CAPITOLO 54

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CHARLIE

Non avevo il coraggio di rimanere altro tempo in quella casa per aspettarlo e per la prima volta mi sono resa conto di star mollando, mi sto lasciando andare ed è come se avessi deciso senza rendermene conto che ormai non ho più nulla per la quale combattere. Ho finito lacrime e dolore, eppure sto male in egual maniera. Ed è ancora peggio. Soffro senza conoscerne la fonte, semplicemente fa male ma forse in cuor mio in parte ne conosco anche il motivo ma non lo voglio vedere. Lui è il mio dolore. Ecco perchè non lo voglio sapere.

L'altra sera sono crollata e ho sbagliato a dirlo così all'improvviso, gettando la bomba senza prima tastare la superficie dove sarebbe avvenuto l'impatto per l'esplosione, ma ero così stanca e sopraffatta da tutto ciò che sta succedendo che non ce l'ho fatta più. I casini tra me e Aidan, mio padre, l'arrivo di Juliette, sapere ciò che ha fatto Lucas e ora anche il bambino. Sono arrivata al limite e non posso darlo a vedere perchè se no la mia vita andrebbe a rotoli, ho degli studi da proseguire e il lavoro al ristorante subito dopo scuola da continuare per racimolare qualche soldo e poter affittare un appartamento così da non dover essere più un peso per nessuno. Sono stanca ma è impossibile mettere in standby la vita per un secondo e riprendere fiato, posso soltanto limitarmi a correrle dietro con la speranza di non inciampare.

Peccato che tutto questo influisce anche sul bimbo che porto in grembo, tutto questo stress giornaliero mi destabilizza mentalmente e lui mi distrugge fisicamente. Ho un mal di schiena atroce e una nausea continua, domani avrò la prima visita dal ginecologo per vedere mio figlio, un bambino che non so neppure se voglio a questo punto. Non ho avuto modo di scegliere, di pensarci, ho ancora una vita da costruire e problemi da risolvere, non ho una mia vera casa e a malapena uno stipendio su cui contare, come potrei pensare di crescere una seconda vita? Eppure quella sensazione strana che provo la sera quando mi guardo il ventre, il pensiero che lì dentro ora ci stia crescendo una piccola me o... un piccolo lui. Avere una parte di lui con me.

Che stupida, non dovevo arrivare a questo. Innamorarmi di Aidan, che errore. Doveva essere solo il ragazzo con cui mi divertivo per una notte, il mio paziente a cui avrei dato una mano e somministrato i farmaci, il figlio di una donna a cui tenevo anche più di me stessa, il mio compagno di classe. Cazzo la verità è che nemmeno io so cosa sia mai stato lui per me, so solo che di punto in bianco mi sono trovata in questo casino e ora non so più come uscirne.

L'unica cosa di cui sono certa e che lui non ne vuole sapere nulla di questo bambino, non mi crederà mai anche se gli ripetessi a vita che sono stata solo con lui e che quindi inevitabilmente è lui il padre, quindi mi limito a prendermi da sola il peso di questa decisione. Abortire oppure no. In ogni caso a lui non interessa, anche se in fondo l'altra sera ho sperato che a quelle parole in lui si smuovesse qualcosa, invece mi ha semplicemente lasciata lì per andarsene chissà dove, trafitto da consapevolezze sbagliate e una dichiarazione inopportuna. Non avevo la minima idea di ciò che voleva fare Lucas e persino con lui ho sbagliato, dare troppa importanza e fiducia ad una persona che non ne merita. Se solo l'avessi saputo, se solo avessi potuto prevedere le sue intenzioni e scovare una seconda intenzione nelle domande che mi faceva via messaggi, quella sera quando ce ne andammo da Rochester, forse ora sarebbe tutto apposto. O almeno una parte.

Non ho le forze di andare da lui e urlargli contro, non ce la faccio a sorbirmi altre menzogne da un ragazzo di cui mi fidavo ciecamente così mi sto limitando semplicemente a non rispondere più ai suoi messaggi, alle sue chiamate persistenti, lasciando che il cellulare squilli tenendo il ritmo di ogni mio sospiro malinconico.

Però non sono riuscita alcun tempo a rimanere in quel letto, nell'appartamento della mia migliore amica, a fissare il soffitto per altre quattro ore senza riuscire a prendere sonno così semplicemente sono uscita. Mi sono vestita infilandomi un pantalone della tuta e una felpa riuscendo a non svegliare Shelly, e così sono uscita di casa nel silenzio più totale per prendere un taxi e arrivare qui. Davanti a questo cancello enorme in ferro battuto cercando di capire se tutto questo sia giusto o meno. Non l'ho più visto né sentito per due giorni, a scuola non sono venuti ne lui ne James ed io non sono andata da nessun'altra parte oltre a lì, casa di Shel e il ristorante dove ho ripreso a lavorare perchè non ho più le forze per far nulla. Però mi sono soltanto resa conto che alla fine temporeggiare non sarebbe servito a molto così ora eccomi, davanti a casa sua, con la speranza che da un momento all'altro io riesca a trovare il coraggio di chiamarlo e chiedergli di aprirmi per non svegliare tutti. Sono le quattro e mezza del mattino, quando vivevo qui ho visto che Damon usciva sempre verso le otto quindi c'è ancora tempo prima che qualcuno mi veda, ma se tentenno ancora per molto probabilmente sorgerà il sole ed io sarò ancora qui impalata ad attendere il nulla.

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