31. Stella

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«Morirò di freddo prima di fare qualsiasi altra cosa» batto i denti violentemente mentre chiudo il cappotto fin sotto al mento.

Poppy ha parcheggiato l'auto troppo lontana dal casinò per il vestito che mi ha portato.

«Dentro si morirà di caldo, non preoccuparti» mi rassicura camminando in modo veloce sempre un passo di fronte a me. Attraversa la strada e devo correre per starle dietro.

«Prima ci devo arrivare dentro» borbotto sotto voce.

Saliamo sul marciapiede di fronte al Jakckpot Genie Casinò e mi è impossibile non fermarmi, alzare lo sguardo e ammirare l'edificio che ho davanti.

Ammirarlo e anche un po' temerlo.

L'insegna illuminata occupa tutta la facciata, e le luci si alternano intorno alla scritta catturando l'attenzione di chiunque è di passaggio.

Quindi questa è casa tua. La tua vita.

Un misto di dolore e adrenalina mi attraversa il corpo.

«Allora?» chiede Poppy al mio fianco. Per la prima volta la vedo con i capelli ramati sciolti sulle spalle, una pettinatura che la ringiovanisce di altri cinque anni, e senza la montatura spessa degli occhiali. «Entriamo?»

Indica la porta oscurata di fronte a noi, mentre un via vai di persone ci cammina accanto, proseguendo la loro serata in giro per il centro di Crimson Hollow.

Annuisco nel momento esatto in cui mi squilla il cellulare.

«Scusa» borbotto aprendo a fatica la borsetta che mi ha impresto Poppy. Troppo piccola per tutto: sia per contenere qualcosa che per tirarla fuori. Quando riesco finalmente a prendere il cellulare, mi trovo di fronte a un numero sconosciuto.

«Io ti aspetto dentro.»

Non faccio neanche a tempo di ribattere che Poppy spalanca le porte del casinò; il calore, la musica, le luci e il vociare delle persone mi colpisce con violenza per poi dissiparsi nel nulla non appena le porte si chiudono alle sue spalle, lasciandomi da sola in questo marciapiede con il vibrare fastidioso tra le mani.

Un cerotto bianco mi copre ancora la ferita sul palmo, esattamente accanto a dove ora ho lo schermo illuminato.

Do le spalle all'entrata del casinò e rispondo.

«Pronto?»

«Stella, stai bene?» esclama con voce allarmata mio padre.

«Papà?!» chiedo incredula.

Controllo per sicurezza il numero sullo schermo, ma non lo riconosco.

«Con quale cellulare mi stai chiamando?»

«Non mi avresti risposto se lo avessi fatto con il mio!»

«No, infatti.»

Allontano la mano dal viso ma il suo urlare dall'altra parte della cornetta mi blocca.

«Stella, ti prego! Dimmi come stai!»

«Non farò pace con la mamma» sbuffo.

«Lascia perdere quella donna, voglio sapere tu come stai! Mi ha appena raccontato cos'è successo. Gliene ho dette quattro! Come si permette? Dimmi tesoro, dimmi come stai.»

Sospiro ancora e chiudo gli occhi per qualche secondo.

«Sì, sto bene.»

«Vedi? Te l'ho detto che non si è fatta nulla» grida mia mamma. La sua voce è lontana ma talmente acuta da riuscire a sentire comunque ogni sua parola.

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