Capitolo 82

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Nathaniel

«Ha toccato ciò che è mio, Nate.» Le parole di Nev scivolano fuori dalla sua bocca come se fosse stata appena emessa una condanna. Poso le mani ai lati della sua testa, facendo sbattere gli anelli contro il legno.

Mio. Un aggettivo che corpo e mente si rifiutano di elaborare.

Faccio un respiro profondo e sposto lo sguardo sul suo. Entrambe le nostre espressioni sono indecifrabili. La sua per capire la mia e la mia per estraniarmi da ciò che ho appena sentito.

Sbatto violentemente la mano contro la porta, facendola trasalire, ma senza battere ciglio. Incrocia le braccia al petto e serra la mascella, guardandomi seria.

«Non ti azzardare a fare quello che stai per fare o per dire.» Mi ammonisce puntandomi un dito contro. Con una mossa repentina, strattono via il suo dito e afferro il suo viso con una mano, avanzando verso di lei e schiaccio il mio petto contro il suo seno.

«Stai zitta.» Digrigno i denti e ispiro lentamente, stringendo la presa sulle sue guance, strizzandogliele. La sua mano si allaccia intorno al mio polso e conficca le unghie nella mia pelle.

«Non me lo dici a me stai zitta!» Il dolore dei graffi è impercettibile visto che l'attenzione è da un'altra parte. La sua cazzo di lingua non aiutata a mantenere la pazienza che non ho.

«Ti ho detto che devi stare zit-» Mi interrompe imitando la mia azione. Allunga la mano e strizza le mie guance con la stessa pressione che sto mettendo io.

«Molla immediatamente la presa, Nevaeh Rose.» Ringhio, sbattendo di nuovo il palmo della mano contro la superficie in legno. Sia nei miei che nei suoi occhi la rabbia sta prevalendo. «Non lascio proprio niente, finché non molli prima tu, Nathaniel.» Sbotta stizzita e tenendo la presa salda.

Il suo cazzo dì comportamento sulla complicità non l'aiuterà questa volta. «Mi hai seriamente rotto il cazzo.» Strattono la sua presa e lei fa lo stesso con la mia mano.

«Smettila cazzo! Ti stai comportamento da persona infantile e per cosa? Per aver detto che sei mio dopo che tu hai detto che sono tua?» Posa le mani sul mio petto e applica tutta la forza che ha, spingendomi via da lei.

«Non sono di nessuno.» La guardo serio, scatenando in lei una serie di reazioni contemporanee, tra cui confusione e indignazione. «Come scusa?!» Il tono della sua voce è incredulo.

«Ho detto che non sono di nessuno.» Schiocco la lingua sul palato. «E se non hai capito te lo most-» La sua mano che si stampa sulla mia guancia non mi da il tempo di finire di parlare. Tendo la mascella e sposto la testa di lato, facendo un respiro profondo.

«Chi cazzo ti credi di essere? Dio sceso in terrra?» Alza la voce, facendo un passo verso di me. «Sei solo un codardo che non sa prendere atto delle sue azioni.» Mi giro di nuovo verso di lei e mi spinge nuovamente, facendomi fare un passo indietro. Porto le mani lungo i fianchi chiudendole a pugno.

«Me lo avevi promesso che non avresti fatto passi indietro.» Mi spinge di nuovo, ma questa volta afferro i suoi polsi, stringendoli. «Le promesse sono fatte per essere infrante.» Sputo acido, guardandola negli occhi.

«So cosa stai facendo e non sperarci che funziona con me.» Scuote la testa e mi guarda anche lei. «Ti sto esponendo i fatti.» Tiro su con il naso nervosamente e mantengo il contatto visivo. «Ti sto per esporre un pugno in faccia se non la smetti.» Alza la mano, chiudendola a pugno.

Con una mossa repentina si libera dalla mia presa e fa un passo indietro. «Era per questo che quella mattina...» I suoi occhi si muovono velocemente su un punto indefinito del parcheggio, come se stesse ricordando qualcosa. «Che quella mattina eri nervoso e che lo sei stato fino ad ora. Ti comportavi così perché aspettavi che io lo dicessi.» Sposta lo sguardo su di me.

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