CAPITOLO 45

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AIDAN

Il dolore all'addome è offuscato dagli antidolorifici ed è solo per questo che riesco a rimanere qui, disteso su un fianco con le braccia avvolte a lei e la guancia premuta contro il suo petto, ma penso che in questo momento rimarrei così per sempre anche in preda ai dolori.

Ho atteso questo momento per così tanto tempo che stento quasi a credere che stia succedendo seriamente, stringerla è come realizzare un sogno che ho fin da bambino, poterla avere qui e sprofondare nel suo profumo dolce fino a perdermi. Probabilmente non ammetterò mai che non ho atteso altro se non questo, ma lei lo sa che in questo momento non ho bisogno di altro che nascondermi qui. In silenzio, con lei.

Le prime luci del mattino entrano dalla finestra illuminandomi il viso tanto che schiudo gli occhi infastidito per la luce fissa negli occhi, alla fine ci siamo addormentati così, senza più aver bisogno di parlare, abbandonati al respiro dell'altro. Tra le mie braccia è minuscola, magra ed esile, riesco a sentirle le ossa persino da sopra al tessuto della felpa, probabilmente mangerà poco e niente ed è è talmente debole ancora che a stento si reggeva in piedi ieri sera quando entrò in questa stanza.

Più mi raccontava cosa le fosse accaduto in questi anni, più mi sentivo morire all'idea di averla accusata ingiustamente per qualcosa che non ha mai fatto, quel bastardo me l'ha portata via per tutto questo tempo ed io ho creduto fino ad ora che mi avesse abbandonato di sua spontanea volontà. Probabilmente le devo delle scuse, probabilmente dovrei chiederle scusa per tutto questo casino che ho creato, ma per ora voglio godermi questo piccolo istante di pace.

E' riuscita a dormire tranquillamente, ogni tanto la sentivo stringere a me più del dovuto come se le fossi servito come scudo ed io mi lasciavo avvolgere da lei quando gli incubi la terrorizzavano, sono stanco di perdere tempo. Se il destino ha voluto riportarla da me allora mi godrò ogni secondo da qui in avanti con lei, senza perdere tempo in altro.

Mi rigiro sul dito l'anello che mi ha regalato per il compleanno, si è ricordata di me, si è ricordata di quando giocavo con il suo, mi ha sempre rilassato farlo e poi mi ha sempre attratto così ogni volta mi perdevo ad afferrarlo, tirarlo e giocarci. Ci sono incise le nostre quattro iniziali,

"A" "I" "D" "E".

Emily.

Mia sorella.

Divenuta ora una delle tante stelle in cielo, probabilmente è e rimarrà solo lei la mia fanciulla, che guarderò volare nel cielo disteso in quel suo campo di margherite.

Un piccolo frastuono di barattoli mi strappa ai miei pensieri facendomi sbattere le palpebre ripetutamente per cercare di adeguare la vista alla luce che entra dalla finestra, alzo il capo per guardarmi intorno ed ecco che la vedo. Lì in piedi dirimpetto a noi che ci dà le spalle mentre maneggia qualche farmaco dispersa nei suoi pensieri, con quel suo camice bianco da dottoressa. Mi ricorda quasi quando la incontrai qui dopo l'incidente in moto, passammo intere giornate insieme ed io ad oggi vorrei non averla mai dovuta incontrare, ha portato solo problemi nella mia vita.

<<Oh sei sveglio, devo somministrarti un'altra dose di antidolorifico prima di dimetterti.>> Esclama notando che la stavo fissando, con tono freddo e scostante, mentre tira con la siringa uno di quei suoi medicinali di merda da un boccettino. Non mi inietterà quella roba, non ho la minima idea di cosa sia e poi non la voglio qui. <<Vattene fuori dai coglioni Charlie, non ne ho bisogno.>> Sfilo le braccia da sotto al corpo esile di mia madre che sembra starsi svegliando per via del fracasso che stiamo facendo, ha rovinato come sempre l'ennesimo momento di pace nella mia vita, questa ragazza deve scomparire.

<<Puoi lasciare la vita privata fuori dalla salute e farmi fare il mio lavoro?>> Quando tenta di avvicinarsi la fulmino con un'occhiata e lei smette di procedere verso di me, non deve toccarmi forse non le è ben chiaro.

Fatal attraction 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora