Capitolo 27

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«Dunque, se ho capito bene, mi avete cercata con i poteri del vostro amico strambo.»

Disse Anita. La sua voce era dolcezza allo stato puro. Puntò il suo sguardo celeste in quello scuro di Axel, che la osservava con aria diffidente.

«Già, è così. Sei scappata dal creatore, perché?»

Chiese Axel. Gli occhi puntati in quelli della ragazza. Quasi volesse scrutarle l'anima.

«Oh, piccino. Perché mai dovrei dirtelo? Io cosa ci guadagno?»

Disse Anita, sorridendo leggermente. Per un istante quasi impercettibile, gli occhi di Axel furono dominati dal sangue.

«Felix è mio fratello, devi aiutarci a trovarlo.»

«Mio dio. Cosa? Quindi tu sei cresciuto con Felix? Quindi tu sei il "ragazzo-demone" di cui tutti parlano al palazzo! Ma certo! Va bene, Axel. Vi aiuterò.»

Disse Anita, sorridendo ampiamente.

«Okay, bellezza. Dunque, perché sei scappata dal creatore?»

Sussurrò Axel, abbassandosi per guardare Anita negli occhi.

«Mi sembra piuttosto ovvio il motivo. Quell'uomo è un folle. Voleva spedirmi in un'altra dimensione perché sono giunta ai miei quindici anni d'età, io non volevo, quindi sono fuggita.»

«Possiamo sapere cosa fa il creatore con le sue "creature"»

Chiese Lessay, prendendo parte alla conversazione. Era assai curiosa della risposta che la attendeva. Anita sospirò.

«Noi, tutti noi, eravamo solo bambini. Sapete, insomma, i bambini nati morti? Neonati. Noi eravamo solo questo. Neonati nati morti. Morti prima ancora di nascere o uccisi poco dopo. Mio padre mi ha uccisa perché io ho ucciso sua moglie. Ma io non l'ho fatto apposta. Mia madre è morta durante il parto, io mi sono salvata ma poco dopo sono stata uccisa. Il creatore prende tutti noi neonati e ci fa degli esperimenti. Ci rende più forti, più intelligenti, più assassini. Nessuno di noi ha avuto un'infanzia. Siamo condannati a crescere fino a quindici anni. Il creatore dà vita a degli assassini. Il primo è stato Felix, non oso neppure immaginare quanto lui abbia sofferto.»

Spiegò Anita, puntando il suo sguardo in quello dei presenti. Nessuno osava dire una parola. Ogni parola sembrava inopportuna. Nessuna parola avrebbe potuto curare le ferite presenti nei loro cuori. Non potevano dire un misero "mi dispiace", non avrebbe cambiato nulla. "Ti capisco" sarebbe stata come una martellata, perché no. No, non li capisci. Non comprendi tutto quel dolore. Fisico, psicologico. Potevano solo lasciare che le parole e l'agonia volassero via col vento. Dopo quindici minuti, Axel spezzò il silenzio.

«Okay, commovente. Adesso, se non vi dispiace, dovremmo andare a salvare Felix e gli altri.»

Si incamminarono per arrivare alla zona della "Prigione Mentale". Anita cercava invano di sostenere una conversazione con suo "fratello" Axel, Jackie lanciava continue occhiatacce nella loro direzione. La ragazza sorrise leggermente, per poi voltarsi verso Jackie.

«Jackie, giusto? Continui a guardarmi male. Non ho intenzione di rubarti il ragazzo, fino a prova contraria, provo ancora un'enorme attrazione dei confronti delle donne.»

Disse Anita, ghignando.

«Ah. Sei lesbica?»

«Già»

Elian correva dietro a Dipsy. C'era qualcosa di strano in quella situazione. Non era divertente, era come una scena tra un cacciatore e la sua preda. Spesso si dimenticava di essere posseduto da un demone. Gli occhi di Elian divennero neri, risucchiarono la sclera e le unghie gli divennero artigli. Cercò con tutto sé stesso di resistere alla tentazione del sangue che pulsava nell'animale davanti a lui. Ma il demone che era in lui aveva fame, e solo lui era in grado di nutrirlo. Afferrò il chihuahua per il collo, sbranandolo a morsi. Quando tornò in sé, Elian pianse fiumi di lacrime. Si avvicinò ad Axel. Il sangue gli imbrattava i vestiti, le lacrime gli dominavano il viso. Tra le mani teneva la carcassa del cane, smembrato.

«Papà, mi dispiace, papà. L'ho ucciso. Non volevo farlo, papà. Scusa, scusa, scusa. Adesso Elide mi odierà. Scusa. Non volevo. Scusa, papà.»

Ripeteva ininterrottamente Elian, lasciando cadere il corpo di Dipsy sulle sue scarpe da tennis bianche. Elide scoppiò a piangere. Axel cercò di calmare il figlio, invano. Jackie rimase immobile, gli occhi sgranati, composti da una punta di terrore.

«Axel, porto Elian qui vicino, parliamo io e lui. Tu sistema la situazione qui.»

Disse Anita, tenendo per mano il bambino, nonostante avesse le mani imbrattate di sangue. I due si recarono al ruscello. Elian piangeva.

«Sai, piccolo, io ho fatto di peggio.»

«Davvero?»

«Davvero. Una volta ero arrabbiata e ho ucciso tre amici del mio creatore.»

«Io ho mangiato il cane di Elide»

«Sì, beh. Anche gli umani quando hanno fame mangiano, no?»

«A me piaceva tanto Dipsy»

«Anche a me, Elian. Ma non fa niente, okay? Vedrai che nessuno è arrabbiato con te»

«Probabilmente adesso Axel starà cercando di calmare tutti. Credo di aver spaventato Jackie.»

«Probabilmente sì, ma non fa niente. Questa è la nostra natura. Uccidiamo e portiamo caos. Io, te, Axel, Felix. Non possiamo farci niente.»

Disse Anita, per poi immergere le mani di Elian nell'acqua fredda. Si sciacquò il sangue di dosso, sperando che con esso potesse svanire anche quel brutto ricordo. Ormai quella sarebbe diventata l'abitudine.

Axel cercava di calmare Elide, che piangeva disperata sul corpo massacrato di Dipsy. Il terreno era inumidito dalle sue lacrime. Il suo cuore era diviso in due. Jackie si avvicinò ad Axel, sussurrando un «Ora come facciamo?» il maggiore alzò le spalle, come a voler dire "non lo so". Haiky, Eizan e Lessay cercavano si consolare Elide, che piangeva sul corpo del suo cane. Hally stava perdendo la pazienza.

«Okay, è morto. Era già morto prima, smettetela di fare i tragici. Sbaglio o abbiamo un fottuto principe della morte da salvare?»

"E poi sarei io quello insensibile" pensò Axel.

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