29. Damon

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«Quindi sei venuto qui solo per dirmi che non hai risolto niente?»

Le grida di Yonas mi immobilizzano fuori dalla porta del suo ufficio.

«Che hai mandato a puttane una sola cosa che ti ho chiesto di fare?!»

Non è semplicemente arrabbiato, è furioso. E una piccola parte di me, pensa di sapere con chi.

Faccio un respiro profondo e appoggio la schiena alla parete con le braccia incrociate al petto. Mi assaporo tutto di quel momento: dalla voce profonda di Yonas che rimbomba nella villa nonostante sia chiuso in ufficio, al silenzio che cala all'improvviso quando il suo interlocutore dovrebbe rispondere.

Sorrido orgoglioso di me stesso.

La porta dell'ufficio si apre di colpo e Marcus esce dalla stanza con un viso cupo e sciupato. Non appena mi vede, alza la testa e mi lancia uno sguardo d'odio e di disprezzo.

«Brutta giornata?» chiedo alzando un sopracciglio e mostrandogli il sorriso più arrogante che ho.

Marcus scuote la testa nervoso, fa un respiro profondo e posa lo sguardo sul mio. «Ti diverti?»

«Da impazzire!»

Mi stacco dalla parete e faccio qualche passo verso di lui. «Non puoi capire lo spasso nel vederti affogare nella stessa merda che ti esce dalla bocca ogni volta che la apri.»

Infilo le mani nelle tasche e mi avvicino ancora di un passo. Marcus non si allontana, anzi. Fa un ghigno quasi divertito e per nulla offeso.

«Vedi Marcus, è questo che se ne ricava a giocare con la famiglia.»

A giocare con me e con Yonas.

Questa volta è lui a fare un passo verso di me, azzerando la poca distanza rimasta. Alza la nuca per potermi guardare dritto negli occhi senza alcuna paura.

«Io non vedo nessuna famiglia, piccolo Damon. Dovresti guardarti alle spalle.»

Mi sforzo per non cancellare il sorriso dal viso, seppur le sue parole mi corrodono come acido sulla pelle.

Riduco gli occhi a fessura e cerco di studiarlo, capire a che cosa sta illudendo, capire il suo piano, il suo prossimo passo.

«Ho sempre adorato le tue minacce.»

«Oh, non ti ho mai minacciato» sorride. «Ti ho solo dato ottimi consigli.»

«Lo sai che ho già un padre a darmeli, vero?»

«Quale? Quello che hai lasciato nel salotto di casa?»

La mente si spegne. Appoggio un braccio sul suo collo e lo spingo fino a metterlo con le spalle al muro. Schiaccio il braccio contro la parete con l'unica intenzione di togliergli il fiato.

Premo. Premo.

Contraggo i muscoli e lo spingo con ancora più forza. Sento i suoi inutili tentativi di prendere aria sotto la mia stretta.

«Damon!»

La voce di Yonas, da dentro l'ufficio, mi chiama da lontano. Mi arriva ovattata, come se siamo in due mondi diversi.

Guardo gli occhi spenti di Marcus di fronte a me. Non mi implora di farlo respirare, resta semplicemente a bocca aperta in attesa di capire se arriverà prima l'ossigeno o la morte.

«Damon!»

Yonas mi chiama ancora e questa volta la mente si riaccende.

Sbatto gli occhi e allento la presa.

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