CAPITOLO 7

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AIDAN


Sempre lo stesso incubo mi assilla la mente rubandomi il sonno, la quiete e la sanità mentale, sto completamente impazzendo e non riuscirò ad andare ancora avanti per molto, ho bisogno di calma ma come faccio a trovare la tranquillità in un mondo formato dal caos?

Sto male, ormai questo è appurato a non riuscire più a fidarmi nemmeno della mia famiglia mi fa stare ancora peggio, non riescono a capire cosa sto passando e danno tutta la colpa soltanto alla droga che assumevo, ma non è così, io sono malato, sono completamente pazzo. Non riesco a gestire la rabbia, ho continui e repentini cambi d'umore, ho perso la testa e ogni volta che chiudo gli occhi rivedo la stessa scena che mi sta mandando a puttane il cervello. Io, mio padre e mia madre, la stessa scena mi si presenta davanti come un film straziante e deleterio, ed io non posso far altro se non guardarlo scorrere impotente.

Ma se tutto ciò si limitasse soltanto a quando chiudo gli occhi sarebbe ancora semplice la cosa, peccato che io li vedo anche di giorno, sento i loro occhi addosso persino di giorno in ogni istante delle mie giornate, dalla mattina alla sera ininterrottamente. Ombre che mi girano intorno come fossero la mia, i loro occhi mi perforano l'anima, mi strappano i polmoni togliendomi l'anima e accoltellano le mie carni riducendomi ad un cumulo di sangue sporcato dagli errori che ho commesso. E ne ho commessi tanti.

Questo dovrei rispondere alla domanda che mi ha appena posto il vecchio dai capelli grigi, gli occhi cerulei di chi ne ha viste molte e l'espressione stanca tagliata da rughe di sana esperienza. "Come stai vivendo questo periodo?" mi ha chiesto sperando in una mia risposta, ma io inevitabilmente sto passando tutto il tempo da quando le infermiere mi hanno portato qui, a fissare i fermacarte sulla sua scrivania. Pezzi di metallo piegati su sè stessi appositamente per un utilizzo secondario, una storia avvincente per un oggetto tanto banale.

Il signore dalla camicia a quadri con la quale acquisisce uno stile un po' più sbarazzino, gli occhiali posati poco prima della punta del naso dritto, i capelli di un bianco cenere gli pendono sulla fronte rugosa e delle borse profonde e scure gli segnano la carnagione chiara del viso vissuto, mi guarda in attesa di risposte che probabilmente non avrà mai. Avrà forse sessant'anni, molta pazienza e un'ossessione pura per l'ordine, sulla sua scrivania tutto è posato alla perfezione, le penne sono sdraiate sul legno massello una in fila all'altra distanti precisamente due centimetri, il computer è accuratamente voltato verso di lui di quaranta gradi, i documenti sono impilati e nessuno straborda dalla torre che ha creato sul bordo della scrivania. L'unico segno di stanchezza e disapprovazione che mostra di nascosto, è il continuo sbattere della penna che stringe tra l'indice e il medio sul block notes che tiene nell'altra, lasciandola dondolare debolmente sul foglio a righe dove dovrebbe appuntare ogni mia parola. Ma dove non può scrivere ciò che gli dice il mio silenzio.

Così rimaniamo in un catatonico mutismo, lui accomodato sulla sua poltrona in pelle, mentre io seduto sulla mia sedia a rotelle con le mani intrecciate sulle ginocchia mentre mi scortico le pellicine, l'unico segno di vita che mostro, scaturito dal nervoso. Non mi piace quando la gente si fa i cazzi miei, anche se alla fine l'uomo di fronte a me sta solo cercando di fare ciò per il quale lo hanno chiamato.

Perchè devono sforzarmi a parlare? Cosa vogliono che gli dica, per colpa di quel bastardo di mio padre lo psicologo dirimpetto alla mia persona già conosce tutto di me, perchè sono qui, il mio passato, tutto ciò che ho fatto e ogni singola cosa che mi è successa. Quindi a cosa servo io, già qualcun altro ha fatto al posto mio ciò a cui avrei dovuto pensare io stesso.

Sospira ancora, stanco probabilmente quanto me di questa situazione, posando ciò che teneva in mano sulla scrivania per rivolgermi la sua totale attenzione, sia mentale che fisica. Si sporge verso di me con sicurezza, accosta i gomiti al legno tirando il tessuto sottile della camicia e mi osserva per svariati secondi come sto facendo io, lui mi guarda con attenzione, io con svogliatezza.

Fatal attraction 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora