Capitolo 17

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Alla visione della sua nuova preda gli occhi gli divennero neri, completamente. Prese un coltello recidendo con esso la schiena della sua preda, dal collo ai glutei, per poi smembrarlo vivo. Morse l'estremità sinistra che divideva la schiena in due parti, ci immerse i denti aguzzi sentendo il gusto del sangue invadergli la bocca, staccò la carne umana presente sulla schiena dell'uomo con morsi feroci e aggressivi. I denti prima bianchi e candidi ora avevano assunto un colore rosso scuro; tutto ciò lo mandava in estasi. La carne gli venne strappata a morsi, rimasero solo le ossa. Axel abbassò lo sguardo sulle sue mani imbrattate del liquido vitale del suo avversario. "Che seccatura, ora dovrò farmi una doccia" pensò mentre rientrava in casa, lasciandosi le ossa dell'uomo che aveva ucciso alle proprie spalle.

Piccoli fiori viola danzavano indisturbati sul prato verde. Jackie era nella sua stanza, guardando il paesaggio che si presentava fuori dalla sua piccola finestra. Quella stanza gli dava un senso di solitudine che raramente gli era capitato di provare. La sua mente lo riportò ad un ricordo.

Era da solo, completamente. Solo lui ed i mozziconi di sigaretta spenti sul terreno, inumiditi dalla pioggia, schiacciati dalle suole di ogni scarpa che da lì era passata. Sedeva sul marciapiede, no, più che un marciapiede poteva definirsi un piccolo rialzo di cemento accanto ai parcheggi situati proprio davanti alla sua nuova scuola, il ché poteva definirsi una bella seccatura per via dello svariato numero di macchine che si presentavano in quel piccolo spazio. Le persone iniziarono velocemente ad arrivare, ognuno pronto ad entrare nella propria classe come ogni giorno; invece Jackie si legava i capelli in una coda di cavallo disordinata, per smorzare l'ansia del primo giorno in una scuola sconosciuta.
«Non ti ho mai visto qui, sei nuovo?»
Gli chiese un ragazzo dagli occhi affilati ed i capelli corvini, pettinati all'indietro e bloccati con la lacca.
«Si, oggi è il mio primo giorno»
Disse Jackie guardando finalmente negli occhi il suo interlocutore.
«Io sono Eizan, piacere di conoscerti»

Felix era nella sua camera da letto. Si osservava allo specchio, deglutendo ripetutamente. Prese un coltello appoggiandolo delicatamente sul proprio collo asciutto. Pensò di immergere la lama in profondità, nella sua visione mentale già vedeva il sangue fuoriuscire a cascate.

«Felix! Ma che stai facendo?»

Urlò Haiky che aveva appena fatto ingresso nella camera del ragazzo dai capelli blu. Felix sorrise, appoggiò il coltello sulla scrivania e si posizionò di fronte al ragazzo, fissandolo intensamente negli occhi (dovendo alzare lo sguardo per via della differenza di altezza). Sorrise.

«Mi stavo solo divertendo, amore.»

«Come vuoi tu. Ad ogni modo, Alan mi ha detto di venirti a chiamare. Stiamo per mettere in atto il piano per salvare Marck»

L'intero gruppo si recò al palazzo reale. Il palazzo era circondato da imponenti alberi. Le foglie assumevano un colore rossastro, che andava poi a mischiarsi col verde della radice. Il marrone del ramo sfumava pian piano, per poi sciogoiersi in un denso verde che, successivamente, si fondeva con il rosso, quasi diventando un colore unico.

«Qualcuno di voi ha visto quella stronza di nostra figlia? È una mocciosa di dodici anni, capelli chiari, occhi verdi. Se la vedete ditele di recarsi dai suoi genitori che hanno una bella sorpresa per lei»

Urlò una donna che correva per il palazzo assieme al marito. Felix udii dei pianti provenienti da dietro le scale.

«Perché stai piangendo?»

Chiese Felix guardando il bambino dietro le scale.

«I miei genitori mi cercano per picchiarmi, perché non sono come loro. Perfavore puoi andare via...Non voglio che mi trovino»

Sussurrò il bambino, per poi sentire Felix sospirare. Non avrebbe detto niente, lui era nel palazzo per un'altra ragione. Si allontanò lentamente, tornando dal gruppo.

Si recarono alle scale di pietra che conducevano ai sotterranei, la zona dove loro padre faceva tutti i suoi esperimenti. Grandi massi erano posizionati in maniera casuale, incollati tra loro quasi come fossero gemelli siamesi. Impossibili da dividere.

«Cavolo ragazzi, mi è venuta fame, perché non ci siamo portati del cibo?»

Disse Eizan sussurrando per non fare troppo rumore.

«Secondo la tua logica, Eizan, se fossimo venuti qui con il porta-pranzo sarebbe stata la stessa cosa e nessuno ci avrebbe scoperti»

Disse Hally sbuffando.

«Sei troppo intelligente Hally, io pensavo solo alla fame»

«Potete fare silenzio, perfavore.»

Prese parola Axel, ponendo fine alla discussione tra Hally e Eizan.
Attraversarono un corridoio, gli angoli pieni di ragnatele e colmi di muffa. Arrivarono in una stanza. Al centro della stanza era presente un ragazzo. Marck. Era legato a dei macchinari e sulla sua schiena si innanzavano delle enormi ali bianche formate da piume soffici e leggere. Il macchinario aveva un ago che gli bucava la schiena in gli stringeva le spalle. L'intero gruppo si avvicinò.

«Oh cazzo...»

Sussurrò Lessay, sgranando gli occhi alla visione del ragazzo. I tre principi della morte si avvicinarono al ragazzo, rimuovendo l'ago che lo faceva stare in uno stato di dormiveglia. Marck si svegliò, sgranando gli occhi.

«Cos'è successo? Perché ho le ali e voi chi siete...»

«A breve capirai tutto. Delle persone hanno fatto degli esperimenti su di te quindi ora...»

Cercò Alan di finire il discorso con più empatia possibile, ma Felix lo precedette andando dritto al punto.

«Ora sei un angelo della morte.»

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