, chi parlava di ragazzi, chi spendeva tutti i suoi soldi in vestiti costosi che probabilmente non avrebbe mai indossato. No. Tutto questo non faceva per lei, tutto questo non era suo. Non era il suo mondo. Lei avrebbe voluto trovare qualcuno con cui correre in un prato verde e caderci in modo goffo uno sopra l'altro. E ridere. Ridere così tanto da sentire il mal di stomaco. Perché tutti erano così fissati con il sesso? Ma almeno ogni tanto ridevano? Oppure erano troppo impegnati a fare solo quello per prendersi il tempo di conoscersi veramente?

Un tempo Hally conosceva un ragazzo. Lei lo amava davvero, o almeno, all'inizio. All'inizio era amore, circa. Fu amore finché lui non cadde nella droga e nell'alcol. Lei cercò di farlo smettere, ci provò veramente a stargli vicino, ma era tutto invano. Lui iniziò ad alzare le mani su di lei, ma Hally era forte e riuscì a dire basta a quell'uomo che le arrecava solo dolore.

Una crepa sottile le rigò il cuore, quasi in modo invisibile, ma il dolore era più che reale. L'occhio destro era diviso a metà da una cicatrice. L'ennesima battaglia del cuore.

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