14. Damon

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Scendo le scale in marmo bianco. Le tende sulle vetrate sono tirate, e il chiarore del giorno entra prorompente nella sala facendola brillare al limite del fastidioso.

Mi abbottono le maniche della camicia, e scendo l'ultimo gradino.

Faccio un respiro profondo e un sentore di sigaro aleggia nell'aria: Yonas è di sicuro nel suo ufficio che sbriga alcuni affari.

Nell'ultima settimana e mezza, mi sono rifugiato a casa. Ho dormito ogni notte nel mio letto impregnato di ricordi e incubi, perché sapevo che stare qui, era l'unica prigione in grado di trattenermi dall'andare da lei.

Spranghe fatte di immagini in grado di ricordarmi in ogni istante, dove l'avrei portata.

Attraverso la sala, pronto per dirigermi al Genie.

«Ne sei sicuro?»

La voce di Yonas mi ferma a pochi passi dal suo ufficio.

«Si-signore. Ho saputo che si stanno organizzando. Vogliono ribellarsi e prendere il comando.»

Corruccio la fronte. È Marcus che parla.

«Da chi l'hai saputo?»

Qualche secondo di silenzio.

«Ho i miei informatori.»

«Allora vedi di scoprire con chi stanno collaborando, e mettili a tacere. Tutti.»

Alzo lo sguardo verso la porta chiusa a pochi passi da me.

Qualcuno si vuole ribellare alla Croce Nera? Quale pazzo lo farebbe? Ma soprattutto, come fa Marcus a saperlo?

La porta si apre di colpo ed esce il centro di ogni mio dubbio.

Marcus, nel suo completo nero, si appoggia alla parete con una spalla, e incrocia le braccia al petto.

«Il piccolino va a giocare con le macchinette» sorride.

«Lo stronzo continua a poltrire in villa» ricambio il sorriso facendo sparire il suo.

Yonas esce alle sue spalle.

«Stai andando?» chiede.

Annuisco.

«Ci sono problemi?» Gli porgo la domanda guardandolo dritto negli occhi. Una banda che prova a ribellarsi non è cosa da poco; sono il suo figlioccio devo saperle queste cose.

Yonas sorride e scuote la testa. «Soliti casini.»

Marcus, al suo fianco, abbassa la testa divertito.

«Piuttosto, vedi di fare attenzione oggi» aggiunge subito dopo avvicinandosi a me. «Alla 2 del Genie ci sarà lo sceriffo con alcuni amici russi.» Mi appoggia una mano sulla spalla e le sue iridi nere incontrano le mie. «Non voglio problemi.»

Reggo il suo sguardo con decisione.

Quando mai ne ho fatti?

Glielo sto per chiedere eppure taccio. Forse per paura di sapere la sua risposta, o forse per paura che me la dia proprio di fronte a Marcus.

«Non ti fidi di me?» chiedo invece.

Yonas stringe con un po' più di forza la mia spalla. «Mi fiderò sempre e solo di te.»

Il suo sguardo si scosta dal mio prima di finire la frase. Lui non scappa mai; ogni suo gesto, ogni parola o movimento, è un segnale, un pensiero non detto. Un campanello d'allarme.

Lo sto perdendo?

No. Sono passati diciassette anni da quando mi promise che non mi avrebbe mai lasciato andare. Le promesse non svaniscono con il tempo.

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