CAPITOLO 43

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AIDAN

Mi lasciavo trasportare dal vento come un filo d'erba si lascia spingere dal fresco venticello primaverile del mattino, non conosco da dove arrivi ma lascio che mi spinga verso una meta sconosciuta, come i petali di un fiore che si staccano per fluttuare nell'aria e raggiungere la loro felicità. La loro libertà. Cazzo non pensavo che si potesse essere invidiosi di un semplice fiore eppure io mi sento disperso chissà dove, alla ricerca di qualcosa che non si avvererà mai proprio come quel petalo con la netta differenza che della felicità ad ora me ne faccio poco e niente. Non ho nessuno che mi faccia sorridere, un sorriso solo è una presa in giro per la vita. Da allegria tramuta a rancore, queste due cose divise appena da un misero filo sottile, eppure il destino ne conosceva di abissi tra quelle due emozioni. In un sorriso si nasconde ciò che si pensa e si dice, ma non ciò che si prova, o gli occhi non servirebbero a nulla. Ma a quanto pare io ho perso la voglia di capirlo.

Mi sento completamente prosciugato da qualsiasi cosa, che sia triste o meno è così ma d'altra parte non ci posso fare molto, non è successo per scelta mia, io ho sempre e solo ricercato la mia pace mentre ora ho perso addirittura me stesso. Dove io sia lo so, quel castello è l'unico posto che ho dove rifugiarmi, ma ho come l'impressione che ormai quel bambino si è stancato di aspettare la sua fanciulla, l'attesa consiste nell'avere pazienza, ma per uno come lui con la mente piena di sogni, attendere non è più possibile.

Così semplicemente va' avanti ed io lo seguo, io seguirò per sempre quel bambino dall'anello di metallo per raggiungere il suo prato di margherite, se quando mi stenderò con gli occhi rivolti al cielo vedrò la mia fanciulla bene. Ma per ora devo ancora trovarla e sinceramente non ne ho la voglia.

Sono completamente spompato. Probabilmente vorrei urlare e distruggere tutto, è questo che mi dice la mia mente malata eppure riesco soltanto a trattenere le lacrime attendendo che qualcosa mi trascini via da qui, da una vita che nessuno voleva che prendessi e a cui io sono stanco di appendermi.

Così semplicemente mi lascio andare su questo sgabello del locale, con una birra in mano dopo essermene già bevute almeno sei, con la musica a palla nella testa a festeggiare il mio compleanno. Bella merda. Diciannove anni fa in un ospedale di Londra nacque un bambino che non doveva venire al mondo, probabilmente sarei dovuto morire io al posto di mia sorella, lei avrebbe meritato di vivere, lei probabilmente sarebbe riuscita a godersi la sua vita al massimo. Io invece sono solo riuscito a rovinarla a tutti.

Butto giù l'ennesimo sorso sbattendo sul bancone di Frank la bottiglia fin troppo forte, infatti si spaccia in mille pezzi e il barman mi lancia un'occhiataccia ma pulisce senza dir nulla, gli conviene perchè ho una voglia assurda di prendere a pugni qualcuno e un litigio sarebbe un buono spunto per incominciare.

<<Già sbronzo dopo sei birre? Patetico.>> Una voce femminile mi tira fuori dai miei pensieri ma quando alzo lo sguardo mi rendo conto che è solo una sconosciuta, si rigira tra le mani sottili il suo Martini con lo sguardo basso e i capelli neri come la pece a coprirle il viso, non riesco a vedere molto altro oltre al suo profilo e il suo corpo magro. Avrà probabilmente uno o due anni in meno di me, o Frank non le avrebbe servito da bere, ma sembra anche più piccola per la stazza esile. Una gonna corta che le fascia praticamente solo il culo, un corpetto dello stesso colore dei suoi capelli proprio come la gonna e dei tacchi alti, è molto magra ma tutto sommato è una bellissima donna. <<Non sono in vena di scopate piccola, gira largo.>> Le spalle le prendono a tremare mentre ride di ciò che le ho appena detto, non mi guarda nemmeno nascondendo il suo viso dietro ai capelli lunghi che le arrivano fino a metà schiena, solo mossi, molto mossi praticamente sembra quasi che abbiano vita propria. <<Spavaldo e arrogante, i tabloid non sbagliano mai.>> Riduce la voce ad un sussurro ma anche con la musica riesco a sentirla lo stesso, è dolce e decisa come se sapesse come giostrarmi a suo piacimento. Alla fine però si alza e mi passa dietro alle spalle per andarsene, ma prima che si allontani sento una sua mano posarsi sulla mia spalla e il suo fiato caldo accarezzarmi l'orecchio, come una caretta silenziosa e scottante. <<Ho come l'impressione che ci rivedremo Aidan Miller.>> Sussurra infida al mio orecchio e dopo ciò non la sento più, mi volto di scatto nervoso sentendo i nervi tendersi al suono di quelle sole parole ma lei non c'è già più. E' come se fosse scomparsa nel nulla. Fanculo sarà l'ennesima sgualdrina appiccicosa. Allungo il collo per riuscire a vedere la sua testa tra il mucchio di gente che balla in mezzo alla pista, ma anche volendo le luci oscurano qualsiasi colore, sembrano tutti mori quindi sarebbe inutile anche solo provare a cercarla. <<Aidan?>> Una mano mi si poggia sul braccio e sussulto istintivamente a quel solo contatto, ma quando torno con lo sguardo al bancone mi rendo conto che è soltanto James, cazzo quella ragazzina mi ha scombussolato i pensieri. Ho bevuto troppo.

Fatal attraction 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora